È la prima volta che l’Italia deve affrontare un vero e proprio girone di qualificazione per accedere alla fase finale dei Mondiali. Irlanda del Nord e Portogallo le avversarie. Lo stentato 1-0 ottenuto a Roma all’esordio contro i nord-irlandesi il 25 aprile 1957 non promette bene e, infatti, un mese dopo arriva una sonora sconfitta per 3-0 a Lisbona. Quando la Nazionale italiana è chiamata nuovamente a giocare, la classifica dice Irlanda del Nord e Portogallo 3 punti in tre partite, Italia 2 punti in due partite: conti alla mano se gli azzurri perdono a Windsor Park niente Mondiali, se escono indenni da Belfast il 4 dicembre hanno poi il match point in casa contro il Portogallo.
La preparazione al match avviene in un’atmosfera molto tesa perché tutti a Belfast sentono molto vicina l’impresa. Del resto, nella partita d’andata la Nazionale dell’Ulster ha colpito ben tre volte i legni della porta di Lovati in un arrembante finale e meritava decisamente il pareggio. La nebbia complica ancor di più la situazione, il direttore di gara designato, l’ungherese Zsolt, non ce la fa ad arrivare perché tutti i voli sono bloccati. Così, sul piatto le due federazioni di Italia e Irlanda del Nord si ritrovano due possibili soluzioni: chiamare un arbitro inglese a dirigere l’incontro o posticipare il match dal mercoledì al giovedì. Alla prima ipotesi, neanche a dirlo, sono contrari gli italiani per paura della fregatura, anche se Aston e la battaglia di Santiago sono ancora di là da venire. Alla seconda si oppongono i nord-irlandesi ma per una questione più tecnica, visto che i verdi militano per lo più in Inghilterra e Scozia e lì si gioca al sabato.
Ne esce un nulla di fatto e una decisione che sembra salomonica ma che per gli azzurri si rivelerà controproducente: il 4 dicembre si gioca lo stesso, ma un’amichevole e con arbitro casalingo; il match “vero” si recupererà in altra data.
La cosa curiosa, osserva sempre Pozzo, è che accettare il 2-2, pur se ottenuto in una partita sui generis, avrebbe fatto molto comodo all’Italia. E, invece, a distanza di quaranta giorni, il 15 gennaio 1958, eccoli tutti di nuovo a Windsor Park, Irlanda del Nord, Italia e arbitro Zsolt, stavolta di persona, a decidere in modo inequivocabile le sorti del girone.
A Milano, il 22 dicembre 1957, come ci si attendeva, l’Italia ha restituito il 3-0 al Portogallo e così a Belfast le basterebbe pareggiare di nuovo. Paradossalmente, l’aria che si respira è meno tesa rispetto a quella di inizi dicembre. Il pubblico ha forse capito che è già una conquista se la non sfida si gioca in campo neutro, visto quanto accaduto in precedenza, e per questo assume un comportamento molto corretto. Certo, i gol, con cui McIlroy e Cush nella prima mezzora portano avanti i padroni di casa, sono il miglior viatico per spalti tranquilli e festosi. E gli azzurri? «All’osservatore non volutamente ammalato di tifo, appariva chiaro sin da allora che, a meno di un caso o di un miracolo, uno svantaggio simile noi non lo avremmo mai rimontato».
Il caso arriva, il miracolo no. Ironia della sorte al 56′ Dino Da Costa, all’esordio da oriundo in maglia azzurra, segna il 2-1 grazie a un’azione di carica al portiere, agevolata dal fatto che a difendere i pali dei verdi ci sia il trentenne Uprichard del Portsmouth e non l’esperto Gregg del Manchester United, bloccato proprio a Manchester dalla nebbia sempre comunque protagonista. L’espulsione, comminata a Ghiggia al 68′ per un calcio rifilato a un avversario a gioco lontano, chiude il discorso. Il pubblico assiste in silenzio, senza inveire contro l’ex uruguayano, e aspetta il fischio finale per festeggiare una qualificazione largamente meritata sul campo.
federico
I virgolettati sono tratti da articoli di Vittorio Pozzo apparsi su La Stampa il 5 dicembre 1957 o il 16 gennaio 1958