Il Calcio alle Olimpiadi. 13° puntata: Cosa succede tra il 1928 e il 1936

A Berlino le Olimpiadi ritrovano il football a otto anni di distanza dai Giochi di Amsterdam. Il fatto che a rappresentare il Sud America ci sia il Perù e non i bicampioni olimpici dell’Uruguay o l’altrettanto forte Argentina, è solo un indizio di quanto la situazione nel frattempo sia radicalmente cambiata. Dobbiamo, infatti, in larga parte a quanto stabilito da FIFA e CIO tra il 1928 e il 1936 se ancor oggi, quando si accende la torcia olimpica e gli spettatori (ri)scoprono la bellezza di scherma, pallavolo o judo, i media vengono attraversati da polemiche e dibattiti sul perché il calcio sia presente alle Olimpiadi nonostante i grandi campioni e le federazioni più importanti snobbino l’evento.

Prima che si alzi il sipario sui Giochi della XI Olimpiade, l’ultimo match di pallone a cinque cerchi è datato 13 giugno 1928. Il 2-1 ottenuto quel giorno dalla celeste sugli argentini ha regalato a Nasazzi e compagni la seconda medaglia d’oro olimpica e il secondo titolo di campioni del mondo, anche se solo amateur. Quello che dall’esterno può sembrare il suggello dell’accordo tra FIFA e CIO che ha reso possibile la disputa di tornei di calcio di caratura mondiale alle ultime due Olimpiadi, ne è in realtà il canto del cigno.
Il 26 maggio 1928, infatti, il consiglio del massimo organismo del calcio mondiale, riunitosi proprio ad Amsterdam, ha deciso l’istituzione della Coppa Rimet, una manifestazione autonoma rispetto al Comitato Olimpico Internazionale e alle sue regole, da disputarsi a partire dal 1930 con cadenza quadriennale. Uno strappo storico, visto che solo di pochissimi sport individuali sono già stati organizzati mondiali in proprio in anni non olimpici.[1] Eppure alla base della decisione della FIFA non c’è nessuna questione scatenante, nessuna particolare voglia di tagliare i rapporti con la kermesse a cinque cerchi. Del resto era stato lo stesso CIO stesso a chiudere un occhio e a non ravvisare un modo di compensare i giocatori (e, quindi, un’indiretta apertura al professionismo) nel broken time payment introdotto dalla FIFA nel proprio statuto nel 1926; il CIO aveva poi permesso che i giocatori dei team iscritti ad Amsterdam ne potessero usufruire e la scelta aveva pagato, altrimenti Uruguay e Argentina non avrebbero mai attraversato l’Oceano.

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Cerimonia di apertura dei Giochi del 1932. Un carro razzo annuncia l’arrivo su Marte entro il 1980

Così, mentre la macchina organizzativa della prima Coppa Rimet pur tra mille difficoltà va avanti, mentre la federazione uruguayana ne ottiene l’organizzazione, mentre capitan Nasazzi e molti dei vincitori dell’oro olimpico del 1928 sconfiggono tutti un’altra volta, al CIO si discute su quale sia la definizione giusta di amateur, ché solo ad essi sarà concesso di calcare in futuro il palcoscenico olimpico. Al congresso di Barcellona del 1931, ad esempio, si parla di leave with salary paid, ovvero della possibilità da parte degli atleti amateur di ricevere compensi dai propri datori di lavoro -e non da enti sportivi- nel momento in cui si assentano per le gare. Come relazionarsi con la FIFA rimane un problema, anche se una mano in un certo senso la dà il comitato che sta preparando Los Angeles ai Giochi del 1932. Interamente sostenuti da fondi privati, gli organizzatori pongono in primo piano la componente legata al business: le Olimpiadi sono una grande manifestazione, ergo bisogna trarne profitto o, almeno, chiudere il bilancio in attivo; e per farlo si deve investire e rischiare, nonostante il recente crollo di Wall Street abbia lasciato l’economia a pezzi.
In quest’ottica ogni singola decisione su quale sport / spettacolo mettere in scena diventa cruciale e i partner commerciali non ritengono conveniente far disputare il torneo football o, meglio, di soccer.[2] Perché a dire il vero una partita di football, anche se americano, si giocherà all’interno della cornice olimpica: sarà una specie di all-star game in cui la squadra della West Coast batterà 7-6 quella della East Coast davanti a 41’000 spettatori.

In riferimento alle decisioni prese dal comitato che organizza l’Olimpiade di Los Angeles, Stampa Sera il 2 aprile 1932 scrive:

La ragione dell’abolizione del calcio non deve ricercarsi altro che in queste ragioni… commerciali […] Ma la tradizione olimpionica del calcio sarà tenuta alta dalla Germania

E sì perché, paradossalmente, il calcio, tagliato per poca appetibilità economica dagli americani, rientra per grande appetibilità economica nei programmi della XI Olimpiade che nel frattempo Berlino e la Germania si sono viste assegnare. Questo costringe Comitato Olimpico e FIFA a trovare in breve tempo un accordo su chi nel calcio possa esser definito amateur. La soluzione arriva al congresso CIO del 1934 ed è ovviamente salomonica. Dato che Jules Rimet e la sua Coppa viaggiano bene e il calcio sta di fatto diventando uno sport professionistico, la FIFA accetta di buon grado di togliere dal suo statuto la definizione di calciatore amateur, obbligo del broken time payment annesso. Di contro ogni federazione nazionale si impegna a inserire nel proprio statuto una propria definizione di giocatore non professionista e a mandare a Berlino e ai tornei olimpici futuri squadre formate da giocatori che risultino non professionisti in base a tale definizione.
Il cosiddetto dilettantismo di Stato, che porterà le nazionali dell’Europa Orientale a fare incetta di titoli olimpici nel secondo dopoguerra, è figlio proprio di questa decisione. Come il fatto che, dal 1936 in poi, federazioni con grandi tradizioni calcistiche schiereranno ai Giochi solo nazionali di secondo piano.
Ma, a pensarci bene, la conseguenza più importante di tutto questo balletto inscenato da CIO e governo del pallone tra il 1928 e il 1936 è che il calcio, pur menomato e più per questioni di bacino d’utenza che per meriti intrinseci, avrà nel futuro a venire un posto stabile negli sport a cinque cerchi.

federico

Fonti: http://library.la84.org/OlympicInformationCenter/OlympicReview/

Puntata precedente: Le Olimpiadi di Spartaco; Puntata successiva: Perù, quasi come Jesse Owens
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[1] Ciclismo su pista, ginnastica e scherma hanno propri mondiali, rispettivamente, a partire dal 1893, dal 1903 e dal 1921. L’hockey su ghiaccio, al pari del calcio, assegna nel 1930 il suo primo titolo mondiale in un torneo distinto da quello olimpico. Il primo mondiale di pallamano è del 1938, mentre per basket e pallavolo bisogna aspettare il secondo dopoguerra. Tra gli sport di squadra non olimpici, va segnalato l’hockey su pista, il cui primo campionato mondiale è disputato nel 1936
[2] Il termine soccer è una contrazione di association. Il calcio era, infatti, noto come football association, mentre il rugby era noto come football rugby