Stoccolma, 24 maggio 2017. In un modo o nell’altro, il Manchester United ha fatto tris e, se consideriamo anche la stagione 2015/16, ecco che in poco più di un anno solare diventano quattro i trofei che i red devils hanno messo in bacheca, iniziando di fatto l’era del dopo Ferguson. Eppure, prendendo in prestito e allo stesso tempo stravolgendo il significato di quanto ha detto Mourinho prima della finale di Europa League contro l’Ajax, una stagione «non la si può giudicare soltanto da una singola partita». L’ex allenatore di Porto, Chelsea e Inter voleva dire che anche una sconfitta contro gli olandesi non avrebbe modificato il suo buon giudizio sulla stagione dello United. In realtà, anche la vittoria in Europa League e tutti i risultati ottenuti dallo United in questa annata e nella precedente non verranno mai considerati soddisfacenti. O meglio, non potranno mai essere considerati commisurati alle attese e, soprattutto, alle spese.

Facciamo un passo indietro, al biennio 1989-1991, perché paragonare due epoche calcistiche così distanti fa capire meglio quanta acqua, nel frattempo, abbia fatto passare la UEFA sotto i ponti.
Il 17 maggio 1990 a Wembley il Manchester United ha la meglio sul Crystal Palace nel replay della finale di FA Cup e regala al suo manager Alex Ferguson il primo di una lunga serie di trofei. Lo scozzese è a Old Trafford già da quattro stagioni, ma nessuno lo reputa un quasi fallito perché in First Division non è mai andato oltre il secondo posto e nel 1990 è arrivato addirittura 13°. Il giudizio non cambia anche se si considera che a inizio stagione sono stati acquistati o ripresi Hughes, Ince e Pallister e, considerando anche i soldi spesi per Neil Webb e Danny Wallace, il club ha sborsato 9300 sterline, a fronte di sole 1200 incassate dalle cessioni. Nel 1990 arrivare in fondo e vincere la FA Cup vale, infatti, una stagione. Del resto la Coppa d’Inghilterra è il trofeo più vecchio del mondo e, poi, garantisce l’accesso alla Coppa delle Coppe 1990/91, visto che la UEFA ha appena tolto la squalifica alle squadre inglesi maturata dopo la tragedia dell’Heysel.
Passa quasi un anno e il 15 maggio 1991, grazie a una doppietta proprio di Mark Hughes, i red devils battono il Barcellona e conquistano a Rotterdam la Coppa delle Coppe. Un’altra stagione da ricordare che prepara il definitivo salto che in First Division, anzi nell’appena nata Premier League, avverrà solo nel 1992/93.

Le analogie sono molte con quanto accaduto tra il maggio del 2016 e il maggio del 2017. La differenza è tutta nelle attese. Il primo trofeo che il Manchester United porta a casa è la FA Cup e, curiosamente, sconfigge anche questa volta il Crystal Palace. Ma Louis Van Gaal, a fronte delle frotte di giocatori olandesi presi e di un saldo cessioni-acquisti di circa -160 milioni sterline tra la stagione 2014/15 e la successiva, non è andato oltre la fase a gironi in Champions League, eliminato da Wolfsburg e PSV Eindhoven, e si è piazzato quinto in Premier, fallendo così l’accesso alla successiva edizione della manifestazione. Mettere le mani sulla Coppa d’Inghilterra ha molta meno importanza dei soldi e della visibilità che garantisce la Champions per la multinazionale a capitale americano che è diventato nel frattempo il Manchester United.

La Coppa delle Coppe non c’è più e così i red devils, affidati a José Mourinho, si ritrovano in Europa League. La stagione inizia con i soliti grandi acquisti, Pogba su tutti, ripreso dalla Juventus al costo di 89 milioni di sterline dopo che ai bianconeri quattro anni prima era stato regalato. Ad agosto, con la vittoria per 2-1 sul Leicester City nella Community Shield, arriva il primo trofeo della stagione 2016/17. Il problema è che, però, in campionato le altre scappano e lo United non appare mai un serio candidato ai primi quattro posti, quelli buoni per la Champions League.
A febbraio in una divertente e rocambolesca finale contro il Southampton, la squadra di Mourinho vince la Coppa di Lega: avanti 2-0 grazie a un gol di Ibrahimović e a un gran tiro di Lingard, lo United subisce la rimonta firmata Gabbiadini, due reti sotto misura tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, rischia per un palo di Romeu e poi a cinque minuti dalla fine ringrazia i difensori avversari che si dimenticano il solito Ibrahimović su cross di Herrera. L’assalto al quarto posto continua senza successo e, allora, a Old Trafford capiscono che l’unica speranza di “salvare” la stagione è quella di vincere l’Europa League, ma non per la coppa in sé. Di quella i mercati asiatici che se ne fanno? L’ex Coppa UEFA va vinta perché così il prossimo anno il posto nei gironi di Champions League è assicurato. La concorrenza, a dire la verità, non è spietatissima e, pur se appesantiti dalla lunga stagione e da vari infortuni e pur soffrendo più del dovuto, i red devils riescono ad avere la meglio su Saint-Etienne, Rostov, Anderlecht e Celta Vigo.
Una volta arrivati in finale e liberi da altri impegni, battere l’Ajax dei giovani per il Manchester United e per Mourinho dev’essere sembrata una cosa più semplice del previsto: fonti del gioco dei lancieri irretite grazie a rigidi controlli a centrocampo, buona prestazione di Daley Blind, Valencia e Darmian in retroguardia, sacrificio in copertura chiesto a giocatori più votati ad offendere come Mata, Mkhitaryan e Pogba e poi l’esperienza che in questi casi serve sempre. E così, mentre i vari Klaassen, Younes, Ziyech, Bertrand Traoré e Dolberg non riuscivano a incidere, lo United costruiva sulle reti di Pogba nel primo tempo -tiro da fuori deviato da Sanchez- e di Mkhitaryan a inizio ripresa -colpo alla Ibra su azione di corner- la conquista del suo terzo trofeo stagionale, il quarto in poco più di dodici mesi, conscio che tutto questo non basterà ai posteri per considerare positiva la stagione appena passata.

Mi viene in mente una orrenda pubblicità anni Novanta di una caramella gommosa: si vedeva sullo sfondo un finto Einstein che affermava «Sono riuscito a dividere l’atomo!» (cosa tra l’altro scientificamente inesatta) e in primo piano una ragazza in camice che ribatteva in modo volutamente antipatico «Sì, ma non sei riuscito a creare una …» e nominava il nome del prodotto. Nel calcio voluto dalla UEFA, come nel mondo narrato da quella pubblicità, il fattore economico ha davvero stravolto il valore dei risultati dati dal campo.

federico