Storie di barriere di genere infrante nelle Olimpiadi invernali – 2° puntata

La stagione di esordio non è stata certo fortunata. Causa pandemia e problemi di protocollo le tappe di Otepää e di Lillehammer sono state annullate e, così, le donne hanno corso solo a Ramsau e solo una gara. Si è, però, rotto il ghiaccio: la combinata nordica femminile ha una sua Coppa del Mondo e a fine febbraio 2021, a Oberstdorf, è stato assegnato anche il primo oro mondiale. In attesa che arrivi anche il pass olimpico.
La disciplina, che mette insieme lo sci di fondo e il salto dal trampolino, assegna medaglie al maschile sin dalla prima edizione dei Giochi invernali (Chamonix 1924). Ha, però, un triste primato: è l’unico sport che in sede olimpica non ha ancora aperto alle donne.

Il fondo ci ha messo un po’ e ha atteso Oslo 1952 prima di introdurre gare femminili nel programma ufficiale di Mondiali e Olimpiadi. Ma è il salto dal trampolino il vero “colpevole” del ritardo della combinata nordica.

Quella del salto dal trampolino è una storia di ostracismo che ricorda da vicino quanto vissuto da altre discipline da noi più voga come calcio o ciclismo. Con le sue pioniere, tipo Paula Lamberg, la contessa austriaca che a Kitzbühel nel 1911 si produsse in un salto di 22 metri, nonostante la sua poco aerodinamica gonna. Con gli anni di oblio, in cui la disciplina rimase confinata ai paesi scandinavi e fu sovente trattata come fenomeno da baraccone. Con la ricerca di un riconoscimento da parte del CIO e il puntuale scontro contro la barriera del pregiudizio, ben rappresentata da Gian-Franco Kasper, che nel 2005, in qualità di presidente della federazione internazionale di riferimento, dichiarò: «il salto non è appropriato per le donne da un punto di vista medico» perché può danneggiare l’utero («Mi viene il vomito», commentò all’epoca la saltatrice americana Lindsey Van). E, infine, con l’approdo ai Mondiali (2009) e alle Olimpiadi (2014).[1]

Pechino 2022 è stata la terza Olimpiade in cui le donne hanno gareggiato nel salto dal trampolino, ma niente ancora combinata nordica. La disciplina dovrebbe assegnare titoli femminili a cinque cerchi già a partire da Milano-Cortina 2026. Le uniche discipline non aperte in sede olimpica ad ambo i generi potrebbero così rimanere ginnastica ritmica e nuoto artistico. Ancora vietate agli uomini.
Ma questa è un altra storia, anche se in nome degli stessi pregiudizi.

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[1] Tratto da F. Greco, Cinque cerchi di separazione. Storie di barriere di genere infrante nello sport, Paginauno