Quando il giovane Roy Hodgson fu chiamato a guidare l’Halmstad, nel 1976, la società svedese non aveva mai vinto niente ed era reduce da una fortunosa salvezza nell’Allsvenskan, ottenuta solo grazie alla miglior differenza reti nei confronti del GAIS Göteborg. Contrariamente alle nefaste previsioni, il futuro ct di Svizzera, Inter e Inghilterra riuscì non solo a condurre un campionato senza patemi, ma addirittura a vincere il titolo con tre punti di vantaggio sul Malmö, successo che avrebbe bissato tre anni dopo.
Un altro futuro ct degli inglesi, Graham Taylor, portò il suo Watford molto vicino a un’impresa straordinaria: dalla Fourth Division alla First Division in sole quattro stagioni e, al debutto nella massima serie, nel 1981/82, il secondo posto dietro il Liverpool. Il titolo da neopromosse lo conquistarono, invece, Sir Alfred Ramsey, con l’Ipswich Town, e Brian Clough, col Nottingham Forest, e in entrambi i casi per il club in questione si trattò del primo successo in campionato.

Insomma, tra calcio inglese, allenatori di una certa importanza e prime divisioni vinte a sorpresa sembra esserci un bel feeling. Una lunga striscia cui si è aggiunto nel maggio 2016 il miracolo compiuto dal Leicester City di Claudio Ranieri. Statisticamente siamo di fronte a qualcosa di diverso, rispetto a quanto sfiorato da Taylor e fatto da Ramsey e Clough, qualcosa di più simile all’impresa di Hodgson, visto che il Leicester City nella stagione 2014/15 era in Premier League, era allenato da un altro ct e si era salvato solo grazie a un’incredibile serie di vittorie nelle ultime giornate.
Non crediamo, però, abbia senso chiedersi se l’impresa di Ranieri sia stata più o meno grande di quelle sopracitate. Quaranta anni e più di calcio non sono passati invano e solo in relazione a una contestualizzazione nella realtà attuale possiamo meglio valutare il tutto.

Innanzitutto non è completamente vero che il cosiddetto calcio moderno non ci abbia regalato “favole” negli ultimi cinque anni. La vittoria del già retrocesso Wigan in FA Cup nel 2013, il successo del Montpellier in Ligue 1 nel 2012, persino la vittoria nella Liga dell’Atletico Madrid di Simeone nel 2014 (e la contemporanea Champions League persa nel recupero) erano sembrate degne di nota in un regime in cui pochi club sono capaci di mobilitare capitali enormi e di comprare chiunque vogliano. Messa a confronto con queste, l’impresa del Leicester City ci sembra tuttavia più rilevante per vari motivi: caratura, portafoglio e numero delle squadre attrezzate per vincere in Premier League; un allenatore cambiato in tutta fretta a seguito di uno scandalo estivo; un gruppo messo su per fare un campionato tranquillo, che, invece, a dicembre si ritrova in testa alla Premier League.
Tutto quello che poteva risultare un handicap, è in sostanza diventato un punto di forza e il merito non può che essere di Ranieri, che, da buon italiano, ha per prima cosa messo a posto la fase difensiva e poi, alla faccia del turn over, ha usato quasi sempre lo stesso undici e gli stessi tre-quattro ricambi. Le Foxes che vanno in campo sanno sempre quello che devono fare e per questo la squadra, senza soffrire di vertigini, è andata avanti, ha vinto le partite chiave e, vedi l’1-3 in casa del Manchester City, anche con grande autorità. Certo senza un po’ di fortuna non si vince nulla, ma nel periodo decisivo dell’intero campionato ci sta che Ulloa risolva all’89’ una difficile partita col Norwich, che un fallo di mano in area di Morgan non venga visto col Newcastle, che Rodwell del Sunderland sbagli a porta vuota il gol del pareggio e che l’arbitro Moss espella Vardy per nulla e poi compensi nel recupero regalando il rigore del pareggio contro il West Ham.

Al di là di quanto accaduto sul campo, la vittoria del Leicester City è anche il trionfo di una città, che neanche ai tempi di Gordon Banks era riuscita a vincere qualcosa più di una Coppa di Lega e che si è innamorata di Claudio Ranieri e il coro Ranieri ooh sull’aria di Nel blu dipinto di blu di Modugno lo dimostra. L’allenatore italiano, che è diventato nel corso della stagione il Padrino (la vittoria contro gli stereotipi è molto più difficile di una Premier League), ha saputo contraddistinguersi con la classe che da sempre lo accompagna. Bella in particolare la lettera che ha scritto ai suoi a inizio aprile.
Insomma, la gioia di vedere finalmente il buon Claudio vincere qualcosa di veramente unico e importante c’è tutta, ma questo non deve portare a enfatizzare ogni singolo aspetto, ché comunque di modern football stiamo parlando

Non sappiamo cosa succederà nel prossimo mercato estivo, sappiamo, però, che il Leicester City parteciperà alla International Champions Cup, quella manifestazione vetrina che porta i super club in Nord America, Cina e Australia nei mesi di luglio e agosto e impedisce una sana preparazione atletica alla stagione successiva. Il mercato orientale interessa di sicuro al proprietario delle Foxes, l’uomo d’affari thailandese Vichai Srivaddhanaprabha, ma più di tutto interessa il fatturato e ripianare i debiti. Vichai ha, infatti, acquistato il club nel 2011, dopo una sponsorizzazione di tre anni, ha fatto cambiare il nome allo stadio e ha investito non poco per far tornare la squadra in Premier League.
In ciascuna delle ultime due campagne di mercato il disavanzo è stato di venti milioni di sterline. Nulla in confronto a quanto speso dal Manchester United, nulla se si pensa a quanto hanno reso gli acquisti di Huth, Kanté o Okazaki (Mahrez e Vardy c’erano già e il loro contratto non aveva previsto esborsi). Il fatto è che il bilancio 2013/14, annata chiusa con la promozione in Premier, diceva -20 milioni di sterline, da aggiungere ai -34 dell’annata precedente, in cui la promozione era sfuggita all’ultimo; e la cosa strana è che questo bilancio era stato ripianato dall’emissione di azioni che erano state ricomprate dalla stessa società che le aveva emesse, come spiega un articolo de Il Fatto Quotidiano. Un classico della finanza creativa che è, ad esempio, alla base del fallimento del Parma di Tanzi e che pare abbia già allertato l’UEFA.
Che dire… Da simpatizzanti speriamo di vedere il Leicester tranquillamente in Champions League il prossimo anno. Per il resto, “al dio degli inglesi non credere mai”.

federico