Il campionato è oltre il giro di boa. La Fiorentina del Trap e la Lazio di Eriksson si sono ritagliate il ruolo di favorite per la vittoria finale, ma sotto la Madunina il Milan di Zaccheroni è in crescita. L’Inter, a meno otto dalla vetta, sembra aver ormai perso le speranze. Dopo l’esonero di Gigi Simoni adesso la squadra è affidata a Mircea Lucescu e, il fatto di doversela vedere col Manchester United per i quarti di Champions, spinge i nerazzurri a non sottovalutare troppo l’altro impegno, quello spesso snobbato, della Coppa Italia che è ormai giunta alle semifinali. A San Siro il 17 febbraio 1999 è prevista l’andata, contro il Parma di Tanzi, che con la coppa nazionale sembra avere un feeling particolare. Per l’occasione i due club non si risparmiano e mandano in campo un undici di buon livello.[1]

La partita scorre senza particolari sussulti fino al minuto 76, quando un contrasto tra Cauet e Vanoli sulla fascia sinistra innesca il finimondo. Il fatto è che gli interisti vorrebbero fallo a favore, mentre l’arbitro Braschi di Prato ravvisa una irregolarità proprio del biondo francese e, visto che Asprilla si sta avventando sul pallone, concede il vantaggio. Il colombiano lancia Veron che con un tiro da fuori area batte Pagliuca. Braschi in cuor suo è felice della “finezza arbitrale”, come dichiarerà alla Gazzetta dello Sport il giorno successivo. Ma proprio la presenza di una sua intervista sul quotidiano sportivo è indice che qualcosa quella sua finezza ha innescato.[2]
Il trovarsi sotto 0-1 sotto a capitan Bergomi fa perdere la testa. Già ammonito protesta e ci mette poco per farsi cacciare, ma le rimostranze contro l’arbitro continuano. Braschi è accusato di essere peggio di Ceccarini (offesa massima ricevibile da parte di un interista in quel periodo) ed è assediato, tra gli altri, da Zanetti e Colonnese che ottengono la gioia di poter seguire lo zio Beppe negli spogliatoi.[3]
A nulla serve la richiesta di clemenza di Pagliuca. Il portiere e l’arbitro si dicono “cose tra uomini veri”, ma i tre espulsi restano.

Momento del dialogo tra uomini veri

un momento del dialogo tra uomini veri

Una cosa del genere si era vista solo in uno Juventus-Bologna annata 1948/49: una tripla espulsione per proteste nelle fila dei felsinei (Taiti, Marchi e Tacconi) seguita alla decisione dell’arbitro Carpani di Milano di fischiare un rigore alla Juventus sul 2-1 per gli ospiti. Il capitano Cappello in quel caso ritirò la squadra e si beccò tre giornate di squalifica.

A San Siro, invece, l’Inter rimane in campo, forse sperando di poter raddrizzare la situazione nel match di ritorno. Però, in undici contro otto il Parma raddoppia con Abel Balbo su cross di Orlandini. Al ritorno il Parma vincerà ancora (2-1) e otterrà il visto per la finale, dove un doppio pareggio con la Fiorentina (1-1 a Parma, 2-2 a Firenze) consegnerà ai ducali per la seconda volta la Coppa Italia.

federico

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[1] L’Inter parte con Pagliuca; Colonnese, Bergomi, Galante, Zanetti; Winter, Cauet, Simeone, Milanese; Djorkaeff, Ventola. Per il Parma allenato da Malesani scendono in campo Buffon; Sartor, Thuram, Cannavaro; Stanic, Fuser, Longo, Vanoli; Veron; Balbo, Asprilla
[2] È addirittura il presidente federale Nizzola ad autorizzare l’arbitro toscano a rilasciare dichiarazioni per difendersi dalle accuse interiste
[3] Fa specie soprattutto l’espulsione di Javier Zanetti. L’argentino solo a 38 anni, alla sedicesima stagione in maglia nerazzurra, rimedierà la prima espulsione in A (Inter-Udinese 0-1, 3/12/2011) per fallo da ultimo uomo