Quando, nel settembre di due anni fa, partì la prima edizione della Nations League, il nostro interesse si concentrò su quanto potesse incidere sul Ranking FIFA questa nuova manifestazione pensata nel 2014 da Platini -e dalla UEFA di allora- essenzialmente per aumentare il coefficiente medio di importanza delle partite affrontate da ciascuna Nazionale.
Osservammo, in particolare, come ciascuna squadra avrebbe affrontato più partite con compagini alla propria altezza, presupposto necessario per ottenere vittorie che potessero permettere di scalare la classifica FIFA, responsabile poi, in sede di sorteggio dei gironi al Mondiale, di eventuali storture nel determinare le teste di serie (vedi Polonia testa di serie in Russia nel 2018 e Spagna in seconda fascia come il Perù, o Colombia in prima fascia nel 2014 e Italia no nel 2014).
Infatti, guardando dal punto di vista UEFA e alla luce dei risultati colti dalle compagini europee negli ultimi Mondiali, sembravano un po’ troppe le squadre CONMEBOL che bazzicavano le prime trenta al mondo: e non parliamo di Brasile, Uruguay e Argentina o del Cile reduce da due vittorie in Copa America, ma di un Paraguay e di Venezuela che, nonostante avessero fallito la qualificazione a Russia 2018, ad agosto di quello stesso anno erano, rispettivamente, 30° e 31°, davanti ad esempio a Islanda e Serbia.

Insomma, avevamo presentato la Nations League come una competizione riempi-calendario che, in realtà, copriva dinamiche non semplici finalizzate al ranking. E la controprova veniva proprio dal fatto che la FIFA aveva cambiato il modo di stabilire il ranking proprio alla vigilia della Coppa del Mondo in Russia e aveva derubricato la nuova manifestazione a qualcosa più di un’amichevole, ma meno importante di una partita di qualificazione, nonostante, un perverso meccanismo dovesse servire a determinare, proprio tramite la Nations League, quattro posti per Euro 2020.
Proprio questo, in ultima analisi, era un banco di prova interessante: quante posizioni avrebbero guadagnato una Bielorussia o una Macedonia del Nord se si qualificavano per la fase finale dell’Europeo?
Diciamolo subito: la sospensione causa Covid-19 di spareggi e fase finale dell’Europeo non ci permette di rispondere alle domande che ci eravamo fatti nel 2018: nel 2019, infatti, Copa America, Gold Cup, Coppa d’Africa e Coppa d’Asia sono state disputate, ovvero le competizioni più importanti, dopo i Mondiali, per le squadre delle confederazioni diverse dall’UEFA.
Al netto di questo squilibrio, però, possiamo osservare una cosa: la classifica di agosto 2018 e quella di agosto 2020 sono tra loro molto simili, in fatto di presenza per fascia scelta di compagini provenienti dalle singole confederazioni. C’è solo un dato la cui variazione sembra statisticamente rilevante.

 

 

Ci riferiamo al numero di squadre della Confederazione africana tra il 31° e il 60° posto, passato da 5 a 10. Vuoi vedere che anche il nuovo format della Coppa d’Africa a 24 squadre, invece che a 16, con un turno a eliminazione diretta in più, ha come secondo fine il miglioramento del ranking FIFA?

Sarà interessante -almeno per quanto ci riguarda- riprendere il discorso prima dei sorteggi per Qatar 2022, giusto per vedere come saranno composte le fasce e se la Nations League abbia influito o meno. Intanto, spero non vi sia sfuggito il cambio format: nell’edizione 2018-2019 le squadre delle prime due leghe erano divise in gironi da tre, cosa che significava quattro partite di Nations e due amichevoli per ciascuna di loro nei tre slot settembre-ottobre-novembre concessi alle Nazionali; adesso siamo arrivati a gironi da quattro, che vogliono dire sei partite di Nations e zero amichevoli, con conseguente aumento del peso medio di ogni partita.
A margine di tutte queste sperequazioni, speriamo che il campo ci offra partite degne di nota come fece la scorsa edizione, soprattutto nella fase di qualificazione: in fondo uno Svizzera-Belgio, un Germania-Olanda o una Inghilterra-Croazia, ma anche una Polonia-Italia, sono valse nella scorsa edizione il prezzo del biglietto.