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Quando nell’agosto del 2011 l’avventura Calcio Romantico è iniziata, la forma che il tutto avrebbe preso non ci era affatto chiara. La scelta di farci guidare da un nome evocativo (e non ancora ostaggio dell’acritico feticismo nostalgico) rimandava verosimilmente alla voglia di recuperare le emozioni dell’adolescenza in cui i romantici eravamo più noi che il calcio in sé.

Il principale intento, invece, era ben delineato: reagire alla visione del calcio come sport seguìto da persone traviate dalla superficialità dell’informazione sportiva mainstream e passive fruitrici di un fenomeno enorme ed estremamente complesso. Ci muoveva, infatti, la passione per uno sport che più degli altri aveva saputo diffondersi in tutte le parti del mondo, legarsi ad avvenimenti che avevano caratterizzato la nostra storia recente, travalicare il campo di gioco e darsi una dimensione biopolitica.

Col ramificarsi dei nostri interessi, con l’opportunità di confrontarsi con altre persone che come noi cercavano una narrazione calcistica altra, abbiamo capito che romantiche, più che le storie che raccontavamo, erano la cura e la passione per la ricerca che ci mettevamo nel raccontarle.

E anche adesso che con sconcertante naturalezza l’informazione mainstream o il peggio dell’Italia bomberistica si sta utilitaristicamente appropriando della narrazione mitizzata del passato, noi continuiamo a dirci romantici. Anche se il calcio, quello di ieri come quello di oggi, è e rimane poco romantico.

Il calcio romantico non è mai esistito. La passione, quella sì, è romantica di sicuro

daniele e federico

noiungheria