Pian piano diventerà Serie A. 19° puntata

“Anche allora era in campo l’onore italiano – racconta Giuseppe Milano al giornale La Domenica Sportiva nel novembre 1918 -, e le bianche camicie [della Pro Vercelli] lo seppero difendere ed imporre all’inclito pubblico. ‘Italia batte Europa 1 a 0’, telegrafava a Vercelli l’amico affezionatissimo Severi”. Checché ne pensiate, la partita, cui l’ex mediano della Pro Vercelli si riferisce, ha molto poco di internazionale. È, infatti, un Genoa-Pro Vercelli, giocato il 6 aprile 1913 e valido per la 4° giornata del girone finale dell’Italia Settentrionale, uno degli ultimi ostacoli per i bianchi vercellesi verso la conquista del terzo titolo consecutivo.

La mediana della nazionale e della Pro Vercelli: Milano I, Ara e Leone

La mediana della nazionale e della Pro Vercelli: Milano I, Ara e Leone

Le equazioni Italia=Pro Vercelli, Europa=Genoa sono in qualche modo giustificate dalla provenienza dei giocatori (undici vercellesi in campo da una parte, due svizzeri, sei britannici e tre italiani dall’altra), e dalle ancora non terminate lotte di potere all’interno della FIGC tra chi schiera giocatori stranieri e chi non si avvale della loro opera. C’è, però, dell’altro. La Grande Guerra è alle porte e, anche se l’Italia non ha ancora una chiara posizione nello scacchiere internazionale, il nazionalismo ha cominciato a soffiare da un pezzo e a farsi sentire in tutti gli ambienti della società. Così, dietro una brutta partita di calcio che fa dire a La Stampa Sportiva “se tutti i matches più importanti […] venissero combattuti come quello di domenica scorsa a Genova, ci troveremmo [ad] osservare un regresso del giuoco del calcio”; dietro una sfida decisa da un gol -anzi un autogol- forse viziato da fuorigioco; c’è un’imbarazzante cornice di cui il telegramma sopracitato è solo un piccolo tassello. Ricorda, infatti, Giuseppe Milano che, a partita conclusa, un’enorme folla attendeva i giocatori della Pro Vercelli. I tifosi piemontesi in trasferta e i doriani che erano scesi a festeggiare la sconfitta degli avversari genoani, con “tricolore in testa” e “musica garibaldina intorno”, portarono i bianchi in trionfo e invitarono proprio Milano ad affacciarsi dal balcone della redazione del Secolo XIX per ringraziare di cotanto entusiasmo. Al mediano non venne altro da dire che “Evviva l’Italia!”, la piazza fece eco e partì l’inno di Mameli.

Nazionalismo spinto, una guerra in arrivo e uomini che parlano dal balcone rendono decisamente inquietante quest’episodio, ma in fin dei conti a stonare è solo che come ‘nemico’ dell’italico valore sia stato scelto il Genoa. Accade così che, neanche un mese dopo, la storia, quella del calcio almeno, trova un modo per inventarsi una nuova narrazione. Di mezzo c’è sempre un telegramma, un 1 a 0 e la Pro Vercelli, ma stavolta le casacche sono di colore azzurro e si sa che la Nazionale il nazionalismo permette di sdoganarlo più a cuor leggero. Scrive Antonio Ghirelli nella sua Storia del calcio in Italia del 1954 che, in occasione della partita contro il Belgio del 1° maggio 1913, un gran numero di tifosi dei bianchi si spostò a Torino per sostenere gli azzurri, perché mai come quel giorno si poteva avallare l’identità tra la Pro e l’Italia. I vercellesi in campo erano nove: il portiere Innocenti, il terzino Valle, i mediani Ara, Giuseppe Milano e Leone, e quattro quinti della linea d’attacco, Felice Milano, Berardo, Carlo Rampini e Corna. Facevano eccezione solo il futuro capitano del Genoa Renzo De Vecchi, all’epoca ancora in forza al Milan, e Fresia, forward dell’Andrea Doria.

1913 obbediscoEra la prima volta che la commissione tecnica della Nazionale decideva di usare in blocco, o quasi, una squadra, anche perché la Pro Vercelli aveva dominato la Prima Categoria negli ultimi tre anni. I benefici si videro subito. Nonostante i belgi fossero accreditati dei favori del pronostico, il fatto di giocare sempre assieme e forse anche il terreno bagnato permise agli azzurri di mantenere la porta inviolata. Poi un qualcosa che oggi chiameremmo schema, frutto di profonda conoscenza reciproca e già provato in campionato, diede l’insperato vantaggio: punizione dai 25 metri, Giuseppe Milano prese la rincorsa e si arrestò di colpo, Ara giunse da dietro e con un tiro preciso mandò la palla nell’angolo sinistro della porta belga. Finì 1-0 e, come dice Ghirelli, “a sera un fiero telegramma: ‘La Pro Vercelli ha battuto il Belgio!’ coronò l’indimenticabile giornata di quegli sportivi”.

Detto fra noi, la sensazione è che di telegramma ce ne sia stato solo uno, il primo, quello scomodo; e che qualcuno abbia prestato il telegrafo e l’identità Pro Vercelli=Italia a quella inattesa prova offerta dagli azzurri a Torino contro il Belgio, rendendo al contempo tutto meno indigesto da tramandare ai posteri. Ma è solo una sensazione e, in mancanza di prove, ci teniamo la storia così come è, ‘obbedendo’ alle fonti. Che obbedire quando si tratta di telegrammi fa sempre scena.

federico

Fonti:
Football 1898-1908. L’Età dei Pionieri (Fondazione Genoa 1893)
Ghirelli, Storia del calcio in Italia

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