Personaggi in cerca d’autore. 1° puntata: Lev Jašin

“La gioia di vedere Jurij Gagarin volare nello spazio è seconda solo a quella di parare un rigore.”

Lev Jašin è considerato da molti il miglior portiere di tutti i tempi, anche in quanto unico nel suo ruolo a ricevere il Pallone d’Oro, nel 1963. Ma la sua storia inizia come quella di tanti russi del novecento: nato il 22 ottobre del 1929 a Mosca, inizia a lavorare all’età di dodici anni in un’industria di munizioni, per sostituire gli operai impegnati nell’imponente resistenza all’Operazione Barbarossa. Leggenda narra che il giovane Lev in fabbrica inizi a mostrare i suoi riflessi e la sua agilità bloccando i bulloni che gli lanciano i colleghi; di sicuro la prima esperienza con la sfera di cuoio il futuro Pallone d’Oro la fa difendendo i pali della Krasnyi Bogatyr, la rappresentativa dilettantistica dello stabilimento in cui lavora. Le sue doti non sfuggono agli osservatori della polisportiva del Ministero dell’Interno, la Dinamo Mosca, che inizialmente lo ingaggiano come portiere della squadra di hockey, poiché la porta nel calcio era difesa  da Aleksej Khomič, titolare (apparentemente) inamovibile.

A pochi chilometri dal letto di morte di Stalin, Jašin vince il campionato sovietico del 1953 respingendo ripetutamente il disco di metallo, ma il suo destino era un altro: l’anno successivo un grave infortunio alla “tigre” Khomič gli permette di passare finalmente al calcio. Malenkov diventa segretario del PCUS e il venticinquenne Jašin esordisce contro la Torpedo Stalingrado, venendo subito ingannato da un lunghissimo rinvio del portiere avversario che entra beffardamente in rete. Per fortuna la Dinamo Mosca poi segna cinque gol in quella partita e l’erroraccio del neo-portiere passa in secondo piano; questa è stata la prima delle sue 326 presenze con la squadra moscovita, che ha poi portato alla vittoria di 5 campionati sovietici e 3 coppe dell’URSS. Ben presto inevitabilmente arriva anche la convocazione in Nazionale, trascinata da Jašin alla vittoria delle Olimpiadi di Melbourne del 1956 e degli Europei in Francia del 1960 (in entrambe le occasioni sconfiggendo la Jugoslavia in finale), nonché alla finale degli Europei del 1964 (persa contro i padroni di casa spagnoli). Il suo primo Mondiale da titolare è quello in Svezia del 1958, che peraltro fu anche il primo a essere trasmesso in mondovisione grazie allo Sputnik II, ma l’Unione Sovietica viene eliminata ai quarti proprio dagli svedesi; stesso destino quattro anni dopo in Cile, sempre per mano dei padroni di casa. Nel 1966 invece Jašin guida i suoi alla conquista del quarto posto ai Mondiali inglesi, tutt’ora miglior piazzamento della federazione calcistica russa. Varie ciliegine spiccano sulla torta della carriera di Jašin, come il record – ancora imbattuto – di 150 rigori parati, le 207 partite in cui la sua rete resta inviolata e soprattutto la maggiore onorificenza sovietica in tempo di pace, l’Ordine di Lenin, con cui il portiere più forte del XX secolo viene insignito nel 1968.

“Che portiere è quello non tormentato dal gol che ha subito? Deve esserlo! Se rimane calmo, è la fine. Non importa chi sia stato in passato, egli non avrà futuro.”

Nel linguaggio giornalistico, sovente si ricorre all’espressione “estremo difensore” per indicare un portiere; va precisato che fino agli anni ’60 il ruolo del portiere era ben diverso, egli se ne stava tra i pali ad attendere che accadesse qualcosa, senza partecipare attivamente alle azioni. A tal proposito, non bastano le mere statistiche a rendere sufficientemente omaggio a Jašin, alla sua importanza per il gioco del calcio: il portiere russo è stato il primo a usare le mani in tutta l’area di rigore (il soprannome “ragno nero” non gli è stato affibbiato solo per il colore delle sue divise che intimidivano gli avversari), a comandare la difesa, a far subito ripartire il gioco con lunghi rinvii, in sostanza a rivoluzionare per sempre il suo ruolo.

“Il mio segreto? Prima di ogni partita fumo una sigaretta per rilassare i nervi e butto giù un po’ di vodka per tonificare i muscoli.”

Il suo addio al calcio avviene il 27 maggio 1971 a Mosca, in uno stadio Lenin gremito – si parla di circa 100.000 presenti – per una partita a cui partecipano anche calciatori del calibro di Bobby Charlton, Facchetti, Gerd Müller e Dzajić.[1] Dopo il ritiro Lev allena squadre minori e giovanili, la sua passione per il bere diventa patologica e nel 1985 – dopo un grave incidente – gli viene amputata una gamba; muore cinque anni dopo di cancro allo stomaco, sessantunenne. Nel 1994 nasce il premio Jašin (dal 2010 Guanto d’Oro), assegnato dalla FIFA al miglior portiere del Mondiale, premio vinto da fuoriclasse come Preud’homme, Barthez, Kahn e Buffon.

daniele

Puntata successiva: Matthias Sindelar

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[1] URSS-Resto del Mondo 2-2, Reti: Khmelnitzkiy e Sabo per l’URSS, Jekov e Mészöly per il Resto del Mondo. Jašin lascia il campo al 51′ senza aver subito gol