Quale sarà il prossimo stadio? Se lo sono chiesto in molti dopo che il Mondiale qatariota ha macinato via via le proteste, che alcune squadre europee avevano minacciato, ventilato e solo molto parzialmente messo in atto, ed è finito con il simbolo più noto al mondo del calcio giocato (leggi Lionel Messi) che alza la coppa con indosso il bisht, simbolo evidente di quanto grande sia il potere dell’emiro Al Thani nel mondo che sta dietro al calcio giocato.
Ebbene, non si è dovuto attendere molto. Sono, infatti, un po’ di giorni che circola la notizia che la FIFA abbia sottoscritto un contratto di sponsorizzazione per il Mondiale femminile in programma ad agosto in Australia e Nuova Zelanda con Visit Saudi, l’agenzia governativa dell’Arabia Saudita che si occupa di promuovere il turismo verso il paese dei Bin Salman. In pratica, Visit Saudi dovrebbe avere la stessa visibilità di marchi come Visa, Coca-Cola e Adidas, che da decenni spuntano a ogni angolo nei posti che ospitano grandi manifestazioni sportive.
Quanto questa operazione sappia di pinkwashing e sportwashing insieme è superfluo da sottolineare. È chiaro che le manovre per assicurarsi il Mondiale maschile del 2030 da parte del governo calcistico e politico saudita (tanto coincidono) devono anche passare da qualche concessione al movimento femminile, che non a caso nel 2021/22 ha visto partire il primo campionato saudita ed esordire la propria Nazionale.
Questo, però, non può far dimenticare che da qui a poter dire che le donne saudite non sono più ostaggio dei propri guardiani ce ne vorrà. Senza contare che in Arabia Saudita -ovviamente- parlare di diritti per persone LGBTQ+ è quanto mai fuori luogo, visto che, per chi nasce uomo, è illegale persino indossare vestiti femminili.
Se confermata, la scelta di FIFA e Infantino sarà uno schiaffo a mano aperta in faccia a tutte quelle calciatrici che hanno dato anche un profondo significato politico di rivendicazione alla crescita che il calcio femminile ha avuto negli ultimi anni. E spesso queste calciatrici militanti, attiviste o, semplicemente, impegnate fanno anche parte della comunità LGBTQ+.
Il Guardian e il sito insidethegames informano che le federazioni di Australia e Nuova Zelanda stanno chiedendo chiarimenti urgenti al governo mondiale del pallone in merito a questa scelta di far sponsorizzare il Mondiale femminile da Visit Saudi. Senza giri di parole, io, invece, mi domando se il mondo del calcio femminile riuscirà a prendere una posizione più chiara e netta rispetto a quanto fatto dal calcio maschile nel caso del Mondiale in Qatar, se ovviamente la trattativa FIFA-Visit Saudi andrà in porto.
Per il resto, questa mossa di Infantino & co. è l’ulteriore conferma che l’attuale mondo-pallone benedetto dalla Fifa senza i soldi e gli interessi di paesi come Qatar, Arabia, Emirati Arabi non riesce a girare.