L’albo d’oro della Coppa Campioni recita con fare deciso: nessun successo tedesco nelle prime diciotto edizioni e poi 1973/74, 1974/75 e 1975/76 Bayern Monaco. Tre vittorie consecutive per una squadra fortissima che annovera nelle sue fila Beckenbauer, Gerd Müller e Breitner, Sepp Maier, Schwarzenbeck e Höness, ovvero l’ossatura della Germania Ovest campione d’Europa nel 1972 e campione del mondo nel 1974. L’albo d’oro, però, riporta solo il nome del vincitore e non racconta null’altro. Così leggendo la storia delle tre finali vinte si scopre che quel pur formidabile Bayern ha sempre usufruito di una dose di buona sorte o di qualche vantaggio arbitrale per prevalere sull’avversario di turno.
Tutto comincia al minuto 120′ di Bayern-Atletico Madrid, finale Coppa Campioni 1973/74. Gli spagnoli sono in vantaggio da cinque minuti grazie a una punizione di Aragonés quando una legnata di Schwarzenbeck da fuori area pareggia il conto poco prima che l’arbitro fischi. La disperazione in un attimo passa dai bavaresi a quelli dell’Atletico che stentano così tanto a riprendersi che due giorni dopo, nella ripetizione della finale, vengono travolti 4-0.
Due anni dopo ancora un po’ di fortuna permette ai biancorossi di Monaco di rimanere sul tetto d’Europa. Nella finale di Glasgow il primo tempo è ricco di occasioni, ma sono i francesi del Saint-Étienne a poter recriminare maggiormente: la traversa di Maier respinge prima un gran tiro da fuori di Barthez e poi un’incornata ravvicinata di Santini. La sezione quadrata e non circolare della barra trasversale aiuta, specie nel secondo caso, a far tornare la palla in campo e a non spedirla in rete. Il risultato così non si sblocca e, al 57′, arriva la classica doccia fredda: punizione al limite dell’area per fallo di Piazza su Müller, Franz Roth si porta sul pallone e la sua bordata di destro si infila alla destra del portiere Curkovic. L’esperienza dei bavaresi a questo punto si fa sentire e solo nel finale Revelli ha l’occasione di rimettere in parità la partita, ma il suo tiro finisce debole nelle mani di Maier.
La finale del 1975 è però quella in cui il Bayern deve più alla dea bendata che ai suoi meriti, se di sola fortuna si può parlare nel caso di scelte arbitrali sbagliate. Al Parco dei Principi di Parigi avversario è il Leeds United. Gli inglesi già due anni prima nella finale di Coppa delle Coppe col Milan sono stati maltrattati dall’arbitro greco Michas: sotto dopo tre minuti grazie a una punizione di Chiarugi, subiscono il gioco duro dei rossoneri e si vedono negare un netto rigore nella ripresa prima di perdere le staffe. Purtroppo per loro la partita con il Bayern sembra una ripetizione di quanto subito a Salonicco due anni prima. L’arbitro, il francese Kitabdijan, non indica il dischetto quando Beckenbauer al 34′ stende in area Allan Clarke e si fa convincere dallo stesso Kaiser Franz a sentire il guardalinee e ad annullare per fuorigioco passivo un gol di Lorimer al minuto 62. Il Bayern come sempre non si fa pregare e al 71′ passa col solito Roth, ben servito da Torstensson, e con l’altrettanto solito Gerd Müller che in contropiede segna il 2-0. La scomposta reazione del Leeds e dei suoi tifosi sugli spalti porterà a una squalifica del club inglese, ma intanto ad alzare la coppa è ancora una volta il Bayern.
Certo i bavaresi questo trittico di finali fortunate lo hanno poi pagato in seguito, se è vero che hanno raggiunto l’ultimo atto della Coppa Campioni o della Champions League altre sei volte prima del 2013 (1981, 1987, 1999, 2001, 2010 e 2012) e solo nella finale giocata a Milano il 23 maggio 2001 contro il Valencia e decisa dai calci di rigore sono tornati a casa con la coppa.
federico