liverpool-dockersIl 25 settembre del 1995, cinque operai addetti al carico e allo scarico delle merci nei docks del Mersey -il fiume di Liverpool- vennero licenziati dalla Mersey Docks and Harbour Company per essersi rifiutati di fare gli straordinari in assenza di un accordo sul salario. Per protesta, ottanta loro colleghi incrociarono le braccia e istituirono un picchetto: anch’essi licenziati. Altri trecento a loro volta scioperarono ed ebbero la stessa sorte. In pratica in ventiquattro ore gli imprenditori che gestivano i docks licenziarono tutti i portuali, pubblicando annunci per reclutarne altri (proponendo però salari più bassi e contratti a termine). Davanti agli uffici di collocamento le mogli dei dockers licenziati andarono a parlare con i candidati per il lavoro, e da essi furono rassicurate sul fatto che «non avrebbero fatto i crumiri», perché quei posti appartenevano a chi quel mestiere lo faceva da una vita. Queste donne furono grandi protagoniste della protesta, riuscendo anche a mobilitare colleghi dei mariti in tutto il mondo, basti pensare che sorsero picchetti in solidarietà dei dockers di Liverpool perfino nei porti di New York e di Sydney.

In tutto ciò però, gli scioperanti non ottennero dal loro sindacato (la Transport and General Workers Union) l’auspicato supporto, a causa di una legge varata qualche anno prima dal governo Thatcher che impediva gli scioperi agli operai non direttamente coinvolti in una questione: non si poteva solidarizzare con dei colleghi, in buona sostanza. Mentre il leader dei laburisti, Tony Blair (eletto premier il 2 maggio 1997 proprio durante questa protesta), faceva orecchie da mercante, gli intellettuali britannici si schieravano con i portuali e vennero organizzate diverse manifestazioni a sostegno di questa lotta. Lo sciopero fu uno dei più lunghi della storia della Gran Bretagna, si riuscì a stipulare un accordo soltanto nel 1998, dopo due anni e quattro mesi di contestazioni e scontri con la polizia, costati anche la morte di quattro dockers.

Una delle tante iniziative sorte per sostenere questo sciopero, fu la creazione di una t-shirt con su scritto “500 Liverpool dockers sacked since September 1995”, con C e K in “dockers” uguali a quelle del logo di Calvin Klein. Questa maglietta divenne famosa soprattutto quando Robbie Fowler la mostrò, il 20 marzo 1997, per celebrare un gol nei quarti di Coppa delle Coppe contro i norvegesi dell’SK Brann di Bergen [1] (e poi si scoprì anche che l’attaccante del Liverpool faceva regolarmente donazioni ai portuali in sciopero). In tutta risposta, la UEFA tre giorni dopo multò il giocatore di 2000 franchi svizzeri, in quanto è assolutamente vietato ai calciatori introdurre messaggi politici negli stadi, o per usare le loro parole “un campo da calcio non è il posto giusto per le manifestazioni politiche” [2] . Altrimenti cose come l’europeo in Ucraina con la Tymošenko in carcere (lo boicotto? ma anche no dai, Angela Merkel docet) e l’europeo under 21 organizzato in Israele, giusto per citare i casi più recenti, magari scatenerebbero scomode riflessioni da parte di un pubblico che deve restare perlopiù ignaro di quello che succede fuori dagli impianti sportivi. Se allargassimo il discorso anche alla FIFA, l’elenco sarebbe lunghissimo (Cile 1962, Argentina 1978, Mundialito 1980 e tanto altro ancora). Ma d’altronde Blatter, riferendosi alle proteste in Brasile durante la Confederations Cup, ha detto che “il calcio è più importante dell’insoddisfazione delle persone”.

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[1] A fine partita anche Steve McManaman mostrò la stessa maglietta sotto la casacca rossa del Liverpool, ma la UEFA decise di non multarlo.

[2] Quattro giorni dopo questo episodio, durante un Arsenal-Liverpool di Premiership, l’arbitrò assegnò un rigore ai Reds per un intervento di Seaman proprio su Fowler. L’attaccante provò a dire al direttore di gara che non era fallo, ma quest’ultimo non cambiò idea. Fowler si incaricò della battuta e tirò la palla addosso a Seaman (ma poi McAteer segnò sulla ribattuta). La FIFA si sperticò di complimenti, fioccarono premi fair-play e Blatter affermò che sono questi gli episodi che giovano alla dignità di questo sport. In risposta a tutta questa propagandistica superficialità, Fowler affermò che semplicemente aveva sbagliato il rigore.