Trapattoneide – prima puntata

Il sorteggio più famoso del calcio italiano è quello del 5 giugno 1968, quando negli spogliatoi del San Paolo una monetina decise che in finale, a contendersi gli Europei con la vincente di Jugoslavia-Inghilterra, ci sarebbero andati gli azzurri di Valcareggi e non l’Unione Sovietica. Otto anni prima, però, sempre a Napoli e sempre in occasione di una semifinale, questa volta del torneo olimpico, la sorte non fu altrettanto benevola con la Nazionale Giovanile. Quella sera Nereo Rocco, uno dei due ct azzurri, dichiarò alla Gazzetta dello Sport «in veneto (secondo il suo modo di vedere unica lingua ufficiale del nostro mondo del calcio)»:

Non si fa così, bisogna dare una soddisfazione a questi ragazzi, bisogna far vedere come si fa ad estrarre una sconfitta dal fondo di un cappello.

Il rammarico del Paròn era ben giustificato, perché la vittoria 3-1 contro il Brasile nell’ultima partita del girone eliminatorio, unico risultato buono per approdare in semifinale (vi ricorda qualcosa?), aveva esaltato l’ambiente e perché in semifinale, in 120 minuti di gioco, l’Italia non era stata inferiore alla Jugoslavia, favorita alla vigilia per la presenza in rosa di giocatori più esperti.
La Stampa parla di una partita non bella, condizionata dal fatto che le squadre erano stanche (quarto match in dieci giorni), dal poco pubblico (la gente era a guardare in TV gli ori di Benvenuti, Musso e De Piccoli1) e da due black out dell’impianto di illuminazione dello stadio nella ripresa. Gli azzurri erano anche riusciti a raddrizzarla al 110′ con un gol di Tumburus, dopo che al 107′ Galić aveva portato in vantaggio gli slavi. Poi uno strano balletto con arbitri e giocatori a cercare di capire dove sarebbe stato effettuato il sorteggio e la doccia fredda finale.

Quella Nazionale Giovanile messa insieme per l’Olimpiade di casa aveva alcuni giovani promettenti che nei dieci anni a seguire sarebbero stati protagonisti della vittoria agli Europei o del secondo posto in Messico, vedi Burgnich, Rivera, Bulgarelli, Salvadore. C’era anche un giovane mediano laterale che aveva sulle spalle solo due presenze in A con la maglia del Milan, ma che nella stagione a venire si sarebbe conquistato la maglia titolare: Giovanni Trapattoni. Anzi “Trappattoni” con due “p” e due “t”, come erroneamente scrisse Vittorio Pozzo su La Stampa alla vigilia del match contro la Jugoslavia.
Poco male, di lì a due mesi, l’ex ct della Nazionale degli anni Trenta, a margine della vittoria dei rossoneri sul campo della Juventus, avrebbe dato l’imprimatur al Trap, definendolo «un laterale mobile e pieno di vivacità come pochi» e,soprattutto, sopprimendo quella “p” di troppo.

Nella foto in evidenza: I capitani Galić e Trapattoni e l’arbitro Kalbinder prima di Italia-Jugoslavia [foto Calcio2000]

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