Dobbiamo abituarci. La parola triplete di Mourinhana memoria o l’equivalente inglese treble saranno sempre più spesso associati alla squadra che vince la Champions League. I numeri, a volte ingannatori, stavolta parlano chiaro. Quando si chiamava ancora Coppa dei Campioni solo il Celtic Glasgow nel 1967, l’Ajax nel 1972 e il P.S.V. Eindhoven nel 1988 erano riusciti a vincere nella stessa stagione campionato e coppa nazionale e a laurearsi campioni d’Europa. I celts di Jock Stein avevano addirittura calato un poker, perché si erano aggiudicati nel 1966/67 anche la Coppa di Lega scozzese. In tutto, quindi, tre en plein in 36 edizioni disputate tra il 1955/56 e il 1990/91, pari all’ 8,33%.
Nel 1998/99, seconda stagione in cui sono ammesse anche le squadre seconde classificate nei più importanti campionati nazionali la stagione precedente, il Manchester United vince Premier League, F.A. Cup e Champions League. Ma come erano finiti i red devils di Ferguson nel 1998? Proprio secondi, dietro l’Arsenal, e, quindi, senza l’allargamento dei quadri non avrebbero potuto partecipare al massimo torneo continentale. Il Barcellona di Xavi, Iniesta e Messi, che vince sei coppe nell’anno solare 2009, ha goduto dello medesimo vantaggio: nella Liga 2007/08 è addirittura terzo, staccatissimo, dietro Real Madrid e Villareal, ma stacca lo stesso il pass per la Champions League, che poi vincerà. Analogo discorso per il Bayern Monaco del 2012/13: l’anno prima la Bundesliga è stata appannaggio del Borussia Dortmund di Klopp e i bavaresi sono arrivati secondi a 8 punti.
In mezzo l’Inter di Mourinho, che porta il computo a quattro triplete nelle sedici edizioni disputate tra 1998 e 2013. L’aumento dei posti per le nazioni che contano è, dunque, un fattore decisivo nella proliferazione dei trionfi multipli osservata in questi anni, anche se i nerazzurri, a differenza delle altre plurivincitrici citate dell’era Champions League, possono affermare con orgoglio che loro, pure con le vecchie regole, avrebbero potuto ambire al titolo di campioni d’Europa nel 2009/10 in quanto campioni d’Italia in carica. Questo stimola un confronto e ci consente di introdurre un secondo elemento nella nostra analisi.
Il primo triplete della storia viene mancato il 29 agosto 1965 dall’Inter di Angelo Moratti: dopo aver vinto il campionato in volata sul Milan ed essersi confermata in Europa, grazie a un tiro di Jair che passa sotto le gambe di Costa Pereira, i nerazzurri perdono la finale di Coppa Italia contro la Juventus, una partita giocata all’inizio della stagione successiva, in clima di preparazione estiva e con il doppio impegno per la Coppa Intercontinentale con l’Independiente alle porte. Come dire, il calendario, per chi voleva vincere tutto, era pieno di impegni anche cinquanta anni fa, ma non era ben organizzato come adesso e alcune finali potevano capitare in momenti di “bassa stagione”. Non a caso, nel 2010 le vittorie interiste in Coppa Italia, Serie A e Champions League arrivano nell’arco di soli 17 giorni e nel 2013 il Bayern Monaco trionfa in Coppa di Germania a una settimana di distanza dalla vittoriosa finale europea di Wembley.
Chiudiamo con un terzo fattore che ha contribuito ancor di più a rendere triplete una parola di uso frequente in questi anni. E chiediamo ancora aiuto alla Coppa dei Campioni vera e propria. Come visto, solo una squadra scozzese e due olandesi sono riuscite nell’impresa quando vecchia denominazione e vecchie regole erano in voga. La prima divisione scozzese e la Eredivisie olandese non sono, però, mai state famose per l’eccessiva competitività: due squadre di Glasgow qui, il trio Ajax-Feyenoord-PSV Eindhoven là a dividersi i titoli e a viaggiare con enorme vantaggio sugli altri club. L’anno in cui in Europa tutto andava per il verso giusto era, quindi, più facile in Scozia o in Olanda ritrovarsi vincitori di coppa nazionale e/o campionato più che in Germania, Italia o Spagna. Questo discorso adesso non vale più. Tutti i principali campionati europei, a parte la Premier League, si sono scozzesizzati e sono due, al massimo tre, le squadre che possono lottare per titolo e chi ne è fuori non entra o, meglio, non rientra facilmente in questa cerchia, sintomo di una inferiorità che è a volte tecnica, a volte economica, a volte progettuale, a volte tutto insieme.
Per questo è davvero enorme il divario che ha mostrato, ad esempio, la stagione 2014/15 tra il Barcellona, vincitore di Champions League, Liga e Copa del Rey, e il Siviglia, finito quinto in campionato e vincitore dell’Europa League. Un divario testimoniato soprattutto dai quaranta gol segnati in più in Liga dai blaugrana (110 contro 71), praticamente uno a partita.
L’annata 2014/15, oltre a consegnare alla storia il quinto triplete in diciotto edizioni -la percentuale dice 27,77%-, ha rappresentato un’ulteriore passo avanti verso la standardizzazione del trionfo multiplo, visto che in finale di Champions League il Barcellona ha affrontato la Juventus, che al quarto scudetto consecutivo aveva appena aggiunto la decima Coppa Italia, dopo venti anni di astinenza, e quindi cercava anche lei di realizzare la sua personale tripletta.
In futuro, quindi, ce ne saranno tanti, molti di più di quanti ce ne siano stati nella seconda metà del secolo scorso. Perciò, ci vien voglia di rivolgere lo sguardo all’indietro, a ciò che è accaduto prima che la UEFA si inventasse la Coppa dei Campioni, per poter conferire noi lo status di triplete o treble che dir si voglia a mix di successi in patria e in campo internazionale che la storia ufficiale non ricorda.
federico