Storia dei risultati internazionali delle Nazionali africane. 7° puntata: Mondiali 1982 e 1990 [Camerun], Coppa d’Africa 1984-1988
La sorte ha voluto che il 15 giugno 1982, giorno del debutto nel calcio che conta davvero, il Camerun debba affrontare il Perù. Un assist per la redazione de La Stampa che con sapiente ironia coloniale individua i veri primattori del match: gli «stregoni, che [da ambo le parti] stanno combattendo una battaglia a colpi di spilloni e filtri magici contro il malocchio e i rispettivi nemici».
Il 18 giugno 1990 su L’Unità si parla ancora di Gris-Gris, stregoni e marabuti, a margine delle incredibili imprese che la nazionale camerunese sta compiendo nel Mondiale italiano, ma sembra solo folklore giornalistico teso ad alimentare la sottocultura da rotocalco. I veri maghi sono i giocatori, che dopo otto anni di successi in Africa sono pronti a regalarsi un sogno grande quanto il mondo.
Tutto ha inizio un po’ prima dell’incontro di La Coruña con il Perù. Solo un’altra squadra dell’Africa subsahariana si è qualificata per la fase finale di una Coppa del Mondo prima del 1982: lo Zaire nel 1974 ed è finita malissimo. Dal Mondiale spagnolo la Confederazione Africana ha due posti a disposizione, ma la nazionale del Camerun non è certo tra le favorite. Del resto è in attività solo dai primi anni sessanta e vanta come miglior risultato della sua storia un terzo posto nella Coppa d’Africa del 1972, di cui era anche nazionale ospitante (e questo si sa che aiuta).
Il fatto è che la rosa dei verdi ha qualcosa che permette loro di battere nettamente le avversarie nelle qualificazioni e di ben sperare per il futuro. Qualcosa che gli zairesi, nel 1974, non avevano: giocatori che militano in Europa, più precisamente in Francia. Tra loro spicca Roger Milla, trentenne attaccante del Bastia, forte fisicamente e dotato di buona tecnica individuale, trascinatore dei suoi nello spareggio col Marocco.
Al Riazor, contro il Perù della perla nera Cubillas, Milla si presenta subito con un sinistro da fuori (deviato in angolo dal discusso Quiroga), con un colpo di testa che finisce sul palo e con un gol ingiustamente annullato per fuorigioco. Il Perù esce alla distanza, ma lo 0-0 non si schioda perché il Camerun è stato ben disposto in campo dal francese Jean Vincent1 e perché in porta c’è un altro giocatore destinato a rimanere nella memoria di tutti: il venticinquenne Thomas N’Kono, che a guardarlo, con la sua lunga tuta nera da dopolavoro, sembra uno messo a fare il portiere per caso e che, invece, è agilissimo e bravo nelle uscite, anche se a volte esagera.
Il Camerun ha già fatto meglio dello Zaire, ma tutti sono pronti a scommettere che contro la Polonia per i simpatici africani ci sarà poco da fare. Invece, Boniek e compagni si devono accontentare di uno 0-0: Lato coglie la traversa, c’è un salvataggio di Ndjeya sulla linea, ma nel finale è Młynarczyk a fare gli straordinari sui tiri di Kunde (centrocampista di quantità che ci accompagnerà a lungo in questa storia), di M’Bida e di Milla.
L’1-1 con l’Italia futura campione del mondo vale poi come una vittoria, anche se fa passare il turno solo agli azzurri, per via del gol segnato in più a parità di differenza reti. Il pareggio di M’Bida a un minuto di distanza dalla rete di Graziani e la poca propensione all’attacco dei leoni indomabili nella parte finale del match (nonostante il risultato li svantaggi) sono stati motivi di spunto alcuni anni dopo per un’indagine giornalistica condotta da Oliviero Beha e Roberto Chiodi, che ha suffragato l’ipotesi di un accordo sotto banco in cui era certamente coinvolto Vincent.
Ad ogni modo da quel pareggio escono tutti contenti e, mentre l’Italia in silenzio stampa volerà verso una inattesa vittoria, il Camerun torna in patria e si gode il bagno di folla per le sue non sconfitte. Adesso c’è un continente su cui far valere personalità ed esperienza maturata nell’avventura spagnola.
Nelle tre edizioni successive della Coppa d’Africa il Camerun ottiene due vittorie e un secondo posto, anche se una inattesa débacle patita a Lusaka contro lo Zambia il 7 aprile 1985, lo costringe a vedere i Mondiali messicani in TV.
Il primo trionfo continentale arriva nel 1984. La fase finale è in Costa d’Avorio e sono proprio i camerunesi a far fuori, con un secco 2-0, i padroni di casa nell’ultimo turno del girone eliminatorio. Milla, autore del gol del vantaggio contro gli ivoriani sigla poi uno dei rigori che decidono la semifinale senza reti con l’Algeria di Madjer ed entra nell’azione decisiva della finale. Con la Nigeria la partita è sull’1-1, per i gol di Lawal (solo omonimo dell’ala che propizierà l’autorete di Zubizarreta ai Mondiali del 1998) e di N’Djeya su punizione. Siamo all’79’ quando Théophile Abega parte in azione personale sulla parte destra del campo, chiede e ottiene triangolo con Milla a limite dell’area e batte il portiere Okala. Poi Ebongué sigla il definitivo 3-1 con un gran tiro che s’infila sotto la traversa.
Abega, il “dottore”, Pallone d’oro Africano nel 1984, uno dei più amati in patria e uno dei più rappresentativi tra i leoni indomabili, è anche tra i selezionati per la Coppa d’Africa 1986, ma gioca solo uno spezzone della prima partita, vinta 3-2 a fatica contro il solito ostico Zambia. L’allenatore francese Claude Le Roy, in carica dal 1984, ha iniziato il necessario cambio generazionale dopo l’imprevista eliminazione nella corsa a Messico ’86. Milla, Kunde e N’Kono sono, però, ancora lì e Roger, in particolare segna quattro gol, che, insieme ai due gol di M’Fede allo Zambia e ai due di Kana Biyik all’Algeria, permettono al Camerun di raggiungere la finale, dove lo attende l’Egitto padrone di casa. Questa volta non porta fortuna né incontrare il paese ospitante, né arrivare ai rigori: l’errore di Kana Biyik al sesto tiro e la realizzazione di Kasem danno la terza Coppa d’Africa agli egiziani, venticinque anni dopo l’ultimo successo ottenuto come R.A.U..
I leoni indomabili si rifanno, alla grande, nel 1988. 1-0 all’esordio nel girone, proprio contro l’Egitto grazie a un gol di Milla, ovviamente. Seguono due pareggi e l’approdo in semifinale, dove ancora una volta li attende la Nazionale del paese ospitante, che stavolta è il Marocco. A risolvere è il talentuoso Makanaky, ancora in versione capello corto, con un “destraccio al volo forse deviato”, come lo si definisce in modo poco lusinghiero nella telecronaca di Telecapodistria. In finale la Nigeria è favorita, ma ci pensa Milla con una sua accelerazione a rompere l’equilibrio. Eboigbe lo falcia appena arrivato in area e Kunde trasforma il rigore, nonostante l’opposizione di Rufai. La formazione che farà miracoli a Italia 90 è quasi pronta: oltre Makanaky anche i difensori Massing e Tataw si sono ritagliati un posto da titolari, mentre i centrocampisti M’Fede, M’Bouh e Kana Biyik lo sono ormai da due anni. Omam Biyik è invece in panchina, a far compagnia a Le Roy. In quel 1988 manca solo N’Kono, che è all’Espanyol da tempo e quell’anno arriverà a un attimo dal conquistare la Coppa UEFA.
Chi è, invece, ormai ritenuto superfluo è Le Roy, inaspettatamente allontanato dalla Federazione prima dell’inizio delle Qualificazioni Mondiali. Al suo posto arriva lo sconosciuto sovietico Nepomnyashchy, che, pur rinunciando a un ormai attempato Milla, non fallisce l’obiettivo. Il “vecchio” leone ha, infatti, deciso di lasciare il campionato francese dopo dodici anni e di prendersi una vacanza nell’isola di Réunion, dove gioca con la Jeunesse Sportif Saint-Pierruase. Poco prima dei Mondiali, però, una telefonata del presidente Biya obbliga praticamente Nepomnyashchy ad aggregarlo alla rosa dei partenti. Sembra un’operazione nostalgia. Non lo sarà.
Anche Thomas N’Kono è dato per panchinaro, a vantaggio di Bell, titolare nelle ultime due Coppe d’Africa. E, invece, l’altro “ambasciatore del Camerun”, a dispetto anche del suo numero 16 sulla maglia, si ritrova in campo titolare contro l’Argentina campione del mondo il giorno in cui a San Siro inizia il Mondiale italiano. Milla quel giorno entra in campo solo all’82’, perché Vautrot, il principe dei fischietti servili, si adegua subito alle nuove direttive diramate da Blatter ed espelle Kana-Biyik a inizio ripresa per un fallo da dietro, ma non da ultimo uomo, su Caniggia. Prima della fine i leoni indomabili rimangono addirittura in nove per l’espulsione di Massing, ma -quel che più conta- vanno in gol grazie a Omam Biyik, che sale in cielo e schiaccia di testa, e grazie a Neri Alberto Pumpido, che vede sbattere la palla sul suo ginocchio e finire in rete.
Con la Romania, al caldo del pomeriggio barese, il mondo rivede lo N’Kono di un tempo, bravo sulle punizioni di Hagi, ma sempre approssimativo nelle uscite. Per il resto sembra una partita incanalata verso lo 0-0, quando entra Roger Milla. Il trentottenne attaccante rincorre un pallone al limite dell’area di rigore, lo sottrae ad Andone e batte Lung in uscita. Non contento, dieci minuti dopo, fa fuori di nuovo Andone con una finta e manda la palla sotto la traversa. Due prodezze che lo fanno diventare il più anziano marcatore in un Mondiale, due festeggiamenti vicino alla bandierina del corner degni del miglior Juary. Il gol finale di Balint non cambia nulla, il Camerun è già agli ottavi e Nepomnyashchy può permettersi l’omaggio alla sua URSS che sta morendo come nazione e che è già fuori dal Mondiale come squadra.
Agli ottavi è Napoli a portare fortuna. La Colombia di Higuita, Valderrama e di Francisco Maturana gioca meglio nel primo tempo, colpisce una traversa con Rincon, poi sembra non voler far molto per evitare i rigori, aiutata in questo dall’afa. Ma è di nuovo nonno Roger a cambiare il verso del match, questa volta nel secondo tempo supplementare. Una scatto breve a limite dell’area di rigore, difensore per le terre, gran sinistro e palla sotto la traversa. Due minuti dopo arriva il raddoppio, paragonabile come impatto ad una schiacciata in faccia all’uomo simbolo della squadra avversaria. Milla, infatti, va a rubare palla a Higuita, salito a ridosso del centrocampo come sua abitudine, e la deposita nella rete sguarnita. Il gol di Redin serve solo per le statistiche, ai quarti contro l’Inghilterra va il Camerun
Il sogno sta diventando sempre più grande e al tempo stesso sembra sempre più realizzabile. Contro i bianchi di Bobby Robson il gol di Platt nel primo tempo non basta a fermarlo, perché il solito immenso Milla entra nella ripresa e cambia ancora una volta il match. Stavolta si procura un rigore che Kunde trasforma (un’accoppiata che era bastata nella finale di Coppa d’Africa due anni prima), poi lancia il subentrato Ekeke, che con un diagonale trafigge Shilton. Il problema è che il calcio voluto da Blatter non è troppo incline al gioco duro e l’arbitro messicano Codesal è un blatteriano di ferro. Il Camerun ha già beneficiato di questo metro di giudizio nell’azione che ha portata al rigore del momentaneo 1-1, Lineker e l’Inghilterra ne beneficiano due volte: a pochi minuti dal termine e durante il primo tempo supplementare. Gli inglesi vincono 3-2 e sono in semifinale per la prima volta, 1966 escluso, l’arbitro messicano si guadagna il diritto di rovinare la finalissima con cognizione di causa, i camerunesi tornano a casa comunque felici, si godono bagni di folla, encomi ufficiali e a Milla viene persino eretta una statua. Le notti magiche sono, però, finite.
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