La Roma ha appena strappato uno 0-0 sul terreno del forte Cagliari di Manlio Scopigno e Giggirriva. Giuliano Taccola, venticinquenne attaccante dei giallorossi che per i postumi di un’operazione non è stato della partita, scende negli spogliatoi dello stadio dell’Amsicora per complimentarsi con i suoi compagni. Qualcosa però non va, Giuliano si  sente male, si stende su un lettino, gli fanno un’iniezione, poi ha un sobbalzo, gira gli occhi e… Non c’è più niente da fare, infarto, fatalità. Il ragazzone di un metro e ottanta aveva evidentemente il cuore debole. In società tutti lo piangono per dimenticarlo in fretta. Nessuna indagine, basta la verità ufficiale. E sua moglie Marzia che non smette di gridare che si è trattato di omicidio.

Solo ventisei anni dopo, nel 1995, la vedova entra in possesso della perizia medico-legale. La stampa si occupa un po’ di questo caso dimenticato e Marzia racconta come Giuliano fosse stato operato d’urgenza per una tonsillite il 5 febbraio 1969, come il medico che lo aveva operato gli avesse prescritto due mesi di riposo, come la Roma e  Helenio Herrera lo avessero subito rimandato ad allenarsi e a giocare già il 26 febbraio, come Giuliano svenisse continuamente in campo e negli spogliatoi e apparisse debilitato, come dopo l’ultimo tragico svenimento il mago Herrera e soci avessero chiuso lo spogliatoio dell’Amsicora senza chiamare l’ambulanza.

Le cose però non cambiano, indagini che accertino le reali responsabilità non vengono fatte e la morte di Taccola resta, come tante altre morti in campo, solo un inutile sacrificio.

federico