Passarella e Neeskens in azione nella finale del 1978

Passarella e Neeskens in azione nella finale del 1978

Daniel Alberto Passarella è uno dei punti di forza dell’Argentina del 1986, secondo per importanza al solo Maradona. Libero, dotato di molto carisma e di un tiro potentissimo, lo conoscono bene a Firenze dove gioca da quattro anni. Daniel è anche l’unico reduce della nazionale biancoceleste che nel 1978 ha vinto il titolo in casa. Un Mondiale da protagonista, in cui ha giocato sempre da titolare e segnato anche un gol (su rigore contro la Francia).[1]
In Messico le cose non gli vanno altrettanto bene. Colpito dalla “maledizione di Montezuma”, ovvero da coliche e diarrea, è costretto a rimanere in tribuna o addirittura in ritiro mentre i suoi compagni scendono in campo. Passarella non è il solo a soffrirne, a sentire cosa raccontano i giornalisti dei problemi gastrointestinali derivanti dalla precarie condizioni igienico-sanitarie, ma la versione della maledizione che attanaglia il difensore argentino sembra molto forte, se è vero che in tutto un mese non gioca mai. Qualcuno sospetta che dietro Montezuma ci sia Maradona, che non vuole altri galli nel suo pollaio. Fatto sta che José Luis Brown, onesto trentenne ufficialmente di proprietà del Nacional di Medellin, ma in realtà disoccupato, diventa il libero titolare e all’Azteca di Città del Messico il 29 giugno 1986 si ritaglia un posto nella storia.

Jose_luis_brown_1986Minuto 22, calcio di punizione dalla destra battuto da Burruchaga, Schumacher va a farfalle e Brown di testa deposita in rete: è il gol che apre le marcature nella finalissima contro la Germania Ovest. Quello di Brown non è il gol decisivo, perché i tedeschi non muoiono mai e, dopo aver subito al 55′ il raddoppio in contropiede da Valdano, pareggiano con Rummennigge e Völler tra il 73′ e l’81’ con due azioni identiche nate da calcio d’angolo. Quello di Brown non è giusto che sia il gol decisivo, perché non c’è lo zampino di Maradona. Diego soffre prima la marcatura di Matthäus, poi quella di Förster e non riesce a ripetere le magie viste contro Inghilterra e Belgio, ma è lui all’83’ a lanciare Burruchaga in profondità per il definitivo 3-2.
Brown, però, diventa il primo difensore ad aver segnato in finale e ad aver poi vinto la coppa. Prima di lui solo il terzino tedesco Weber nel 1966 [2] era riuscito nell’impresa di realizzare una rete nell’atto decisivo di un Mondiale. La rete era comunque valsa il pareggio, ma aveva evitato la vittoria della squadra di casa ai supplementari.

Vent’anni dopo Brown, è il turno di Materazzi. Il ruolo del libero non esiste più, non si parla più di terzini, ma di centrali ed esterni. Già in gol contro la Repubblica Ceca, il centrale interista di testa su angolo battuto da Pirlo fissa in finale il risultato sull’1-1. Il pareggio non si schioda e ai rigori ecco sugli scudi un altro difensore azzurro, questa volta un esterno. L’ultimo tiro del dischetto è, infatti, realizzato da Fabio Grosso, che si era già procurato il rigore della vittoria contro l’Australia e aveva realizzato il gran gol dell’1-0 ai supplementari contro la Germania.
A differenza di Brown, il gol di Materazzi e il rigore di Grosso risultano decisivi. Ed è anche giusto che lo siano. L’Italia di Lippi del 2006 ha, infatti, giocatori del calibro di Totti o Del Piero in attacco, ma è la retroguardia la vera forza, tanto che l’altro centrale, nonché capitano, Fabio Cannavaro riceverà a fine anno il Pallone d’Oro.
Che poi retroguardia tanto per dire, visto che dal terzo incontro in poi a risolvere le partite o a segnare i gol rompighiaccio sono Grosso, Zambrotta e Materazzi…

federico

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[1] Il carisma di Passarella lo ricordano purtroppo anche Neeskens e un raccattapalle di Genova. L’olandese perde due denti a causa si una gomitata dell’argentino nella finale del 1978, gomitata ignorata dall’arbitro italiano Gonella. Su di un raccattapalle, che a bordocampo ritarda la ripresa del gioco, l’argentino, passato all’Inter, lascerà il segno dei tacchetti durante Sampdoria-Inter del campionato 1986/87; Passarella verrà squalificato per sei turni
[2] La Stampa del 26/06/1978, il Guerin Sportivo, l’Enciclopedia del calcio mondiale -ed. sicari & giusti- e storie mondiali di Chiesa (inserto calcio 2000) riportano il terzino Poortvliet come autore del pareggio nella finale Argentina-Olanda del 1978. Wikipedia, Marca del 26/07/1978, rsssf.com e tante altre fonti riportano, invece, Nanninga, che di ruolo faceva l’attaccante. Nel filmato del match si vede il numero 2 Poortvliet festeggiare, ma il colpo di testa è di Nanninga e non ci dovrebbe essere nessuna deviazione successiva di Poortvliet. La confusione relativa all’autore del gol pare essersi generata solo in Italia nanninga