Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco. 3° puntata: Rimonte in finali di Coppa Campioni o di Champions League

Da principio sembrava la madre di tutte le rimonte, poi arrivò Istanbul. La frase è un po’ troppo giornalistica rispetto allo standard di norma usato, ma sintetizza nel modo migliore possibile quanto le finali di Champions League del 1999 e del 2005 siano riuscite a dare sul piano delle emozioni e come siano rimaste impresse nella memoria collettiva.

Comincio da quanto accade al Camp Nou il 26 maggio 1999. La partita che va in scena è di per sé storica perché per la prima volta la coppa dalle grandi orecchie andrà a una squadra che con le vecchie regole lì non sarebbe potuta arrivare: infatti, né Manchester United, né Bayern Monaco nella stagione precedente (1997/98) si sono laureate campioni nazionali o di Europa1. Quello che succede nei minuti finali rende poi l’incontro indimenticabile. Il Bayern Monaco è in vantaggio grazie a un gol di Mario Basler su punizione e meriterebbe molto di più, ma i legni hanno salvato due volte Peter Schmeichel e il Manchester United dalla capitolazione: prima il palo su un tiro a effetto di Scholl, poi la traversa su una rovesciata ravvicinata di Jancker.
Gli inglesi hanno giocato al di sotto delle loro possibilità per novanta minuti, ma a tempo da poco scaduto su corner hanno la forza di trovare il pareggio col neoentrato Sheringham. Apriti cielo, i red si ricordano di essere devils e si gettano all’attacco. Al terzo e ultimo minuto di recupero altro corner battuto dalla destra della porta bavarese, cross di Beckham, Sheringham spizza di testa e l’altro subentrato, Solskjær, mette dentro sotto misura. Dopo più di trent’anni e grazie a un’incredibile rimonta, la coppa dalle grandi orecchie torna a Manchester, a suggellare un altrettanto incredibile treble: Premier, F.A. Cup e Champions League. Lothar Matthäus che durante la premiazione si sfila la medaglia d’argento appena messagli al collo è l’emblema della sconfitta: il 38enne ex Inter era stato sostituito all’80’, quando i suoi erano ancora avanti.

Il miracolo di Dudek

Il miracolo di Dudek

Passano sei anni e anche l’abusato aggettivo “incredibile” sembra inadatto a descrivere cosa succede a Istanbul. Anche stavolta di mezzo c’è una squadra inglese, il Liverpool, e anche stavolta ci sono i diavoli ma rossoneri, e sin da subito prendono in mano la partita: Paolo Maldini al primo minuto mette dentro una punizione di Pirlo, poi Hernan Crespo ben assistito da Kakà e Shevchenko segna due gol prima della fine del tempo. A inizio ripresa il Milan non sembra pago del 3-0 e su punizione Shevchenko impegna severamente Dudek. Poi il più clamoroso black-out che il calcio internazionale degli ultimi anni ricordi: in sei-minuti-sei il Liverpool pareggia grazie all’incornata di Gerrard su cross di Riise, a un tiro da fuori area di Šmicer che sorprende Dida e a un rigore trasformato in due tempi da Xabi Alonso e assegnato per fallo di Gattuso sullo scatenato Gerrard. La cosa davvero impressionante è che il Milan, a questo punto, ricomincia a macinare gioco, mentre Benítez ritrae il suo Liverpool in difesa. Che le cose debbano andare in un certo modo lo capiscono tutti quando, sul finire del secondo tempo supplementare, Dudek riesce a mandare di istinto (come si diceva una volta) sopra la traversa un tiro ravvicinatissimo di Shevchenko. Ai rigori la rimonta viene completata e l’errore di Shevchenko è l’ultima cosa che i tifosi rossoneri salvano nella loro memoria prima di cominciare disperatamente a cercare il tasto delete. Lo troveranno esattamente due anni dopo, al termine di un’altra finale contro i reds stavolta vittoriosa.

Tolto il peso di rimestare le più note Manchester-Bayern e Milan-Liverpool, non resta che ricordare almeno un altro atto conclusivo finito con una rimonta, magari meno famosa, ma più affascinante ed esteticamente più bella. Finale di Coppa Campioni 1987, siamo al 78′. Il Bayern Monaco è in vantaggio sul Porto 1-0 dal 25′ grazie a un colpo di testa in tuffo di Kögl e sembra amministrare la partita, quando Paolo Futre dà palla in profondità a Juary che, sull’uscita di Pfaff, serve Rabah Madjer. L’algerino, spalle alla porta, non ci pensa un attimo, manda la palla in rete colpendola con la parte posteriore del suo scarpino e diventa per sempre il tacco di Allah. Il Prater di Vienna è in delirio e il Porto sulle ali dell’entusiasmo ci mette solo due minuti a completare la rimonta: Madjer crossa stavolta da sinistra e Juary sotto misura sigla il sorpasso. Il brasiliano corre felice verso la bandierina, ma si ferma a pochi passi senza prodursi in quella danza con cui tra alti (Avellino e Ascoli) e bassi (Inter e Cremonese) aveva saputo far breccia nei cuori dei tifosi italiani.
Una “mancanza” che tutti gli abbiamo comunque perdonato…

federico

Puntate precedenti: Le rimonte in celluloide o a fumetti; Partite di Serie A vinte in rimonta: parte 1 (2011), parte 2 (2024);
Puntata successiva: Rimonte in finali di Coppa UEFA o di Coppa delle Fiere