Dici 11 luglio e, invece di pensare ai tre gol alla Germania Ovest, a Nando Martellini e al suo campioni del mondo, a Bearzot che fuma la pipa, a Pertini che si abbottona e sbottona la sua giacca ebbro di gioia, ti metti a raccontare un altro Mondiale, quello Master. Non è la solita saccenza di chi rifugge il mainstream e si bea delle chicche scovate spulciando vecchi giornali: il primo 11 luglio, quello del 1982, ha rappresentato, per chi lo ha vissuto, un momento irripetibile; l’altro 11 luglio, quello del 1993, ha concesso a tutti una effimera deroga a questa irripetibilità.

1989, mani brasiliane alzano la Coppa Pelé

1989, mani brasiliane alzano la sobria Coppa Pelé

Chi non c’era nel 1982 ha sicuramente perso il filo del discorso. Proviamo, allora, a fare ordine. Veder giocare Pelé è una cosa che non ha prezzo, specie dopo che O Rey a metà anni Settanta se n’è andato al New York Cosmos. Per questo nel 1987 il canale televisivo brasiliano Bandeirantes s’inventa un torneo riservato alle rappresentative over 35 di tutte le nazionali che avessero vinto almeno un Mondiale vero, il Mundialito Senior, ribattezzato Coppa Pelé, per questioni di appetibilità del brand. Pelé qualche calcio al pallone lo dà in quell’occasione, altri si mostrano più pimpanti. Vince l’Argentina, ma soprattutto sono gli organizzatori a vincere: i cachet sborsati per le partecipanti vengono ampiamente ripagati da successo di pubblico e soldi degli sponsor. La coppa si può rifare, anche se la FIFA non ne riconosce la validità. Nel 1989, nuovamente in Brasile, e nel 1991, negli Stati Uniti, a vincere è sempre la seleção.[1] Per la quarta edizione si sbarca in Europa, Italia e Austria i due paesi ospitanti. Ad avere i diritti dell’evento, la cui dizione ufficiale dal 1991 è Mundialito Master, non è più il canale televisivo brasiliano, ma una altisonante International Masters Football Association, che in realtà ha ceduto alla società austriaca Sport International l’onere di organizzare il tutto. E gli austriaci hanno deciso di allargare addirittura ad otto il numero delle squadre partecipanti, con conseguente rischio di esposizione economica.

Gli azzurri, che hanno partecipato a tutte le edizioni precedenti, racimolando solo un terzo posto, stavolta giocano in casa e la RAI decide di trasmettere in prima serata il match inaugurale del 2 luglio contro l’Inghilterra. Gli italiani, che dal nulla vedono sbucare una pipa e un buon numero di eroi del Mundial di undici anni prima, ci mettono poco ad affezionarsi: un rigore di Causio basta a regolare la faccenda. Al Nereo Rocco di Trieste e davanti alla TV si siede sempre più gente per assistere al 3-2 sull’Olanda e all’ininfluente 0-1 contro il Brasile.
In semifinale c’è Italia-Germania e il tabellino dei marcatori, Dossena-Rossi-Rummennigge, è sufficiente per rendere il sapore di una madeleine di Proust versione pallone da calcio ritrovata inaspettatamente undici anni dopo.

Gazzetta dello Sport, 12/7/1993

Gazzetta dello Sport, 12/7/1993

Per alzare il trofeo serve un’altra partita, fissata per l’11 luglio. Di fronte non c’è il Brasile, ma l’altro paese ospitante, l’Austria. Le finali si giocano a Trieste e non a Klagenfurt, come inizialmente previsto, una mossa con cui l’organizzazione spera di racimolare più soldi, perché di calcio a pagamento e non solo di nobil tenzone tra veterani stiamo parlando. I brasiliani sono lì a ricordarlo: promossi in semifinale grazie a un gol ingiustamente annullato agli azzurri, sommersi in semifinale da una tripletta di Schachner, non si presentano per la finalina per il terzo posto perché non hanno ricevuto il compenso pattuito.[2]

Così, l’unica partita che si gioca è Italia-Austria, ma è partita vera. Schachner, Prohaska e Krankl fanno soffrire gli azzurri, Rossi e Altobelli si rendono pericolosi, anche se sembrano un po’ emozionati. Poi, a fine primo tempo, arriva l’autogol di Joseph Sara: è l’11 luglio e una squadra in maglia azzurra guidata da Bearzot non può perdere. Nella ripresa la conferma. Tante le occasioni da entrambe le parti, l’ex comasco Mirnegg prende anche una traversa, ma sono gli azzurri gli unici a segnare, con Causio, su rigore al minuto 87. L’Italia di Enzo Bearzot, dei reduci Altobelli, Rossi, Conti, Gentile, Dossena e Causio, e degli “altri” Piotti, Beruatto, Cerilli, Filippi, Silvano Fontolan e Favero è di nuovo mondiale. Cala giù il sipario sulla manifestazione e tutto torna alla normalità del ricordo.[3]

federico

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[1] I brasiliani vincono anche la Copa do Craque de Masters, nota come Coppa Zico, nel 1990, manifestazione in tutto equiparabile alla Coppa Pelé
[2] Neanche i tedeschi hanno avuto i soldi, ma si presentano lo stesso a Trieste.
[3] Il Mundialito Master non farà molta altra strada. Gli austriaci riusciranno a metter su solo un’altra edizione, nel 1995, vinta di nuovo dai brasiliani. L’Italia si fermerà in semifinale e non potrà giocare la finalina contro la Germania per impraticabilità del campo