Speciale 25 aprile: donne, sportive, partigiane. 4° puntata
Solo di recente la storiografia ha cominciato a occuparsi del rilevante contributo dato dalle donne alla Resistenza contro il nazifascismo e del perché questa parte della Storia sia stata rimossa dalle cronache ufficiali. Ma quante di queste donne che seppero “scegliere la parte” avevano sperimentato prime forme di indipendenza e presa di coscienza attraverso la partecipazione ad attività sportive, osteggiate o incoraggiate dal regime che fossero?
Bassano del Grappa, 26 settembre 1944. Le autorità nazifasciste costringono la popolazione ad assistere all’impiccagione “esemplare” di 43 partigiani. Una “lezione” da cui non sono esentate le studentesse dell’Istituto Magistrale. Fra di loro Tina, una diciassettenne di Castelfranco Veneto.
[Tra i condannati c’era] il fratello della mia compagna di banco. Fu orribile: l’impiccagione fa paura, è una visione tragica, insopportabile. Alcuni bambini piangevano, altri svenivano. Tutto il paese assistette al cruento spettacolo.
La pubblica esecuzione deve essere di monito. L’effetto che ha su Tina è esattamente l’opposto.
Ritornate in classe, scoppiò tra noi compagne una discussione violenta, ci siamo perfino picchiate; c’era chi diceva che i soldati avevano fatto bene, perché quella era la legge, e loro l’avevano fatta rispettare; chi difendeva le ragioni dei partigiani perché la legge non può andare contro i diritti della persona. Questo episodio, l’ultimo di tanti, ci obbligò a dare una risposta concreta a un interrogativo che ci ponevamo da molti mesi: cosa possiamo fare? Stiamo qui e guardiamo? Potevamo assistere alla sofferenza, a quello che avveniva intorno a noi, senza fare niente?.
La ragazza ha chiara la risposta in cuor suo e, dopo averne parlato con l’assistente del suo gruppo di Azione Cattolica, decide di entrare nella Resistenza.
Nella risoluta diciassettenne avete forse riconosciuto Tina Anselmi (1927 – 2016), che nel 1976 diventerà la prima ministra nella storia della Repubblica Italiana[1]. Tuttavia, se è abbastanza noto l’episodio che spinse la futura esponente della Democrazia Cristiana verso l’attività politica, non così conosciuto è un altro aspetto della sua biografia: il legame con la pratica sportiva. Certo, si sa che Tina Anselmi-partigiana fu molto impiegata come staffetta…
facevo più di cento chilometri al giorno, in bicicletta, i chilometri erano tanti, le strade di ghiaia e i copertoni della mia bicicletta si consumavano rapidamente […]; allora il comandante diede ordine ad alcuni partigiani di requisire tutti i copertoni che potevano perché io ne avevo bisogno.
… si ignora, invece, che Tina Anselmi-studentessa, aveva praticato nella scuola fascistizzata innanzitutto l’atletica leggera. Con discreto successo, visto che si era laureata campionessa locale di lancio del giavellotto. Nell’immediato dopoguerra qualcuno, in campagna elettorale, avrebbe tirato fuori una sua vecchia foto come lanciatrice, insinuando una sua iniziale adesione al fascismo.
L’entusiasta partecipazione alle attività sportive da parte della giovane Tina va piuttosto vista al contrario, come il ritagliarsi un proprio spazio di libertà:
fare sport voleva dire avere un rapporto più pieno con le altre compagne, non solo di squadra, ma anche di scuola; ci permetteva di fare gruppo, di vivere nella nostra comunità con maggiore consapevolezza, e ci dava qualche libertà in più rispetto alla scuola e al normale svolgimento delle lezioni. Piccoli privilegi del regime.
Il riferimento al gruppo è più chiaro se pensiamo alla seconda disciplina da lei praticata: la pallacanestro[2], lo sport di squadra propagandato dal regime fra le ragazze italiane.
Al di là dell’indubbio vantaggio in termini di forza e di resistenza che l’aver fatto sport le diede nel corso dell’attività partigiana, quello che stupisce è l’autocoscienza nella Tina Anselmi-politica di come il basket ne avesse forgiato il carattere sul lungo periodo.
Sono stata una sportiva, ho giocato a pallacanestro e negli sport di squadra, si sa, il momento dell’incontro dei giocatori nello spogliatoio, prima delle partite, è molto delicato. Possono esserci liti tremende, ma l’ultima parola spetta all’allenatore e il rispetto della disciplina è uno dei pilastri della buona riuscita della gara e della vittoria. Nei partiti, come nello sport, come in ogni organizzazione, i livelli decisionali sono vari […]. L’importante è che il silenzio non diventi omertà.
Il riferimento è, in particolare, alle lancinanti discussioni interne alla Democrazia Cristiana in occasione del referendum sul divorzio (1974). Alla fine, per disciplina di partito, Anselmi fece campagna per l’abrogazione della legge introdotta nel dicembre 1970. Ma, evidentemente, non fu mai convinta della scelta.
marco giani
Tutte le citazioni sono prese da: Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica. L’autobiografia, Milano, Sperling & Kupfer, 2021. Rispettivamente, da: pp. 16-17, pp. 16-17, p. 29, p.7, p. 91.
Immagine in evidenza: collage di due foto; in quella a sinistra, Tina Anselmi è la cestista con il numero 4; in quella di destra è la ragazza al centro (foto tratta da La giovane Tina Anselmi 1944-1948).
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[1] Anselmi è stata Ministra del Lavoro e della Previdenza Sociale (1976-1978), poi Ministra della Sanità (1978-1979)
[2] Possiamo ipotizzare che Anselmi praticò la pallacanestro in una squadra scolastica inquadrata nella Gioventù Italiana del Littorio.