La curva festeggia il gol

La curva festeggia il gol

Al Pian di Massiano a Perugia sono di fronte per la diciannovesima di Serie A la neopromossa padrona di casa, autrice fin qui di un sorprendente campionato, e l’altalenante Fiorentina di Mazzone. I viola sono in giornata no, lo si capisce subito. La formazione guidata da Ilario Castagner ne approfitta e prende in mano le redini del gioco: un palo di Vannini, un tiro di Renato Curi deviato da Superchi e poi il meritato vantaggio grazie a Novellino che prima impegna Superchi con  un’inzuccata, poi ribatte in rete la respinta.

La Fiorentina non reagisce, il Perugia rallenta un po’ il ritmo nel secondo tempo, complice anche gli infortuni di Agroppi e Scarpa, poi arriva il meritato raddoppio grazie a Maurizio Marchei, un giovane attaccante che, dopo un promettente avvio in B l’anno prima, qualche infortunio di troppo e la leva obbligatoria stanno un po’ emarginando. Il marchigiano, subentrato a Scarpa, ha voglia di mettersi in mostra, all’86’ scatta sulla fascia destra, arriva quasi sino alla linea di fondo e, ostacolato da un difensore viola, lascia partire un cross di esterno sinistro a rientrare. Marchei va a finire contro i cartelloni pubblicitari, non vede cosa succede al pallone e sente un boato scuotere tutta la curva. “Ecco, ho mandato la palla in tribuna”, deve aver pensato. Poi dall’esultanza dei suoi si accorge di aver fatto gol, e che gol! Alla Mortensen, come si diceva una volta, in riferimento alla prodezza dell’attaccante inglese in un Italia-Inghilterra 0-4 giocata a Torino il 16 maggio 1948.

Un gol da raccontare, proprio come il primo realizzato in serie A, all’87’ di Perugia-Napoli un mesetto prima. Rete in rovesciata che era valsa il 2-2 finale, realizzata con delle scarpette due numeri più grandi perché le proprie Marchei le aveva dimenticate in caserma. Il finale di stagione riserva all’attaccante del Perugia anche due gol normali conto il Cagliari, segnati ancora una volta da subentrante. Nei programmi della società Marchei però non rientra e così inizia a vagare per cinque sei anni tra Marche, Umbria e Trento senza mai ritrovare il palcoscenico della Serie A. Poi il ritorno a Perugia da cittadino “normale”. La tabaccheria, la famiglia e il piacere di ricordare e raccontare quegli aneddoti che nel lontano 1976 gli hanno fatto toccare la A con un dito.

Il calcio a volte riserva tutto in un solo attimo.

federico