Please, let’s now focus on the football!
Gianni Infantino, Fatma Samoura (lettera FIFA, 4 novembre 2022)

Il calcio non vive in una bolla; al mondo ci sono tante cose brutte; non è, però, detto che il calcio debba essere trascinato dentro «ogni battaglia ideologica o politica esistente». In una lettera inviata a ciascuna delle 32 finaliste, a quindici giorni di distanza dal calcio d’avvio di Qatar 2022, la FIFA ha di fatto suggerito questo ragionamento a sostegno della sua “appassionata” richiesta a focalizzarsi su quello che dal 20 novembre accadrà in campo. E se, da un punto di vista strettamente formale, il sillogismo proposto non è scorretto grazie al sapiente uso del quantificatore ‘ogni’, sul piano sostanziale l’ipocrisia della federazione internazionale appare talmente palese che, in risposta, il sentimento prevalente è più il disgusto che la rabbia. Le “battaglie” di cui parla la lettera sono, infatti, quelle per i diritti umani e per i diritti civili, di cui la FIFA si fa spesso promotrice in astratto (vedi slogan tipo For the Game. For the world o spot in cui bimbi e bimbe di diverse latitudini provano gioia nel far rotolare un pallone), ma che la stessa FIFA non supporta nei fatti – scusate il blando eufemismo – andando, ad esempio, a giocare un Mondiale in stadi, che sono costati migliaia di vittime tra i lavoratori migranti impiegati nella loro costruzione, o invitando le persone LGBTQ+ in trasferta al seguito delle proprie Nazionali a non scambiarsi effusioni in pubblico, in nome di un fantomatico rispetto degli usi e costumi del posto tipo la condanna a morte per gli omosessuali.

Dieci federazioni europee hanno risposto alla FIFA con un’altra lettera, congiunta, in cui si metteva in evidenza come i diritti umani siano universali e si applichino ovunque perché predicare rispetto per la diversità e tolleranza, come fa la FIFA nella sua missiva, significa anche supportare i diritti umani e non certo far finta di niente se si è chiamati a essere testimoni di una mega evento economico-sportivo che metterà sotto i riflettori, in mondovisione, un paese in non c’è tolleranza e la diversità non è rispettata per legge. Otto delle federazioni firmatarie hanno la propria Nazionale in partenza per l’emirato (Germania, Inghilterra, Belgio, Olanda, Svizzera, Galles, Portogallo, Danimarca)1. Alcune di queste hanno già annunciato azioni simboliche: la Danimarca, ad esempio, vestirà con un completo nero, in ricordo dei morti sul lavoro per la costruzione degli stadi; l’Inghilterra e, forse, il Galles giocheranno con una fascia rainbow al braccio, in supporto alle lotte della comunità LGBTQ+. Guardando fuori dall’Europa, anche l’Australia a fine ottobre ha preso posizione; in particolare, è stata la prima Nazionale a rilasciare un messaggio collettivo in cui si sollevavano le arcinote criticità riguardo ai diritti dei lavoratori.

Ad ogni modo, sarà anche perché vogliamo vedere se e quanto giocatori, allenatori, tifosi riusciranno a far sentire il proprio dissenso durante la rassegna iridata che non siamo in disaccordo con l’appassionato invito di Infantino e soci a far “finalmente” parlare il campo. Ma non è l’unico motivo. Nutriamo, infatti, un terribile sospetto e siamo curiosi di sapere proprio dal campo e già a partire dalla partita inaugurale quanto sarà fondato.
La prendiamo un po’ alla lontana. Il Qatar non ha mai ottenuto risultati di rilievo in un Mondiale (anzi, a tutt’oggi non si è mai qualificato per una fase finale) e, d’improvviso, si ritrova ad organizzarne uno. Una situazione che, in partenza, ricorda quanto accaduto nel 2010, con il Sudafrica, e nel 2002, con la Corea del Sud e il Giappone, in occasione dei primi Mondiali della storia giocati, rispettivamente, in Africa e in Asia. Ora, i Bafana Bafana nel 2010 si comportarono in maniera degna, sconfissero la Francia vice-campionessa in carica, ricevettero tante pacche sulle spalle, ma di fatto non andarono oltre il primo turno; anche il Giappone nel 2002 fece bella figura e raggiunse per la prima volta la fase a eliminazione diretta. Chi stupì, però, furono i coreani e non solo per la buona organizzazione tattica: le circostanze in cui gli arbitri presero decisioni a loro favore furono così tante che il quarto posto finale non possono certo essere narrati con la categoria della “favola calcistica”, tanto più in Italia.
Bene, con tutti gli investimenti fatti (e le mazzette distribuite qua e là), con tutte le polemiche sorte in merito alla riorganizzazione dei calendari per venire incontro alla necessità di giocare in autunno-inverno e non a giugno-luglio quando si viaggia costanti sui 35°-40°, con tutta la fatica da parte FIFA per mettere a tacere polemiche e inchieste varie e a far passare tutto per normale, crediamo che un Qatar che esca al primo turno sia un evento da non considerare. Temiamo, altresì, che i qatarioti possano spingersi fino ai quarti di finale, magari anche aiutati da qualche decisione compiacente, e lì immolarsi al cospetto dell’Argentina di Messi.

Previsioni, anzi “iperstizioni” a parte, c’è un aspetto che avvantaggerà sicuramente i padroni di casa, un aspetto che è conseguenza diretta di una delle storture che questa edizione del Mondiale porta con sé. Ci riferiamo alla possibilità che ha avuto il ct Felix Sanchez di avere con sé i giocatori dal 14 settembre o, giù di lì, da quando cioè la Qatar Stars League è sospesa. In Europa, invece, i campionati si giocano fino a una settimana prima del calcio d’inizio del Mondiale, perché -ovviamente- servono tutti i giorni possibili per far stare in piedi una stagione così densa di appuntamenti. Questo significa che nessuna squadra che ha un minimo di aspirazioni in Qatar potrà ritrovarsi se non a distanza di pochi giorni dall’esordio mondiale, come se si trattasse di una normale partita di qualificazione. Senza contare il numero di match sulle gambe che ha già chi viene dai principali campionati europei.
A dare manforte alle aspirazioni della Nazionale padrone di casa ci sono anche gli incoraggianti risultati ottenuti a livello internazionale. Dopo la vittoria in Coppa d’Asia nel 2019 e il fermo Covid, il Qatar nel corso del 2021 ha raggiunto le semifinali sia nella Gold Cup che nella Coppa Araba, fermato, di misura, rispettivamente da Stati Uniti e Algeria2. Da tenere d’occhio ci saranno sicuramente Ali Almoez, l’attaccante più prolifico, e il suo compagno di reparto Akram Afif, ma con il prosieguo del torneo cercheremo di capire quanto avrà senso parlare (anche) di risultati e prestazioni.

In evidenza: un momento di Qatar-Algeria 1-2, semifinale della Coppa Araba 2021