Personaggi in cerca d’autore. 7° puntata: Pietro Anastasi

Pietruzzo Anastasi non è stato una meteora nel panorama del calcio italiano. Il suo palmares lo dimostra: 8 reti in 25 presenze in azzurro e un Campionato Europeo vinto, quasi 100 gol in più di dieci anni di Serie A, tre scudetti con la maglia della Juventus e una Coppa Italia con quella dell’Inter.
Anastasi paniniLo dimostra anche il fatto che il suo modo di interpretare il ruolo del centravanti fosse considerato “moderno” in un’epoca (fine anni sessanta, inizi anni settanta) in cui evidentemente le punte che svariavano sulle fasce per creare spazi agli inserimenti altrui non erano ancora la normalità.[1]
Eppure la carriera sportiva di Anastasi sembra essere la summa di isolati exploit e colpi di fortuna che, per l’importanza rivestita, sovrastano anni di onesto lavoro.

Pietruzzo nasce a Catania nel 1948. Tanti fratelli, poca voglia di studiare, molta di giocare a pallone e una vocazione da bomber. Così si ritrova a segnare 18 reti nella Massiminiana Catania, nel campionato di Serie D 1965/66, a soli sedici anni. Quasi per caso viene notato da un dirigente del Varese, che perde l’aereo che lo doveva riportare in Lombardia e va ad assistere a una partita della Massiminiana. Il proprietario di quel Varese è Giovanni Borghi, uno che di fabbriche e di sport se ne intende, visto che i suoi elettrodomestici Ignis sono venduti in tutta Italia e l’Ignis Varese è una delle più forti squadre di basket a livello europeo.[2] Anastasi viene così “assunto” dall’Ignis, come tanti suoi conterranei in quel periodo, ma per contribuire alla scalata del Varese alla Serie A e non per assemblare frigoriferi.

Scalata verso la A che riesce subito se è vero che al Franco Ossola il 4 febbraio 1968 arriva la Juventus. Pietruzzo quel giorno è scatenato: al 20′ mette dentro un cross da sinistra effettuato da Leonardi, al 64′ batte il portiere della Juventus Anzolin in uscita, all’87’ ribadisce un rete un suo tiro finito sul palo. Tripletta per il siciliano e 5-0 per i biancorossi lombardi. Il Varese si salva (ci mancherebbe) e Borghi l’industriale chiude il suo affare vendendo il suo bomber ovviamente agli Agnelli e alla Juventus, proprio mentre Anastasi sta giocando un’amichevole e segnando due gol con la maglia dell’Inter. Ma di fronte a 660 milioni e un accordo per i motori dei frigoriferi non c’è contatto precedente che tenga.

Quei tre gol alla Juventus e l’intera stagione da protagonista valgono a Pietruzzo la convocazione per la fase finale dell’Europeo del 1968, l’esordio in nazionale nella finale con la Jugoslavia l’8 giugno e il primo gol in maglia azzurra nella ripetizione della finale due giorni dopo. Un gol bellissimo che sancisce il definitivo 2-0: una fulminea girata di destro dal limite dell’area che si spegne nell’angolino basso alla destra del portiere slavo.
Anche l’esordio in campionato con la maglia della Juventus è col botto. A Bergamo Anastasi segna due gol, che non valgono la vittoria perché il match termina 3-3. Uno dei gol è però ancor più bello di quello rifilato alla Jugoslavia: prima doppio pallonetto, con cui scavalca due difensori atalantini, e poi girata al volo dal limite dell’area (stavolta di sinistro) e palla in fondo al sacco.

Passano cinque anni, la delusione per un mondiale, quello messicano, saltato per infortunio e troviamo il siciliano di nuovo in maglia azzurra segnare il primo dei due gol con cui l’Italia il 14 giugno 1973 batte per la prima volta gli inglesi in uno dei match amichevoli organizzati per i 75 anni della Federazione. Il Ita-Ing73 anastasigol non è di quelli da ricordare per la sua bellezza, un tap-in vincente dopo una respinta di Shilton su tiro di Pulici, ma poco importa.

Nell’ultimo anno in bianconero l’ultimo grande exploit. 27 aprile 1975. Il nuovo allenatore Carlo Parola lascia Anastasi inizialmente in panchina nella partita contro la Lazio e lo fa entrare al minuto 70. Il siciliano, arrabbiatissimo, tra l’83’ e l’88’ porta il risultato da 1-0 a 4-0 in favore della Juventus e saluta idealmente tutti quelli che a Torino gli hanno sempre voluto bene e si sono identificati con lui.
Perché in fondo il buon Pietruzzo ha sempre saputo che, se non fosse stato per la sua abilità col pallone e per la fortuna di aver incontrato gli Agnelli e i Borghi solo come proprietari di squadre di calcio, nel Nord Italia lui ci sarebbe finito lo stesso. Ma a far l’operaio nelle loro fabbriche e non il calciatore nei loro club.

federico

Puntata precedente: Fritz Walter; Puntata successiva: Teófilo Cubillas
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[1] cfr. Il libro azzurro del calcio italiano (1974), pag. 144
[2] Il sodalizio tra Ignis, i Borghi e la Pallacanestro Varese viene sancito il 29 marzo 1956, e cessa nel 1980. In questo lasso di tempo la squadra di Varese vince 9 scudetti, 5 Coppe dei Campioni, 3 Coppe Intercontinentali e 2 Coppe delle Coppe