Viaggio tra i record negativi della Serie A: 4° puntata. Minor numero di vittorie in un campionato

Un brasiliano a Catania, anzi due. Da quando nel 1980 sono state riaperte le frontiere, è diventata quasi un obbligo per i presidenti delle piccole squadre fare un regalo ai propri tifosi in sede di campagna acquisti, ovvero mettere sotto contratto un giocatore straniero, a volte esotico, più spesso proveniente da una nazione che fa rima con calcio, non importa se sconosciuto ai più. Alla consuetudine non si sottrae Angelo Massimino che festeggia il ritorno degli etnei in A addirittura con due “regali”, visto che già dalla stagione precedente il numero di stranieri tesserabili è passato a due: Pedrinho, terzino del Vasco da Gama, 13 volte nazionale brasiliano e riserva ai Mondiali 1982, e Luvanor, ventunenne centrocampista del Goiàs, spacciato da La Stampa come quello che «fra i centrocampisti brasiliani […] assomiglia maggiormente nel gioco a Zico» (quello vero, intanto, proprio in quella estate sbarca un po’ a sorpresa a Udine).

Si sa che, oltre agli onori, tra cui quello di essere considerati fuoriclasse solo in virtù della propria nazionalità, ci sono anche gli oneri e non ci si può dunque sorprendere se a distanza di tanti anni nell’immaginario collettivo la disastrosa stagione 1983/84 del Catania sia indissolubilmente legata al flop dei “bidoni” Luvanor e Pedrinho.
La realtà è ovviamente un po’ più complessa. Il problema grosso è che quel Catania è in debito di tempo ancor prima che il campionato di A inizi. La promozione, infatti, è arrivata solo al termine di tre afosissimi spareggi: Catania-Como 1-0, deciso da un’uscita sbagliata di Giuliani e dal gol di Crialesi, Como-Cremonese 0-0 e Cremonese-Catania 0-0. In pratica, i rosazzurri hanno avuto la certezza della A solo il 25 giugno 1983, quando le altre quindici future rivali hanno già concluso o quasi il calciomercato. Così, Massimino ha la possibilità di fare solo qualche minimo ritocco alla rosa -vedi acquisti dell’ex granata Torrisi e del centrocampista Bilardi, prelevato dalla Cavese- e di sfruttare i tre giorni in più di mercato che la FIGC ha concesso ad hoc per partire, in compagnia dell’allenatore Gianni Di Marzio, alla volta del Brasile. Nella speranza di beccare l’Aristoteles di turno (e l’accostamento con la finzione cinematografica della Longobarda di Oronzo Canà è tutt’altro che casuale, come spiega qui Gianluca Di Marzio, il figlio di Gianni).

Il campo porta poi alla luce il secondo limite: in rosa ci sono uomini di esperienza come Roberto Sorrentino, Claudio Ranieri, Giorgio Mastropasqua ed Ennio Mastalli che per la B vanno più che bene, ma che in A arrancano; e dai due brasiliani Luvanor e Pedrinho non arriva il necessario salto di qualità.[1]
La cosa da sottolineare è che i rosazzurri non vivono momenti particolarmente negativi nell’arco dell’intera stagione: il loro scarso rendimento ha una regolarità spaventosa che anche l’arrivo di un giovanissimo Carnevale a ottobre dal Cagliari e il cambio in panchina Di Marzio-G.B. Fabbri alla 13° giornata non intaccano.
In primis, se si eccettua lo 0-0 di Avellino alla 7° giornata, il Catania in trasferta le perde tutte, segna appena 4 gol, equamente distribuiti tra girone d’andata e girone di ritorno, e va in vantaggio solo in una occasione, a Udine alla 2° giornata grazie a un’autorete di Marchetti; anche le sconfitte peggiori, un 5-0 a Firenze e un 6-0 a San Siro contro l’Inter, sono equamente distribuite tra andata e ritorno. In casa la consuetudine è invece perderne una ogni tre e pareggiare le altre due. Al Cibali, infatti, passano il Verona alla 6°, la Juventus alla 9°, l’Udinese alla 17°, la Fiorentina alla 23°; sul neutro di Cosenza vince il Genoa alla 27°. Il resto sono tutti pareggi, compreso un bel 2-2 in rimonta sulla Roma seconda in classifica nell’ultima uscita davanti al proprio pubblico, pur se sul neutro di Palermo. Anche qui una sola eccezione, la vittoria, ottenuta a ottobre contro il Pisa grazie a una doppietta di Cantarutti.

A dire il vero, in quella stagione un’altra giornata di gloria il Catania e Cantarutti l’hanno vissuta, il 12 febbraio 1984 al Cibali davanti al Milan. Finiti subito sotto nel punteggio per un gol di Carotti, gli etnei pareggiano nel corso del primo tempo con Bilardi, forse in off side; poi, nel finale Cantarutti in piena area stoppa di petto schiena alla porta, palleggia col sinistro e sfodera una rovesciata che batte Piotti. Ma l’arbitro Benedetti di Roma annulla, non si sa bene perché e alcuni tifosi per rabbia invadono il terreno di gioco.
Se quella vittoria fosse andata in porto i rosazzurri non si sarebbero certo salvati. Di sicuro non avrebbero dovuto giocare quattro partite in campo neutro per la squalifica del proprio campo e, soprattutto, adesso non deterrebbero in coabitazione col Varese 1971/72 il record del minor numero di partite vinte in una stagione, una.

federico

Nella foto: 4° giornata: Evani segna al 79′ il gol del definitivo 2-1 in Milan-Catania. Un minuto prima era andato in gol Pedrinho, seconda delle tre reti segnate in campionato. Luvanor, invece, chiuderà l’annata con zero gol all’attivo
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[1] A riprova del fatto che non erano solo loro i “colpevoli”, Pedrinho e Luvanor resteranno a Catania per altre due stagioni seguendo la squadra in B