Janny Sikazwe. Probabilmente, la persona di cui si è più parlato sui media in relazione alla Coppa d’Africa, in questi primi dieci giorni del torneo, è l’arbitro zambiano. Non poteva essere altrimenti. Su questo blog abbiamo spesso osservato (e lo abbiamo ribadito nel presentare questa edizione della Coppa) come tutto ciò che ha a che fare con il pallone e il continente africano sia spesso narrato con un sotteso razzista, a volte neanche troppo sotteso. Quanto, però, offerto dal direttore di gara di Tunisia-Mali lo abbiamo visto in diretta e lo abbiamo trovato subito così clamoroso che non riusciremmo ad aprire questo articolo in altro modo.
Sotto il cocente sole del pomeriggio (il match tra tunisini e maliani aveva preso il via alle 14) avevamo visto Sikazwe dare segni di confusione, specie nell’ultima parte della ripresa, in cui i toni si erano alzati perché la Tunisia si era ritrovata in svantaggio e aveva per di più mancato il rigore del pareggio. Quando il cronometro ufficiale segnava il minuto 85, si sono sentiti tre fischi e faccia stravolta e gesti dell’arbitro zambiano erano un chiaro indizio della volontà di porre fine al match. La panchina tunisina, incredula, ha fatto notare che qualcosa non andava. Sikazwe ha fatto allora riprendere il gioco, tempo di espellere con il rosso diretto il maliano Bilal Touré, di chiedere chissà perché conferma al VAR, e poi il triplice fischio vero. Il cronometro in sovraimpressione in tv segnava 89’45”. Stavolta le proteste delle Aquile di Cartagine, guidate dall’inviperito loro ct Kebaier, non hanno sortito effetto. Gli addetti CAF, negli spogliatoi, devono essersi accorti del rischio-ricorso, visto che il match era addirittura finito prima del 90′, e hanno chiesto alle due squadre di tornare in campo per la parte finale (serviva, tra l’altro, un recupero di almeno sei minuti) e al quarto uomo di sostituire Sikazwe. I tunisini non hanno accettato e hanno presentato ricorso, chiedendo di rigiocare l’incontro dall’inizio per errore tecnico. Però, la CAF qualche giorno dopo ha confermato il risultato del campo. Del resto, con tante gare da giocare in così pochi giorni, nei tornei attuali riprogrammare e recuperare anche un solo match diventa un’impresa a cui gli organizzatori volutamente si sottraggono[1].

Doverosamente sistemato l’affaire Sikazwe, cominciamo a parlare di quello che sta offrendo il campo. Innanzitutto, pochi gol. Camerun a parte, che ha Aboubakar già a quota quattro reti in due partite, anche se con l’ausilio di due rigori, tutte le big hanno mostrato una strana resistenza a fare più di una rete a partita. Problemi di preparazione, il fatto che più “europei” hai, più tardi hai avuto il gruppo squadra al completo, la spada di Damocle dei tamponi che fanno continuamente cambiare il nucleo degli utilizzabili, il gran caldo se giochi nel primo pomeriggio: i motivi possono essere tanti, il risultato è un André Ayew che va in debito di fiato nel condurre una ripartenza o un Pepe in ripartenza che spara altissimo da lontano, invece, di cercare qualche compagno meglio piazzato. Se, invece, il Marocco è riuscito a segnare solo due gol alla matricola Isole Comore, la ragione è una sola: Salim Ben Boina, trentenne portiere che gioca nell’Endoume, club marsigliese che gioca nella National 3 (quinto livello del calcio francese) e che si è ritrovato titolare al posto di Al Ahmada, utilizzato all’esordio contro il Gabon.
Più del rigore parato a En Nesyri, tiro centralissimo, è stata prodigiosa la tripla parata di qualche minuto prima, che ha anche impedito ad Adam Masina di segnare il suo primo gol in maglia marocchina.
Da un arcipelago all’altro, non possiamo non spendere qualche parola per Capo Verde, dal 2013 squadra simpatia. A nove anni dalla prima partecipazione e dal 2-1 all’Angola che volle dire quarti, è arrivata per i capoverdiani la seconda vittoria nella fase finale della Coppa, per giunta grazie a un gol di Julio Tavares che c’era anche in Sudafrica. Sconfitto meritatamente dal Burkina Faso, Capo Verde può sperare nella benevolenza del Camerun già qualificato e nel ripescaggio tra le quattro migliori terze, perché -ricordiamo- il torneo è ora a 24 squadre e, quindi, i primi 36 match ne fanno fuori solo otto, di Nazionali.

La cosa che, però, lascia veramente interdetti è che ad assistere alle partite in Camerun ci stanno andando e ci potranno andare solo poche persone. Se, infatti, sul lato atleti, il bollettino Covid giorno dopo giorno fa sparire qualche giocatore che ha giocato il primo match – vedi Bertrand Traoré – e promette di farne ricomparire altri – vedi Aubameyang e Lemina, negativizzati, e poi bloccati per problemi cardiaci -, sul lato spettatori le inevitabili misure di contenimento della pandemia determinano insormontabili restrizioni. Infatti, la capienza è stata limitata al 60%, che diventa 80% quando gioca il Camerun, ma il problema è un altro, come lascia intendere qui un 26enne che avrebbe voluto veder giocare Mané:

Sono andato allo stadio lunedì scorso [a Bafoussam, per Senegal-Zimbabwe]. Ma come migliaia di persone sono rimasto fuori perché non ho la carta che attesta il vaccino.

E in Camerun, dati alla mano, la percentuale dei vaccinati è intorno al 3%. Lentezza nella distribuzione dei vaccini da parte delle case farmaceutiche e campagna di disinformazione i motivi. Eppure, come spiegava africanews a inzio dicembre, l’obiettivo era di arrivare al 40% dei maggiorenni con almeno una dose per la partenza della Coppa.

 

————————————————-
[1] Sikazwe è un personaggio molto discusso. Habitué delle fasi finali della Coppa d’Africa, tanto che nel 2017 ne arbitrò la finale, ha anche diretto Belgio-Panama al Mondiale del 2018; fu, però, sospeso e messo sotto inchiesta nel corso dello stesso anno dopo il match di CAF Champions League tra Esperance Tunisi e Primiero Agosto. A proposito di Russia 2018, ci piace comunque ricordare come il fischietto senegalese Malang Diedhiou, fu uno dei più positivi, tanto da essere designato come direttore di gara per l’ottavo Belgio-Giappone e come quarto uomo per la finale terzo/quarto posto