Il buon soldato deve saper sparare e tirar di scherma, deve essere bravo nel nuoto e nella corsa, anche su terreni accidentati, e deve essere pronto a condurre un cavallo non suo. La pensava così il barone De Coubertin e per questo spinse per far entrare nel programma ufficiale di Stoccolma 1912, V Olimpiade dell’era moderna, un nuovo sport in cui gli atleti, rigorosamente maschi, si dovevano cimentare nel tiro a segno, nei 400 metri stile libero, nella spada, nel salto a ostacoli dell’equitazione e nella corsa campestre. Il nome scelto fu pentathlon moderno, per suggellare la continuità con il pentathlon tradizionale, disputato nel corso delle Olimpiadi antiche e anche quello modellato sulle cinque specialità in cui doveva eccellere un buon soldato (corsa, salto in lungo, lancio del disco e del giavellotto, lotta).
Nel corso della stessa Olimpiade svedese De Coubertin ribadì anche quanto fosse contrario ad aprire i Giochi alle donne: a suo parere il ruolo della donna doveva essere solo quello di premiare i vincitori.
Invece, il CIO, proprio a Stoccolma, aveva fatto le prime apertura e aveva concesso loro di gareggiare nel nuoto.
A Sydney 2000 il pentathlon moderno ha assegnato la prima medaglia olimpica al femminile della sua storia. Alla faccia del suo inventore.
A nessuno, comunque, verrebbe in mente di individuare la “soldatessa perfetta” nella britannica Kate French, l’atleta che ha vinto l’oro a Tokyo 2020: la spada l’esercito l’ha messa in soffitta, i cavalli servono per le parate e non per gli assalti all’arma bianca e poi i pentathleti e le pentathlete di oggi il tiro a segno lo fanno con la pistola laser e mentre corrono… E anche questo alla faccia del suo inventore.
Per saperne di più sull’ordine con cui le discipline olimpiche sono state aperte alle donne, Cinque cerchi di separazione. Storie di barriere di genere infrante nello sport