«Triste esodo da un torneo mondiale al quale ci eravamo presentati sotto buoni auspici […]. Dovevamo vincere, imporci, qualificarci con facilità ed abbiamo finito per esser messi bellamente alla porta proprio da chi noi ritenevamo non avesse diritto a rivolgerci nemmeno la parola». Su La Stampa del 17 gennaio 1958 Vittorio Pozzo iniziava così la sua disamina a freddo delle cause tecniche che avevano condotto l’Italia fuori dai Mondiali di Svezia. E benché per la decisiva partita di Belfast contro l’Irlanda del Nord il ct Foni avesse fatto per la prima volta ricorso a quattro oriundi tutti insieme (Ghiggia, Schiaffino, Montuori e Da Costa), Pozzo non li addita a capro espiatorio e scrive con molta amarezza: «i nostri avversari possedevano una linea, un piano, un carattere, ed i nostri rappresentanti […] nessuno».
Sessanta anni dopo, a pochi secondi dalla fine del match che ha sancito per la seconda volta nella storia l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali prima ancora che questi inizino, ecco un tweet del leader della Lega Matteo Salvini stanare i veri colpevoli: non gli oriundi di turno, anche perché uno dei migliori azzurri è stato l’appena nazionalizzato Jorginho, ma gli stranieri che hanno “invaso” l’Italia, società calcistiche comprese. Tweet seguito poco dopo dal post su Facebook dell’alleata Giorgia Meloni.[1]
L’accessibilità ai mezzi di comunicazione, la possibilità di condividere tramite i social ciò che si pensa e bla bla bla. Ma se stavolta qualcuno dei lettori contesterà il fatto che, nel riesame dei motivi tecnici e programmatici che hanno portato al fallimento del progetto Tavecchio-Ventura, noi di Calcio Romantico abbiamo voluto farci “entrare la politica” spiegando perché quella degli stranieri-che-rubano-il-posto pure sul terreno di gioco la riteniamo retorica buona per chiacchiere da bar o per i Fiorello di turno e basta… beh, sappiate che a livello alto -e con fini molto più subdoli dei nostri- qualcuno si è messo già a soffiare sul fuoco.

Una sconfitta tecnica. Quando il 7 giugno 2016 il presidente federale Tavecchio ha ufficializzato la scelta di Gian Piero Ventura come tecnico della Nazionale per il biennio che avrebbe dovuto condurci a Russia 2018, il sorteggio per i gironi di qualificazione era stato già fatto. Ergo, si sapeva che avremmo avuto come avversario la Spagna nel girone e che, a meno di miracoli, la nostra qualificazione sarebbe passata per le forche caudine degli spareggi -come già per Francia ’98- perché si qualificava direttamente solo la prima e a parità di punti sarebbe contata la differenza reti. Spiegava Tavecchio a Tuttosport: «[Ventura] ha lanciato tanti calciatori in Nazionale, ha esperienza smisurata nella formazione del settore giovanile». Fare più punti della Spagna nel doppio confronto diretto Torino-Madrid sarebbe stato, quindi, difficile o comunque non fondamentale, alla luce del supposto progetto, anche se la Spagna con Conte in panchina l’avevamo appena battuta e eliminata da Euro 2016.
E, invece, dopo un immeritato pareggio acchiappato per i capelli allo Juventus Stadium contro gli iberici, alla luce di un passaggio al 4-2-4 che ha permesso una esaltante rimonta in Macedonia e convincenti prove contro il Liechtenstein, complice l’estate che non ha portato consiglio, ecco che la Nazionale italiana si presenta a Madrid il 2 settembre 2017 con un arrembante 4-2-4, invece di provare a chiudere gli spazi conscia della superiorità della Roja e magari di fare un golletto quando se ne presenti l’occasione. Nobile intento, ma gli azzurri vanno completamente in barca sin dal primo minuto, complice la quasi totale assenza del centrocampo, e il ct non prova neanche a cambiare qualcosa in corsa, perdendo con ogni probabilità in questa circostanza la fiducia del gruppo. Come si spiega altrimenti il ritorno al 3-5-2 nel successivo incontro con la sempre temibile Macedonia in casa? E come il ritorno massiccio dei senatori in squadranel momento dello spareggio -vedi Barzagli e De Rossi- che in realtà in questa Nazionale avrebbero dovuto fornire un’alternativa solo in caso di estrema necessità nell’intento di accelerare il ricambio?
L’eliminazione patita da parte della Svezia è chiaramente frutto anche di episodi sfortunati, ma il punto è che contro una squadra ben messa in campo e nulla più non si può offrire una pessima prova sul piano caratteriale e prendersela con l’arbittro -vedi Stoccolma- o crossare (male) in the box per novanta minuti, nonostante Granqvist, Lindelöf e compagnia siano decisamente più alti di noi -vedi San Siro- solo perché il modulo scelto non aiuta inserimenti centrali, sovrapposizioni sulle fasce e gli uno contro uno. Se poi Ventura, forte del contratto fino al 2020 non si dimetterà volontariamente, come sembra, sarà la ciliegina sulla torta.

Un errore di prospettiva. C’è una cosa che a livello federale sembra sfuggire da almeno quattro anni: l’importanza del ranking FIFA che stabilisce le fasce ogni qualvolta c’è da fare un sorteggio. Il metodo di calcolo è quantomeno discutibile, assegna pesi diversi alle vittorie in funzione del ranking dell’avversario e per questo privilegia le squadre sudamericane che si incontrano sempre e solo tra di loro ai danni dalle europee che invece nei gironi di qualificazione devono incontrare Gibilterra, Lussemburgo e Georgia, ma è un dato di fatto e bisogna adeguarsi.
Per quanto riguarda gli azzurri, la data di non ritorno è quella del 15 ottobre 2013: l’Italia di Prandelli, già qualificata per Brasile 2014, impatta 2-2 a Napoli contro l’Armenia e si fa scavalcare da Belgio e Colombia, perdendo il diritto a essere testa di serie nel girone della fase finale. Come va poi a finire ce lo ricordiamo tutti: l’estrazione che fa scivolare l’Italia al posto della Francia nella fascia ancor peggiore e il conseguente sorteggio nel girone di ferro con Uruguay, Inghilterra e la matricola Costarica che poi stupirà tutti…
Attenzione, anche nella gestione Conte non si è dato il giusto peso a tutti i match e l’Italia ha continuato a scivolar giù, motivo per cui il giorno del sorteggio dei gironi di qualificazioni UEFA per Russia 2018 l’Italia è in seconda fascia, dietro nel ranking anche a Romania, Galles, Slovacchia e Austria.[2]
L’impossibilità di partecipare ai Mondiali russi non permetterà agli azzurri di provare a risalire con le partite che contano di più anche per il ranking, ma il miglioramento dela posizione e, quindi, la speranza fra due anni di essere in prima fascia al sorteggio nelle qualificazioni mondiali passa dalle prossime amichevoli e dalla nuova manifestazione, la UEFA Nations League, che a questo punto tanto inutile non è, visto che in essa l’Italia incontrerà solo Nazionali “forti”, ranking FIFA alla mano.

Il modello Germania e il problema degli stranieri. Dopo tre sconfitte in tre partite nel girone A della fase finale di Euro 2000 la Germania calcistica si rimbocca le maniche e cambia tutto perché deve ospitare i Mondiali del 2006 in casa propria e non può fallire. Retorica o meno su quanto abbia inciso il potenziamento dei vivai e dei centri federali, è un dato di fatto che i tedeschi dal 2006 in poi hanno sempre centrato almeno le semifinali in tutte le competizioni disputate tra Europei e Mondiali, laureandosi campioni del mondo nel 2014.
La cosa interessante è, però, che la squadra che prendeva tre gol da Sergio Conceição e da una sorta di Portogallo B il 20 giugno 2000 a Rotterdam era composta da tutti giocatori tedeschi, a parte l’oriundo Paulo Rink entrato nella ripresa, mentre invece tra i protagonisti di questo ultimo decennio ci sono Podolski, Khedira, Özil, Jerome Boateng, Gündoğan, gente che per nascita, colore della pelle o formazione culturale nella società italiana verrebbero trattati da stranieri.
Non vogliamo affermare che senza il contributo di questi “stranieri”, la Germania non sarebbe arrivata lì dove è. Vogliamo solo far capire che non selezionare a livello giovanile in base alla provenienza ha permesso a questi giocatori di emergere come tedeschi e probabilmente di sentirsi anche tali, cosa di solito cara ai nazionalisti. E la prossima generazione, quella che ha vinto la Confederations Cup e l’Europeo Under 21 nel 2017 ed è stata argento olimpico ne conta ancor di più di calciatori frutto diretto o indiretto di immigrazione: Mustafi, Emre Can, Goretzka, Jonathan Tah, Amiri, Younes, Demirbay, Rüdiger, Toljan, Dahoud, Gnabry…[3]
Invece, in Italia anche solo per permettere ai rifugiati di essere tesserati per squadre affiliate alla federazione molte squadre che operano sul territorio hanno dovuto metter su campagne ad hoc, ultima in ordine di tempo quella denominata We Want To Play. Senza considerare che l’assenza di leggi che permettano ai figli di immigrati nati in Italia di sentirsi italiani a tutti gli effetti, continuerà a far riprodurre, a tutti i livelli della società e quindi anche nel calcio, l’idea di un noi e di un loro “stranieri” che non parlano come noi, non si vestono come noi, non hanno il giusto colore di pelle e ci rubano il posto, anche sul campo da gioco.[4]
Che poi provare a fare discorsi seri perché Salvini ha fatto un tweet in cui parla di invasione è davvero deprimente: chi sono esattamente gli stranieri che rubano il posto ai calciatori italiani? Dybala o Icardi vanno inclusi? Sono bianchi argentini ma devono alle squadre italiane la loro attuale popolarità…

Germania e diritti TV. Un’ultima considerazione sul cosiddetto modello tedesco. Di sicuro il meccanismo dei diritti TV che governa la Bundesliga permette una migliore ridistribuzione degli introiti. In questo modo sono molti i club in grado di garantire ai giovani giocatori una certa continuità ad alto livello prima di un eventuale grande passo verso vere big.
Quindi, se i cronisti RAI si lamentano perché Bernardeschi ha lasciato a inizio estate la Fiorentina per la Juventus, pur sapendo che avrebbe assaggiato molta panchina, il problema non sono i Cuadrado o i Douglas Costa. Il problema è che la Fiorentina non ha la possibilità concreta di emergere dalla mediocrità attuale se non si provvede a cambiare il meccanismo alla base dell’attuale spartizione dei diritti connessi alla Serie A. Cosa verso cui, stando alle ultime indiscrezioni, ci si sta forse muovendo.

federico

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[1] Il tutto preceduto, qualche giorno prima della partita di ritorno, dalle dichiarazioni populiste dell’allenatore della Ternana Sandro Pochesci, balzato agli onori della cronaca per essersi scagliato contro l’eccessiva presenza di stranieri nelle squadre italiane e per aver incassato i complimenti proprio da Salvini (la cosa bella è che la sua Ternana l’indomani è riuscita a pareggiare in casa col Novara grazie a un gol dell’unico straniero in rosa. Instant karma)
[2] In particolare è fatale lo 0-1 con cui il Portogallo batte gli azzurri a Ginevra il 16 giugno 2015
[3] Se non vi piace la Germania pensate a quanto melting pot ci sia nella Nazionale del Belgio
[4] Siamo talmente intrisi della riproduzione della retorica “noi”-“loro”, specie quando il “loro” si riferisce a un subsahariano, che, ad esempio, l’attuale portiere della Spal è stato indicato come senegalese, anche se è stato naturalizzato italiano, nel corso della radiocronaca di Spal-Crotone qualche settimana fa