Viaggio tra le squadre che hanno chiuso imbattute un campionato di massima serie. 10° puntata: le imbattute che non hanno vinto il campionato

Quando si pensa a una squadra che arriva seconda, pur rimanendo imbattuta nell’arco di un intero campionato, viene in mente il Perugia 1978/79 di Castagner. Al ricordo non è, però, associata una sensazione di amarezza o di rimpianto per qualcosa di grande (lo scudetto) che non è stato colto, perché da una “provinciale”, che era appena alla quarta stagione di Serie A e che un anno prima aveva visto morire in campo uno dei suoi giocatori simbolo (Renato Curi), si poteva pretendere un bel campionato, magari una qualificazione a una coppa europea, ma non certo che si mettesse dietro tutta la concorrenza. E poi lo scudetto era assegnato ogni anno, mentre quell’impresa di arrivare in fondo senza perdere mai non era mai riuscita a nessuno da quando nel 1929/30 era stato istituito il girone unico.

Non so se per altre “imbattute non vittoriose” si può ripetere lo stesso discorso. Sono, però, alquanto certo che non perdere mai non rese contento l’Olympiacos, che nel 1952/53 arrivò dietro al Panathinaikos nel girone finale del campionato Panellenico; il Benfica, che arrivò secondo nel 1977/78 e perse il titolo per differenza reti; il Galatasaray, cui successe la stessa cosa nella 1.Lig 1985/86; la Stella Rossa che nel campionato serbo 2007/08 ottenne 21 vittorie e 12 pareggi, ma finì cinque punti dietro i rivali del Partizan. A guardar poi le statistiche, proprio i bianconeri di Belgrado riuscirono a mantenere l’imbattibilità nella Prva liga jugoslava 1998/99 in una stagione calcistica che, però, non poté concludersi regolarmente perché iniziarono i bombardamenti1.
Quando il 24 marzo 1999 gli aerei NATO fecero i primi raid sulla capitale jugoslava, il campionato vedeva, infatti, in testa il Partizan Belgrado con 21 vittorie e 3 pareggi in 24 giornate e, a due punti, imbattuto anch’esso, l’Obilić, che l’anno prima aveva vinto il titolo alla sua prima stagione in assoluto nella Prva liga perché presidente ne era diventato Željko Ražnatović, il famigerato comandante Arkan, che sguinzagliava spesso le sue Tigri per minacciare arbitri e giocatori avversari e far sì che la sua squadra avesse la strada spianata. Del resto, da un criminale di guerra cosa ci si poteva aspettare?
I bombardamenti sconvolsero la vita a Belgrado e nei principali centri industriali della Serbia; il campionato di calcio fu sospeso e a giugno la federazione dichiarò l’invitto Partizan Belgrado campione, ma, chiaramente, ci fu ben poco da festeggiare.

Chiudo tornando a cose meno drammatiche. Innanzitutto, merita una citazione l’Al-Ahli Tripoli che, tra il 1973 e il 1987, terminò tre volte il campionato libico senza perdere mai, ma solo una volta vinse il titolo e, anzi, nell’ultimo caso finì addirittura quinta dopo aver totalizzato, in 17 giornate, 5 vittorie e ben 12 pareggi. C’è poi da chiarire una questione statistica: in caso di campionati che vedono una fase a eliminazione diretta, perdere per sorteggio o ai calci di rigore preserva l’imbattibilità?
La risposta è sì. E se del Campeonato Brasileiro de Futebol del 1977 chiuso senza sconfitte dall’Atletico Mineiro se ne parla più approfonditamente in un’altra puntata, riservo la chiusura alla sfortunata impresa del KFUM. Sotto questo oscuro acronimo (Kristelig Forening for Unge Mænd) si nasconde l’equivalente scandinavo dell’organizzazione cristiana ecumenica YMCA, che nel 1899 a Copenhagen diede vita a un club amateur di calcio. Il KFUM non ottenne risultati di rilievo nei suoi primi quaranta anni di storia; poi a partire dalla stagione 1940/41, a causa dell’occupazione nazista, la massima serie passò dal girone unico a una struttura più complessa, che coinvolgeva più squadre e prevedeva una iniziale fase regionale e così il club ottenne l’accesso al cosiddetto Campionato Danese di guerra, Nel 1943/44 le cose sembravano andare particolarmente bene: il KFUM superò brillantemente il girone di qualificazione (16 vittorie e 2 pareggi), poi ai quarti di finale pareggiò 1-1 con l’Akademik Boldklub. Niente ripetizione del match: fu la monetina a decidere il passaggio del turno e il KFUM si ritrovò fuori dal torneo nonostante non avesse mai perso sul campo!

Immagine in evidenza: graffiti dello stemma dell’Obilić e di Željko Ražnatović sulle mura dello stadio

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