Meglio iniziare a spron battuto e spegnere le velleità altrui sin dall’inizio oppure far sfogare gli altri e, grazie alla miglior condizione fisica, emergere nel finale? Una squadra capace di imporre il proprio dominio ha nel DNA qualcosa che la porta a preferire questo o quel momento nell’arco di una partita per risolvere definitivamente la contesa a proprio favore. E se stiamo parlando della squadra passata alla storia come il Grande Torino, ecco che tutto assume necessariamente toni epici. Al di là di quanto dicano le statistiche, infatti, i granata avevano nel cuore della ripresa il loro momento topico, ma a rendere il tutto irripetibile ci pensava la cornice del vecchio Filadelfia e il rituale che accompagnava la carica di Valentino Mazzola e compagni.

La storia inizia un imprecisato giorno in una non ben specificata partita casalinga. In un’intervista rilasciata all’Europeo nel 1948 si parla addirittura di tradizione ventennale.[1] Le fonti non ci aiutano e allora proviamo a immaginare la situazione. Il Torino sta arrancando, forse sta perdendo. Quasi per scherzo, Oreste Bolmida, classe 1893, di mestiere capostazione a Torino Porta Nuova, suona la sua «trombetta» d’ordinanza, da cui evidentemente non si separa con facilità. L’invito a profondere un maggior impegno viene colto e i granata alla fine escono vittoriosi.
Di certo si sa che, mentre Bolmida continua a far pratica, prende corpo il progetto del presidente Ferruccio Novo di riportare la squadra torinese ai fasti della seconda metà degli anni Venti e quel trillo di tromba, che parte dalla tribuna di legno, da scaramantico diviene rituale.
Dalla ripresa del campionato dopo la guerra (stagione 1945/46) il Torino al Filadelfia difficilmente lascia qualcosa agli avversari.[2] Eppure lo squillo di Oreste Bolmida nel corso della ripresa è atteso da tutti all’interno dello stadio come il fischio di inizio di una partita nella partita. È il messaggio del pubblico, che invita la squadra a regalare altri gol al di là della situazione di punteggio. Valentino Mazzola si rimbocca le maniche e parte la carica, quindici-venti minuti in cui i granata in campo giocano al meglio e segnano più che possono.

I poveri grigi di Alessandria ne fanno le spese il 2 maggio 1948. La volontà di affrontare il Toro a viso aperto li ha portati a prenderne quattro nei primi 42 minuti. I granata non vogliono infierire, il pubblico inizia spazientirsi e addirittura a fischiare. Così al 75′ parte l’acquazzone: Grezar, Grezar, Fabian, Fabian, Mazzola, Gabetto in soli tredici minuti e fa 10-0, record assoluto da quando esiste il girone unico.
La «trombetta» probabilmente suona e con maggior senso anche il 30 maggio dello stesso anno, durante un Torino-Lazio in cui i granata rimontano da 0-3 a 4-3. Le cronache del tempo ci assicurano che Mazzola e soci, dopo la sbandata iniziale, già nel primo tempo erano arrivati a ridosso dei laziali e perdevano 2-3. La narrazione affidata alla rete da Domenico Beccaria, presidente del Museo del Grande Torino di Grugliasco, è invece imprecisa perché confonde -in buona fede- quel match con un altro Torino-Lazio giocato l’anno prima. Con il trillo di Bolmida nell’intervallo e tutti i gol dei granata nella ripresa ne viene così fuori un epico “quarto d’ora granata” che non c’è mai stato.

Valentino Mazzola

Valentino Mazzola

Come si deduce dalla già citata intervista all’Europeo, Bolmida e la sua «trombetta» seguono anche in trasferta i granata, quando il lavoro lo permette. Non sappiamo, però, se il giorno in cui la carica Toro raggiunge il suo apice, c’è anche lo squillo del capostazione di Porta Nuova.
È il 5 ottobre 1947, Stadio Flaminio, quarta giornata. Il Torino è reduce da un inizio campionato non all’altezza e anche questa partita è cominciata male: Amedei, core de Roma, ha portato i giallorossi in vantaggio al minuto 33. Al quarto d’ora della ripresa si è ancora sull’1-0, il Torino sembra in crisi. Eppure il risultato finale dirà 1-7! In quattro minuti tra il 15′ e il 19′ arrivano tre gol granata (Mazzola, Castigliano e di nuovo Valentino Mazzola gli autori). Un po’ di respiro e via di nuovo. Al 29′ Mazzola per la sua personale tripletta, al 36′ e al 41′ doppietta di Fabian, inframmezzata al 37′ dal gol di Ferraris. Una incredibile dimostrazione di forza in soli ventisei minuti, stile carica del Filadelfia.

Sappiamo invece con certezza quando la tromba di Oreste Bolmida suona per l’ultima volta. Non è la solita allegra e rituale sveglia, ma un triste e lungo saluto che durante il corteo funebre accompagna le salme dei giocatori e dei dirigenti dopo lo schianto di Superga. Un saluto che segna il passaggio del Grande Torino e di tutto il suo mondo dalla storia alla leggenda.

federico

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[1] Nell’intervista rilasciata al quotidiano Europa il 24 gennaio 1948, in riferimento a Bolmida si dice “una figura notissima dello sport torinese, una figura della tradizione ormai ventennale”. Lo strumento usato da Bolmida è più precisamente una cornetta delle Ferrovie dello Stato [nota da Museo del Grande Torino]bolmida

[2] Tra la ripresa del campionato e la tragedia di Superga il Torino gioca in casa 75 partite di campionato riportando 67 vittorie e 8 pareggi