Pian piano diventerà Serie A. 13° puntata

Marcello Bertinetti

Marcello Bertinetti

Marcello Bertinetti aveva un metodo sicuro. Tra tutti coloro che aspiravano a indossare le bianche camicie della squadra di calcio dell’Unione Sportiva Pro Vercelli, sceglieva quelli “le cui caratteristiche più s’avvicinassero a quelle dei… fenicotteri”. Evidentemente, a gente abituata fino a poco tempo prima alla perfezione richiesta dagli esercizi in palestra, gli allenamenti en plein air -come si diceva allora- sembravano solo “una lunga odissea di esercitazioni incomposte”.
Racconta così Giuseppe Milano, meglio noto nelle cronache sportive del tempo come Milano I.[1] C’è una buona dose di ironia, perché, più che con l’eleganza tipica dell’uccello equilibrista, i vercellesi si avventavano sugli avversari con “leonina irruenza”, per dirla con Ghirelli, e accompagnavano questo movimento con secchi scatti della voce. Un insieme di gesti che sembrava tradurre in azione il motto “Il calcio non è uno sport per signorine”, coniato dal capitano Guido Ara e destinato a resistere nel tempo insieme agli altrettanto odiosi adagi sul “gioco maschio”.[2] . Eppure all’inviato, che commentava per La Stampa il match valido per la Palla Dapples Milan-Pro Vercelli del 15 novembre 1908, il gioco dei bianchi sembrò “calmo, calcolato e matematico”.

Una strana divergenza di opinioni, giustificata dal fatto che la Pro Vercelli fu una squadra talmente innovativa per l’epoca che trovare un’unica frase che ne spieghi la modernità è davvero complesso. Potremmo semmai aggrapparci a qualcuno di quei concetti chiave che invariabilmente gli allenatori di oggi tirano in ballo nelle interviste post partita: allenamento, progettualità, gruppo unito e voglia di vincere.

Leone, Milano I e Ara

Leone, Milano I e Ara

Figura centrale il già citato Bertinetti. Schermidore di ottimo livello (vincerà anche medaglie delle olimpiche[3]) e appassionato di football, si mette a capo dell’appena formata sezione calcio agli inizi del XX secolo. Agli aspiranti giocatori insegna, innanzitutto, la costanza nell’allenamento e la pazienza nell’ottenere miglioramenti.
Il gruppo cresce compatto, desideroso di ben figurare e al resto ci pensa l’esperienza sul campo. I bianchi, forti fisicamente e resistenti alla fatica, migliorano la tecnica individuale di base confrontandosi con le altre società e mettono a punto man mano ciò che li contraddistinguerà: un gioco fatto di fitti passaggi, a cui si alternano momenti di slancio con un unico obiettivo, travolgere gli avversari. Ecco perché gli osservatori scorgono contemporaneamente razionalità e irruenza in questa squadra che sembra muoversi sempre all’unisono. Ma, come sottolinea Milano I, a questa “unione intima, sincera e profonda tra tutti gli elementi di una squadra” va aggiunta “sovrattutto ferma ed incrollabile la volontà di vincere, di tenere alto il nome della Società”.

L’ascesa dei bianchi è, infatti, vertiginosa: dal 6-1 rimediato dalla U.S. Milanese nella coppa intitolata al presidente del club vercellese, Luigi Bozino, nell’ottobre 1904, si passa alla vittoria nel 1907 nel Campionato Italiano di Seconda Categoria. Il bis nel Seconda Categoria 1908, nel torneo Federale stavolta, è il preludio al trionfo nel Campionato Italiano di Prima Categoria 1908, in un torneo comunque privo di molte protagoniste. La partita decisiva del girone finale è proprio contro la U.S. Milanese, uno 0-1 firmato dall’altro Milano, Felice, in trasferta sul campo dell’Arena civica. Nel 1909 arriva la consacrazione con la vittoria nel torneo Federale di Prima Categoria. La Pro Vercelli batte il Torino nella finale regionale, il Genoa nella semifinale interregionale e nuovamente la U.S. Milanese in finale.
Bertinetti, che accompagna i suoi fino alla vittoria del primo titolo nazionale del 1908, si fa da parte nel 1909: la Pro Vercelli è ormai in grado di vincere da sola.

federico

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[1] Dall’intervista a La Domenica Sportiva del 17/11/1918, riportata in Football 1898-1908. L’Età dei Pionieri, Archivio Storico Fondazione Genoa 1893
[2] cfr. Ghirelli, Storia del calcio italiano, Einaudi 1954, pag. 71
[3] Argento nel 1908 e Oro nel 1924 nella sciabola a squadre; Bronzo nel 1924 e Oro nel 1928 nella spada a squadre