Quando un annetto fa ci trovammo a scrivere del dipartimento del VAR sollevammo alcune perplessità tecniche e una sostanziale: avevamo semplicemente paura che, VAR o non VAR, in una manifestazione dai grandi interessi in ballo come un Mondiale si sarebbe continuato ad avere un occhio di favore per le grandi squadre o magari per i padroni di casa. L’esperienza della Serie A e della Bundesliga 2017/18 e, soprattutto, la mancanza di assistenti video in Champions League o in Europa League ci avevano comunque fatto accogliere positivamente la decisione del neopresidente FIFA Infantino di portare il VAR in Russia con la speranza che, complessivamente, qualche errore in meno sarebbe stato commesso.
Beh, a conclusione della kermesse iridata, siamo addirittura stupefatti di quanto invece l’aiuto tecnologico sia stato ben utilizzato e sia risultato indispensabile anche nel ridurre le proteste. Il penalty prima accordato e poi cancellato dopo consulto VAR dal serbo Mažić in Colombia-Senegal è un bell’esempio, a parer nostro, di come spesso si è proceduto: Davidson Sanchez, che a velocità normale sembra intervenire in ritardo su Mané lanciato a rete, viene assolto perché l’occhio della telecamera mostra come il colombiano tocchi improbabilmente il pallone di tacco.

Le buone prove fornite da tanti arbitri non sempre abituati a grandi palcoscenici, vedi l’iraniano Faghani, il gambiano Gassama o il senegalese Diedhiou, e soprattutto la sostanziale uniformità nel metro di giudizio lasciano pensare che i direttori di gara non di primo livello, lungi dal sentirsi controllati e giudicati dai colleghi in cabina VAR a Mosca, si siano sentiti supportati nelle proprie decisioni. Non a caso uno degli arbitraggi peggiori è stato quello del quotato Cüneyt Çakır in Argentina-Nigeria: un dubbio rigore accordato ai nigeriani e uno ben più evidente negato, con le “proteste” del VAR in ambo i casi, suggeriscono che chi è abituato a dirigere con personalità (e senza assistenti al video) nelle coppe europee può andare incontro a difficoltà maggiori in presenza di colleghi che lo guardano. Che poi Çakır non si tocchi e che, nonostante tutto, la FIFA gli abbia fatto arbitrare la semifinale tra Croazia e Inghilterra, questo è un altro discorso.
Interessante poi capire in cosa si sia tradotta questa maggiore sinergia nel giudicare tra arbitro e VAR. Innanzitutto pochissime espulsioni, solo 4 e tutte inevitabili, una media che non si vedeva da Messico 1970 e di certo impensabie nell’era Blatter quando capitavano sventure sotto forma di arbitri dal rosso facile come Toro Rendon, Brizio Carter o Rodriguez Moreno. In secondo luogo, più rigori fischiati, di cui ben otto per falli di mano in area (vedi anche Perišić in finale). Il record precedente (18 tiri dal dischetto accordati) apparteneva alle edizioni 1990, 1998 e 2002.[1] In questa edizione, solo nella fase a gruppi, ne sono stati accordati 24, anche se poi questa media vertiginosa è scesa e si è arrivati a un totale di 28, sei dei quali sbagliati.

Un altro vincitore del Mondiale è stato… il calcio piazzato. L’incidenza dei gol realizzati su corner o scaturiti da punizioni è semplicemente imbarazzante, ecco alcuni esempi. La Francia campione ha rotto gli indugi nei quarti e in semifinale grazie a colpi di testa di difensori su azione da palla da fermo; in finale su calci da fermo i transalpini hanno poi rimediato un autogol e un rigore a favore; il centrale colombiano Yerry Mina, grazie al suo 1.95 di altezza, ha segnato tre reti su azione di corner, una in ciascuna delle partite in cui è stato schierato titolare; nove dei dodici gol segnati dall’Inghilterra nascono da rigori -tre-, punizioni trasformate direttamente in rete -Trippier in semifinale- o da interventi dei vari Kane, Stones e Maguire su palla da fermo -cinque.
La FIFA in un primo documento ufficiale parla di 39,3% di reti realizzate su azioni da palla inattiva nelle gare dei gironi, contro le percentuali ben più basse registrate negli ultimi due Mondiali (21,7% e 23,5%). Il nostro conteggio, ufficioso, dà 69 reti su 169 totali (40,8%) scaturite da rigori, punzioni di prima o di seconda, corner con una percentuale identica (18 su 45, 40,0%) se consideriamo i match a eliminazione diretta. Come si osserva in un articolo apparso sul portale della FIFA, in situazioni set-pieces, come le chiama nel gergo ufficiale le federazione internazionale, è più difficile difendere e più facile preparare schemi in allenamento, vedi trenino inglese sui corner. In secondo luogo, gli arbitri in questa edizione iridata hanno in media fischiato più falli alle difese nei pressi dell’area o nell’area stessa. L’aumento dell’incidenza dei gol scaturiti da palla inattiva, è poi, a nostro parere, il più importante indizio del livellamento che in special modo la fase a gruppi ha mostrato. Pensiamo ad esempio a Portogallo-Marocco: una partita da X decisa dal gol di Cristiano Ronaldo su corner al 4′ e dalle non altrettanto precise esecuzioni di Benatia, sempre su angolo, nel corso della ripresa.

Infine, un vero exploit è stato quello delle autoreti, ben dodici e per di più in regime di attribuzione dei gol all’inglese che ormai dal 1998 privilegia chi scocca il tiro, se diretto nello specchio, e non chi eventualmente lo devia. Per la prima volta si è avuto un giocatore -Mario Mandžukić- che in finale ha fatto gol nella propria porta… e poi ha fatto gol anche nella porta giusta, fatto che non accadeva al Mondiale dal 1978, quando ne fu protagonista l’olandese Brandts nel match contro l’Italia. Però, a nostro parere, l’autorete più importante è stata quella di Fernandinho in Brasile-Belgio, perché ha contribuito notevolmente all’uscita dell’ultima non europea rimasta dal Mondiale.
La più disagiata è stata, invece, quella del marocchino Bouadhouz che ha permesso all’Iran di vincere in pieno recupero un match in cui non aveva mai tirato in porta. La più romantica, infine, quella che si è fatta Sommer sul tiro dal dischetto di Ruiz in Svizzera-Costarica, se non altro perché ha ricordato quanto accadde a Bruno Bellone nel 1986 nel quarto tra Brasile e Francia: rigore che colpisce il legno (palo in quel caso, traversa nel caso del portiere svizzero), palla che torna indietro, incoccia la schiena dell’estremo difensore proteso in tuffo nella corretta direzione e finisce in rete. E arbitro rumeno Igna che concede il gol, erroneamente visto che verdeoro e galletti sono alla lotteria dei rigori e, quindi, segnare o farsi autorete su respinta non vale.

federico

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[1] Guardando la media rigori per partita, abbiamo Russia 2018 0,422 (27 in 64 match), Italia ’90 0,346 (18 in 52 match), Mondiali 1998 e 2002 0,281 (18 in 64 match)