Pian piano diventerà Serie A. 14° puntata
Spesso ci si chiede perché la Coppa Italia sia tanto snobbata. Qualcuno a tale proposito tira in ballo la UEFA, rea di aver sacrificato la nobile Coppa delle Coppe sull’altare della Champions League e di aver così reso un terzo o un quarto posto in campionato più appetibile della vittoria nella coppa nazionale, che garantisce esclusivamente l’accesso alla ostica e “proletaria” Europa League. Vero, ma c’è qualcos’altro che ha fatto della Coppa Italia una manifestazione invariabilmente di secondo ordine.
Partiamo da un’osservazione preliminare. Fondamentalmente, “coppa” vuol dire torneo con partite a eliminazione diretta che mette di fronte squadre non sempre della stessa categoria; “campionato” fa, invece, pensare a diciotto, venti società che appartengono alla stessa categoria, a un girone di andata, a uno di ritorno e a una classifica in cui ogni singola partita ha la stessa importanza.
Fino al 1909 tutti i campionati della Federazione Italiana Foot-Ball (F.I.F.) vengono assegnati con la formula dell’eliminazione diretta o, comunque, attraverso una serie di turni in grado di fare selezione prima a livello regionale, poi a livello interregionale.
In analogia a quanto accaduto in Inghilterra, Scozia o Spagna tra fine Ottocento e primo decennio del Novecento, anche in Italia la prima manifestazione ufficiale è, quindi, un torneo che, quanto a formula, sembra più coppa che campionato.
Del resto, anche i giornali parlano invariabilmente di titolo di Campione d’Italia o di successo nella Coppa Duca degli Abruzzi, Fawcus o Spensley per la squadra vincitrice. Ma sono proprio queste denominazioni, ossequiose solo verso i donatori del premio in palio, a tracciare un primo solco tra l’esperienza italiana e quelle inglesi, scozzesi e spagnole: altrove per i primi tornei ufficiali sono state scelte denominazioni che rimandano alla federazione (F.A. Cup), alla nazione (Campeonato de España-Copa de Su Majestad el Rey de fútbol) o a entrambe (Scottish F.A. Cup).
Solco ingigantito dal regolamento della F.I.F., che taglia fuori dalla possibilità di vittoria i club non di Prima Categoria e che assegna fisicamente ciascuna coppa alla società che la conquista tre volte. Invece, in Inghilterra e in Scozia la coppa in palio è da sempre la stessa e le squadre che partecipano alla manifestazione sono tutte, ma proprio tutte quelle riconosciute dalla federazione di competenza. Quindi, anche se nella formula ricorda una coppa, quello della F.I.F. nello spirito è già un campionato, un torneo per pochi che griffano col proprio nome persino le coppe che si contendono.
Arriva così l’estate del 1909, il momento in cui si svela l’origine del complesso di inferiorità di qualsiasi competizione che si vorrà chiamare Coppa Italia. In assemblea federale si sta discutendo ancora dell’utilizzo o meno degli stranieri, ma, come sottolineano Papa e Panico in Storia sociale del calcio in Italia, il problema vero è che la Federazione Italiana non è stata fino a quel momento capace «di elaborare uno statuto federale e un regolamento [..] che avessero la necessaria chiarezza e organicità».
L’elezione a presidente federale di Luigi Bosisio segna un passaggio decisivo. Il fronte dei club si ricompone, la F.I.F. diventa F.I.G.C. e tra il 1910 e il 1913 una sorta di costituente «completerà la riforma delle strutture di competizione, con l’istituzione del doppio girone completo per i campionati nazionali di prima e seconda categoria» e con l’introduzione in tutte le serie del meccanismo delle promozioni e della retrocessioni. In pochi anni il Campionato Italiano della F.I.G.C. del campionato assumerà anche la forma.
In quell’assemblea del 1909, il problema degli stranieri non è, però, del tutto sopito. Qualcuno, forse per recuperare l’esperienza dei tornei gestiti col meccanismo delle eliminatorie o forse per permettere anche a squadre laziali e campane la partecipazione a una manifestazione federale, propone l’istituzione di un torneo con più turni a eliminazione diretta, parallelo al campionato e riservato alle squadre composte da soli giocatori italiani. Nome scelto “Coppa Italia”. Ma adesso che sostanza e forma del campionato stanno per coincidere è davvero troppo tardi. La mozione non ha, infatti, l’appoggio dell’intera assemblea federale, viene accantonata e prima del 1916, in piena Grande Guerra, di coppe in Federazione non se ne sentirà più parlare.
La Coppa Italia, da parte sua, vedrà una serie di partenze a singhiozzo nel 1922 e nella seconda metà degli anni trenta, prima di ritornare in auge nel 1958 e di configurarsi definitivamente come una coppa di lega., ovvero come una manifestazione riservata essenzialmente alle squadre di A e di B. Controprova ne è che Serie C, Serie D e serie inferiori hanno ciascuna una propria distinta Coppa Italia.
federico
Nella foto in evidenza: un’immagine del Milan 1915/16 che vincerà la Coppa Federale
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La coppa Italia viene snobbata perchè non ha obiettivi intermedi.
In campionato c’è chi punta a vincere, chi ad andare in champion’s, chi in europa league, chi alla salvezza tranquilla, chi a quella risicata.
La coppa Italia o la vinci oppure uscire al primo turno o in semifinale cambia poco, e siccome, su 78 squadre che vi partecipano, ce ne sono almeno 70 che hanno la certezza che non la vinceranno (anche per l’assurdo regolamento che prevede che la squadra più debole è e più deve fare turni preliminari e parti fuori casa), succede che si fanno giocare le riserve e si spera di uscire per non dover fare altre trasferte inutili.
Anche le big, che la coppa la potrebbero vincere, non vi spendono troppe energie perchè si può uscire fuori anche per sfortuna, per un errore arbitrale o una giornata storta. In campionato c’è modo di recuperare, in coppa no.
Questa sorte accomuna tutte le coppe nazionali, anche la F.A. Cup vede le big schierare spesso le riserve, salvo poi provarci davvero, a vincere, quando si arriva alle semifinali.
Si parla tanto di seconde squadre e di rivitalizzare la coppa Italia, potrebbe essere un’idea far giocare la coppa Italia in contemporanea alle coppe europee con le big che schierano seconde squadre e le piccole che hanno qualche speranza di vincere.
Si prenderebbero due piccioni con una fava
Ciao domenico. Le tue osservazioni sono giuste e anche condivisibili. La Coppa Italia è tecnicamente una competizione di livello inferiore e con questa formula è davvero pessima tanto che neanche le squadre di B schierano i loro migliori undici. Il mio articolo cercava, però, di storicizzare il complesso di inferiorità della Coppa Italia. E’ chiaro che la FA Cup ha perso dal punto di vista tecnico dal 1999 in poi, ma non ha perso nulla del suo fascino e del suo valore evocativo. Ho pertanto provato a fornire nuovi elementi storici al perché la Coppa Italia non abbia mai avuto fascino.
Ciao anche a te
avevo colto la direzione del tuo articolo, ma mi ha dato l’occasione per buttare giù alcune considerazioni sulla coppa Italia su cui rimuginavo da tanto.
Mille complimenti per il tuo sito