British Tales. Storie di football d’oltremanica (1857-1939). 9° puntata: I fatti di Croke Park
originale spagnolo su wanderersfutbol.com
Quanto accaduto a Dublino il 21 novembre 1920 è scritto con il sangue sull’erba verde di Croke Park. L’Irlanda era nel pieno della Guerra di Indipendenza, che nel 1921 le avrebbe permesso di sganciarsi dal Regno Unito, di diventare una repubblica e di costituire il Dáil Éireann, il parlamento irlandese. I nomi di Michael Collins, Éamon da Valera o Rory O’Connor sono legati a questo momento fondamentale della storia dell’isola, ma non bisogna dimenticarsi delle vittime che il conflitto lasciò sul terreno. Uno degli episodi più drammatici è legato al mondo dello sport e avvenne in uno stadio.
Il conflitto tra i nazionalisti irlandesi e l’Impero Britannico iniziò nel 1919 e assunse la forma di una guerra di guerriglia. Le forze britanniche spiegate in Irlanda erano costituite dalla polizia regolare (la Royal Irish Constabulary, RIC), dalle forze paramilitari, note come Black and Tans (detti così per il colore delle uniformi), dalle forze di riserva della polizia e da una divisione ausiliaria, nota come Auxies. Dall’altra parte combatteva l’IRA (Irish Republican Army), l’Esercito Repubblicano Irlandese. I Black and Tans si costruirono in breve tempo una sinistra reputazione, a causa di pratiche illegali e inumane fatte di violazioni, saccheggi, torture e uccisioni. Inoltre, a Dublino, queste truppe paramilitari crearono una rete di agenti speciali, il cui compito era infiltrarsi nell’IRA. Questa rete era nota come The Cairo Gang, perché gli alti ufficiali che ne facevano parte erano stati precedentemente impegnati in missioni segrete in Egitto.
La mattina del 21 novembre, per ordine di Michael Collins, l’IRA decise di attaccare la Cairo Gang, lasciando sul terreno un totale di tredici morti, undici dei diciotto componenti l’intera pattuglia e due auxies. Un gran successo per l’IRA che, però, portò ad una immediata rappresaglia da parte del governo britannico e del suo braccio armato. Quella stessa sera era in programma un match di football gaelico a Croke Park, tra il Dublíno e il Tipperary. La GAA (Gaelic Athletic Association) e le autorità decisero di non rinviare il match nonostante il clima di tensione che si respirava nella capitale irlandese.
Uno dei soldati che avrebbe partecipato attivamente al massacro di Croke Park svelò successivamente come la sorte decise quale dovesse essere il luogo prescelto per la vendetta: una monetina lanciata in aria per decretare se bisognava andare a uccidere nell’attuale O’Connell Street, allora Sackville Street -una delle vie più frequentate dell’epoca- o nello stadio di Dublino in cui era in corso la partita. Quella moneta così tristemente famosa scelse Croke Park.
Allo stadio c’erano circa 10.000 persone e il match era iniziato da alcuni minuti, quando i Black and Tans si presentarono a centrocampo e cominciarono a far fuoco. Nello stesso momento una mitragliatrice sparava appena fuori l’entrata dello stadio. Tutto questo provocò panico tra gli spettatori che cercavano di fuggire dal fuoco incrociato. Il risultato fu di 14 víttime e 65 feriti. Tra le vittime anche tre bambini di 10, 11 e 14 anni, una donna che si sarebbe dovuta sposare cinque giorni dopo e Michael Hogan, capitano del Tipperary, a cui sarebbe poi stata dedicata una delle gradinate di questo santuario degli sport gaelici, la Hogan Stand.
Fu un massacro contro civili inermi, lo sdegno mostrato dalle altre nazioni fu totale. Arrivarono voci di critica al governo britannico dallo stesso re Giorgio V e da vari membri della House of Commons, che non esitarono a definire l’accaduto un vero “orrore”. Sull’altro versante il tutto, invece, determinò un maggior consenso popolare e un più vasto appoggio all’IRA.
Molto si è scritto e detto dei fatti di Croke Park, di quel primo tragico Bloody Sunday della storia irlandese. Una delle riproduzioni più note la ritroviamo nel film diretto da Neil Jordan nel 1996, Michael Collins. La pellicola mostra quanto successo a Dublino, ma commette due errori: colloca la mitragliatrice al centro del campo e omette il passaggio alcuni minuti prima del fischio d’inizio della partita, di un aereo della Royar Air Force, che lanciò un bengala rosso sul terreno di gioco, quasi a preannunciare ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco.
Da quel giorno del 1920 si può dire che Croke Park abbia vissuto di una vita propria, poi nel febbraio 2007 le circostanze hanno fatto sì che lo stadio vivesse un’altra giornata a suo modo storica.
Con Lansdowne Road in ricostruzione per dar vita all’attuale Aviva Stadium, le nazionali di rugby e di calcio di Irlanda sono senza uno stadio in grado di ospitare a Dublino i loro incontri. In previsione del Sei Nazioni 2007, in particolare, la selezione di rugby chiede alla GAA l’uso di Croke Park per disputare le partite interne. Un fatto senza precedenti perché mai éthe foreign game, uno degli sport stranieri è entrato nella cattedrale degli sport gaelici.
Per fornire questa autorizzazione si rende addirittura necessario modificare lo statuto della GAA, che all’articolo 21 proibisce esplicitamente la disputa di sport britannici, tipo rugby, football o cricket, in stadi gestiti della federazione degli sport gaelici. Inoltre, va da sé che Croke Park è nel frattempo divenuto un importante simbolo del nazionalismo irlandese, molto vicino ai settori repubblicani e cattolici. Aprire le sue porte ai britannici è dunque una decisione più politica che sportiva.
La votazione è una vera e propria lotta interna. Alla fine a spuntarla sono i favorevoli a cambiare lo statuto per 227 voti a 97 e, considerando che servono i due terzi dell’assemblea, ci sono solo 11 voti in più del necessario. Dopo l’esito arriva il momento delle critiche: da un lato, la famiglia della leggenda degli sport gaelici Joe Barrett, sei volte vincitore All-Ireland Senior Football Championship d’Irlanda con la contea di Kerry tra il 1923 e il 1933, ritira le medaglie dal museo della GAA di Croke Park; dall’altro, lo Sinn Féin convoca una manifestazione per invitare a fischiare God Save the Queen in occasione del match con l’Inghilterra. Eh sì perché l’esordio di Croke Park nel rugby è avvenuto l’11 febbraio 2007 nel match perso solo all’ultimo contro la Francia, ma due settimane dopo, il 24 febbraio, a Dublino sono attesi gli inglesi.
Arriva il momento degli inni e il vecchio nemico si presenta orgoglioso e convinto di poter cantare il suo God Save the Queen nello stesso scenario di quel tragico Bloody Sunday del 1920. La risposta di Croke Park è un’unica voce che all’unisono intona Amhrán na bhFiann, l’inno nazionale irlandese. Quello che poi succede sul terreno di gioco mostra ancor più chiaramente che gli spettatori non sono di fronte a una partita normale, ma a una sorta di vendetta storica: gli irlandesi, capitanati da Ronan O’Gara infliggono quel giorno la sconfitta più dura agli inglesi in 130 anni di storia del torneo. Il risultato finale è un umiliante 43-131.
Quattro anni dopo, nel maggio 2011, in una tappa del suo viaggio di quattro giorni in Irlanda, la regina Elisabetta si reca a Croke Park. Il tutto si iscrive dentro il processo di riconciliazione tra irlandesi e Regno Unito avviato nel 1998, che prevede, durante quella visita, anche un omaggio da parte della regina ai più di 50.000 irlandesi morti nella Grande Guerra combattendo per l’esercito britannico. Il presidente della GAA, Christy Cooney, a Croke Park fa gli onori di casa, ma i rappresentanti delle contee dell’Ulster non sono lì a stringere la mano alla regina. Anche fuori dallo stadio, completamente vuoto per motivi di sicurezza, si svolge una manifestazione di protesta, a sottolineare come quel conflitto armato di novanta anni prima e quella tragica domenica abbiano per sempre trasformato questo impianto, nato per ospitare eventi sportivi, in un luogo simbolo.
Il fatto non sorprende, perché lo sport è molto più che un semplice passatempo. Lo sport è cultura e storia, una storia che si deve insegnare e mai dimenticare.
Víctor Gómez Muñiz
adattamento all’italiano federico
“Wanderers el fútbol del pueblo” ha visitato Croke Park nel novembre 2015. Condividiamo qui alcune foto tratte da quella visita
Puntate precedenti: Campionati del mondo fatti in casa (1887-1902); L’evangelizzazione calcistica dell’Europa continentale (fine XIX sec.); Il Corinthian F.C., ovvero dell’integralismo amatoriale; La White Horse Final (1923); L’assenza britannica ai primi tre Mondiali; Il calcio a Sheffield; Il Poppy Day; Celtic, from Killie to Killie (1917)
Puntata successiva: Il tour del Reading in Italia (1913)