Il doppio passo alla Biavati, le punizioni a foglia morta di Mariolino Corso e quelle a folha seca di Didì, la rovesciata o chilena che dir si voglia inventata da Unzaga nel 1914 e resa celebre in Italia dalle gesta di Carlo Parola e Andrea Zampagna, le uscite alla kamikaze di Ghezzi, la rimessa a banana di Manfred Kaltz, i gol alla Del Piero e quelli alla Meazza che noi ora chiameremmo alla Maradona o alla Roberto Baggio. Sono queste le sette meraviglie del calcio? Giammai, perché hanno una caratteristica deleteria: sono tutte cose che puntano a trarre il massimo vantaggio dalla situazione senza eccedere in leziosità. E noi cerchiamo qualcosa di ben diverso da gesti tecnici che sono sempre potenzialmente utili.[1]
Un nome? Riisto Kallaste. Ecco adesso cominciamo a ragionare. Gli occhi si inumidiscono e la memoria va a una Italia-Estonia dell’aprile 1993 valida per le qualificazioni mondiali, a una palla che esce all’altezza del centro campo e a una rimessa laterale< con capriola che entra nella storia. E tra un capolavoro di Roberto Baggio e un sinistro al volo di Signori tutti aspettano con ansia che la gli azzurri buttino fuori la palla per rivedere all'opera il difensore estone. Tutti tranne l'arbitro ungherese Piller, che appena il difensore ci riprova fischia controfallo. Iconoclasta.
Il messicano Blanco è un altro che di meraviglie del calcio se ne intende. Nella sua carriera ha realizzato passaggi smarcanti con quasi tutte le parti del corpo, fondoschiena compreso, ma il suo marchio lo ha messo sulla Cuauhtemiña eseguita in mondovisione contro la Corea del Sud al Mondiale di Francia ’98: palla in mezzo ai piedi e salto per liberarsi di due marcatori in un colpo solo.
Dal Messico alla Colombia, da Blanco a René Higuita. Uno che ha rivoluzionato il modo di stare in porta e di perdere ottavi di finale validi per il Mondiale. Il suo colpo preferito quello dello scorpione: respingere tiri indirizzati verso la sua porta a piedi uniti slanciandosi all’indietro invece che a pugni uniti. Rischio alto, utilità nulla.
Segue la foquinha ovvero il giochino della foca monaca: palla in testa e avanti palleggiando finché non la perdi o un difensore avversario ti abbatte. Un colpo che ricorda il Marco Nappi della semifinale UEFA del 1990 tra Fiorentina e Werder Brema e che il centrocampista brasiliano Kerlon ha portato da mero accessorio estetico a obiettivo assoluto delle sue partite di calcio. Non a caso dopo aver ricevuto grandi rasoiate dai difensori brasiliani ed esser transitato per Italia e Olanda ora sverna in Bhutan con l’apelido Foquinha cucito addosso.
trivela di Quaresma, tocco con le tre dita più esterne del piede e palla che si abbassa e prende velocità. Peccato che il buon Ricardo la usi come marchio di fabbrica in sostituzione di tiri o cross semplici ma più efficaci. I gol realizzati o gli assist ben riusciti vanno in secondo piano col passar degli anni e a forza di trivellare il portoghese si è ritrovato nel 2013 a giocare all’Al-Ahli negli Emirati, prima di ritornare in Portogallo.
Rimangono due posti. Uno lo concediamo all’aurelio di Rodrigo Taddei. dedicato ad Aurelio Andreazzoli che sfidò il buon Taddei a ripetere in gara una leziosità vista in allenamento, anche se la rimessa a due inventata in quel di Manchester dallo United meriterebbe indagini psicologiche più approfondite.
L’ultimo posto va invece di diritto alla rabona che ha talmente tanta storia che un fantasista per dirsi tale deve tentare almeno una volta nel corso della propria attività agonistica (e così si capisce che non tutti so’ Maradona). Inventata in Sud America, vuol dire qualcosa come “dalla coda mozzata” (da rabón), è stata però resa stile di vita da un italiano, Giovanni Roccotelli, che nella sua onesta carriera da fuoriclasse delle provinciali ha deliziato i tifosi di Cagliari, Ascoli e di mezza Puglia tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta. L’idea alla base semplice: se sono destro e ho la palla sul sinistro all’esterno, faccio passare il destro dietro e crosso con il collo. Centodieci e lode in estetica, ma esito non sempre raggiunto. Non riusciremmo altrimenti a spiegarci come mai Cocò Roccotelli ha totalizzato solo 19 presenze nel massimo campionato.
federico
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[1] Cfr. i commenti a questo post per approfondimenti sui gesti potenzialmente utili
Amedeo Biavati (1915-1979) è stato campione del mondo in Francia nel 1938. Reso celebre dalla sua capacità di cambiare con rapidità la direzione di movimento a seguito di una finta: il doppio passo, appunto.
Manfred Kaltz, difensore simbolo dell’Amburgo campione d’Europa nel 1983. Tira fuori dal cilindro la prima rimessa cross della storia, battezzata non a caso “Bananenflanken”, rimessa a banana. La sua rimessa laterale fungeva spesso da cross per il possente centravanti Hrubesch e non era quindi fine a se stessa.
Campione d’Italia, d’Europa e del mondo con la grande Inter, Mariolino Corso era un interno dal sinistro magico e disciplinato tatticamente. Mise a punto una punizione a effetto, senza rincorsa, in grado di scavalcare la barriera e di scendere immediatamente dopo, detta appunto “a foglia morta”.
Didì faceva invece parte del trio delle meraviglie e dei nomi tronchi con Pelé e Vavà che nel 1958 in Svezia stupì il mondo (grazie anche a un certo Garrincha). Bissò il titolo nel 1962. A seguito di un infortunio cominciò a calciare le punizioni colpendo al centro la palla con le tre dita più interne del piede destro. Nacque così la punizione a folha seca.
Ramón Unzaga, nato a Bilbao e poi emigrato in Cile, si narra sia stato il primo a eseguire una rovesciata, nel 1914 allo stadio El Moro di Talcahuano. Il suo gesto fu inizialmente battezzato chorera, ma quando gli argentini nella Copa América 1916 la videro la ribattezzarono subito chilena. Unzaga morì a soli 29 anni nel 1923.
Carlo Parola è l’uomo che fa la rovesciata sulle bustine delle figurine Panini. Simbolo della Juventus con cui vinse due scudetti al comando della difesa e tre seduto sulla panchina. Zampagna è un mito che il calcio ha strappato alle acciaierie di Terni su cui chi di dovere un giorno spenderà un post
Giorgio Ghezzi è stato il primo portiere italiano a usare le uscite per contrastare efficacemente gli attacchi avversari. Da cui il soprannome kamikaze. Ha vinto tre scudetti all’ombra della Madunina, due in maglia nerazzurra con l’Inter sparagnina di Frossi e uno nel Milan di Rocco.
Giuseppe Meazza, il Balilla a cui è dedicato San Siro, è stato uno dei più grandi giocatori italiani di tutti i tempi. Palmarés ricchissimo, tecnica eccelsa per l’epoca, spesso se ne andava via dribblando difensori e portiere e depositando la palla in rete. Come noi abbiamo visto fare a Baggio e Maradona
Complimenti Fede, gran bel post!
Bellissimo post! Aggiungerei anche la cabezona di Zuculini e la boba di D’Alessandro!