Se escludiamo il diverso esito della finale, il cammino degli azzurri ai Mondiali del 1970 ricorda molto da vicino quanto accadrà nel 1982: la TV che entra in tutte le case e rende epica una vittoria in cui si specchierà una intera generazione, un improvviso risveglio nella seconda fase di tutta la squadra e del suo cannoniere principe, un girone iniziale pieno di polemiche e povero di gol. Ed è proprio la fase oscura di quella spedizione a Messico ’70 che vogliamo raccontare.

L’Italia, agli ordini di Ferruccio Valcareggi, è inserita nel gruppo 2 con Uruguay, Svezia e Israele. L’esordio è previsto a Toluca il 3 giugno contro la Svezia. In campo c’è Sandro Mazzola e non Rivera e c’è Riva, che è incontenibile per l’incerta difesa svedese, ma ha le polveri bagnate. Così il gol vincente lo segna dopo soli dieci minuti Angelo Domenghini, fresco vincitore dello scudetto a Cagliari: batte un angolo velocemente, strappa la palla a Facchetti e fa partire uno dei suoi soliti tiri sbilenchi. Il portiere Hellström prova goffamente la presa, senza successo. Il solito golletto che basta, anche perché nella ripresa una rete di Kindvall, propiziata da un errore a centrocampo, viene annullata per fuorigioco dubbio.

Tutto è bene quel che finisce bene e poi pure l’Uruguay ha vinto. Il secondo match, tra le due favorite del girone, diventa così di più facile lettura: ritmo lento, prudenza e qualche tiro dalla distanza che, come si dice in gergo, fa guadagnare a Mazurckiewicz e Albertosi la pagnotta. Rivera ha pure la febbre e, quindi, non c’è neanche il gusto di dibattere delle scelte del ct.
carosio_bigBasta così un pareggio nella terza partita con Israele per passare e basta addirittura per arrivare primi, visto che l’Uruguay si fa sorprendentemente battere 1-0 dalla Svezia.[1] Ma ovviamente il pubblico e la stampa si aspetta che gli azzurri, campioni d’Europa in carica, vincano e convincano. Attese che andranno disilluse. L’Italia non riesce a rendersi pericolosa con continuità nel primo tempo, un gran tiro di De Sisti colpisce il palo, mentre Riva continua a litigare col gol. Qualcosa migliora nella ripresa quando Rivera fa il suo esordio (al posto però di Domenghini). Arriva anche la rete, proprio di Riva, su lancio dalla tre-quarti di Bertini ma l’arbitro brasiliano De Moraes annulla su segnalazione del guardialinee etiope Terekegn. Finisce 0-0 e ci si aspetta una tegola su Riva, che continua a inveire contro il guardalinee anche nel tunnel che porta allo spogliatoio, ignorando che il destinatario dei suoi improperi conosce l’italiano.
Invece, arriva l’epurazione di Niccolò Carosio dalle telecronache RAI. La leggenda vuole che di mezzo ci sia proprio quel guardalinee etiope e un epiteto “negraccio” a lui destinato. In realtà, Carosio non pronuncia mai quella parola in diretta TV, forse la pronuncia alla radio o forse a pronunciarla è qualcunaltro.

Lasciando il beneficio del dubbio, registriamo il tutto come un’occasione che la RAI coglie per pensionare anzi tempo l’inventore delle radiocronache e affidare il microfono a Nando Martellini.
Del resto, il buon Niccolò, da quando la TV è così diffusa, non ha più la stessa libertà che ha in radio e non può permettersi di scambiare impunemente Facchetti con Mazzola o dire che gli israeliani sono cattivi perché “non stavano mai fermi a centrocampo”.[2]

federico

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[1] Le due partite della terza giornata si disputano in due giorni differenti: il 10 giugno Uruguay-Svezia, l’11 giugno Italia-Israele. La contemporaneità nell’ultimo match verrà introdotta nel 1986, a seguito anche di quanto accaduto in Spagna nel 1982 nel match Germania Ovest-Austria. La sconfitta con la Svezia permette comunque all’Uruguay di passare il turno
[2] cfr. StampaSera 12/06/1970, pag. 1