L’Italia aveva “scoperto” la coppa nel 2009, quando, in qualità di campione del mondo in carica, fu chiamata a partecipare al torneo organizzato dal Sud Africa a mo’ di prova per il Mondiale dell’anno successivo. Un buon debutto con gli Stati Uniti e poi due sconfitte con Egitto e Brasile e appuntamento con le semifinali rimandato all’edizione successiva. La nona, quella ospitata dal Brasile nel 2013, che vide la Nazionale di Prandelli e Balotelli arrendersi solo ai rigori con la Spagna e vincere poi, sempre dal dischetto, la finalina contro l’Uruguay.
Nel 2011, intanto, era nato questo blog e, allora proprio poco prima che iniziasse il torneo in terra verde-oro, ci sentimmo in dovere di dare un giudizio sull’appeal e sull’importanza della FIFA Confederations Cup:
Difronte all’istituzione di una nuova coppa o di un nuovo trofeo la domanda che gli appassionati spesso si pongono è: ce n’era proprio bisogno? Se poi dietro ci sono i soliti sponsor e la solita necessità di trovare nuovi mercati per il proprio prodotto, l’interrogativo diventa ancor più calzante. Perché a dare lustro e importanza a una manifestazione sportiva non sono gli zeri del montepremi o dei connessi contratti pubblicitari, ma è il tempo. Un campionato, una Champions ti accompagnano tutta una stagione, un Mondiale o un Europeo ti lasciano tranquillo ma non troppo finché si tratta di qualificazioni e poi ti assorbono per un mese e più quando si arriva alla fase finale.
A una manifestazione come la Confederations Cup il tempo questo privilegio lo concederà difficilmente.
Letto a una decina d’anni di distanza, più che un giudizio sembra una sentenza, perché di fatto, dopo l’edizione del 2017 giocata in Russia e vinta dalla Germania (da ricordare soprattutto per il debutto del VAR), è stata la stessa FIFA a scaricare l’idea del torneo riservato alle nazionali vincitrici della coppa di ciascuna confederazione e a virare verso un bel super “Mondiale” per club a 24 squadre. Da tenersi, come nel caso della ormai defunta Confederations Cup, un anno prima del vero Mondiale, nella stessa sede del vero Mondiale[1].
Ad ogni modo, UEFA e CONMEBOL hanno pensato bene di ripetere in piccolo l’esperienza della “Coppa delle Confederazioni” o, meglio, di riesumare quanto accaduto in quattro occasioni tra il 1985 e il 1993[2], ovvero la riproposizione, a livello di nazionali, della sfida tra campioni d’Europa e del Sud America che aveva dato il La alla Coppa Intercontinentale a inizi anni Sessanta del secolo scorso. Del resto, nelle dieci edizioni della Confederations Cup ufficialmente riconosciute dalla FIFA, il successo è andato cinque volte a una rappresentante della CONMEBOL (Brasile, quattro successi, Argentina, uno) e quattro volte a una rappresentante della UEFA (Francia, due vittorie, Danimarca e Germania, una). Unica eccezione, il successo del Messico, affiliato alla CONCACAF, nel 1999.
L’accordo tra le due confederazioni maggiori prevede almeno tre edizioni della Coppa dei Campioni UEFA-CONMEBOL da qui al 2028, da giocare tutte a Wembley. A dar vita alla prima sfida sono chiamate Italia e Argentina, in virtù dei successi ottenuti a livello continentale nel 2021. Amichevole di prestigio con la possibilità di avere effetti sul palmares, visto che assegna un trofeo riconosciuto a livello ufficiale: crediamo che il massimo status a cui il match tra azzurri e albiceleste e il format, in genere, possano aspirare. Intanto, però, il vantaggio di esser una partita singola e non una manifestazione diluita in due settimane come la Confederations Cup ce l’ha.
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[1] Causa pandemia e slittamento dei calendari, la prima edizione di questo nuovo torneo acchiappa sponsor è saltata e il debutto ci dovrebbe essere nel 2025
[2] Per la Coppa Artemio Franchi cfr. qui. Alcuni siti considerano anche il match del 6 febbraio 2013, Spagna-Uruguay 3-1, giocato a Doha, come una ulteriore edizione non ufficiale del trofeo.