Domenica 2 luglio si è chiusa la FIFA Confederations Cup 2017, la prima manifestazione riservata a Nazionali maggiori in cui è stato testato il nuovo prodotto della svolta tecnologista abbracciata improvvisamente dalla FIFA qualche anno fa. Parliamo del VAR, acronimo per Video Assistant Referee. Sarebbe certamente sbagliato in un mondo ipertecnologico come il nostro lasciare gli arbitri senza possibilità alcuna di avvalersi di occhi altrui in caso di dubbio. Il problema è che il VAR è sembrato un assistente potenzialmente troppo invasivo. Una cosa ben diversa dalla Goal Line Technology, gettata nella mischia solo per capire se la palla attraversa o meno completamente la linea di porta e in grado già nei Mondiali brasiliani del 2014 di mostrare la sua utilità (vedi il gol concesso a Benzema contro l’Honduras).
Vediamo più nel dettaglio quali sono state o quali potranno essere a parer nostro le criticità e quali le cose su cui si può agire da subito.

Lo snaturamento del fuorigioco. Per molti italiani appassionati di calcio la prima serata in compagnia del VAR è stata quella del 15 novembre 2016, quando a San Siro si sono affrontate in amichevole Italia e Germania. Durante il corso del match l’arbitro Soares Dias si avvale del VAR in due casi: bene sul non rigore a Belotti, ma è l’annullamento della rete di Volland a lasciare parecchi dubbi. L’assistente umano dell’arbitro Barbosa Tavares alza la bandierina in diretta, i replay sembrano mostrare che l’attaccante tedesco è invece in linea, eppure il direttore di gara sentenzia che è offside: l’ex fischietto svizzero Busacca, designatore FIFA, a fine partita rivela che Volland aveva un ginocchio in fuorigioco. Una cosa che solo un computer può accertare.

In Cile-Camerun di Confederations Cup è successa una cosa simile, forse ancor più grave. Il gol realizzato da Vargas a fine primo tempo sembra regolarissimo a velocità normale anche al guardalinee e rimane tale nei due lunghi minuti in cui vengono riproposti i replay. Poi arriva la sentenza: anche qui il ginocchio è oltre la linea e, in base all’attuale norma sull’offside, la rete va annullata perché di ginocchio ci si può segnare (anche se, a parte Gullit in un Milan-Torino del 1991/92 o Vieri nel derby del 3 marzo 2002, non è che ricordi molti gol volutamente segnati così).
Il controsenso è palese: per un computer ginocchio, testa o piede destro sono la stessa cosa, perché il regolamento le equipara. L’occhio tecnologico snatura una regola pensata per un occhio umano. Viene alla mente quanto detto da Busacca alla Gazzetta dopo la sopracitata Italia-Germania:

si sta lavorando a uno strumento che valuti l’offside modello goal line, in grado di dare in tempi rapidissimi una sentenza definitiva pure sul centimetro. L’alternativa è cambiare la regola, rendendola più snella e riportando indietro le lancette del tempo

A onor del vero sembra che il VAR abbia già capito tutto sul fenomeno della compensazione degli errori, visto che proprio in Cile-Camerun al 90′, sul risultato di 1-0, convince l’arbitro a convalidare un gol sempre di Vargas che il guardalinee aveva giudicato irregolare.

Fermate quel cronometro! Seconda criticità, la più facile da mettere a posto, anche perché basta vedere cosa accade nel rugby, dove l’intervento del TMO, il Television Match Officer, fa stoppare il cronometro, pur non essendoci il tempo effettivo. Adesso è l’arbitro a includere nel recupero a sua discrezione il tempo speso per il VAR. Nella finale di Confederations Cup 2017 Cile-Germania, ad esempio, è sembrato troppo ridotto il recupero di cinque minuti assegnato al termine di un secondo tempo caratterizzato da due chiamate al VAR e da cinque sostituzioni.
Sospensione del tempo di gioco che, però, non deve rendere infiniti i tempi di consulto. Gente che festeggia e che poi due minuti dopo scopre che il gol fatto non vale, vedi Pepe e i suoi nella Portogallo-Messico giocata nel girone, è cosa davvero brutta. Figuriamoci se poi si scopre che magari il gol va annullato per una cosa che a occhio nudo è impossibile o quasi da notare.
In fondo l’offside di mezzo centimetro non ha mai indignato nessuno se in campo i giocatori non protestano. Pensate a Juventus-Milan 2-1 del 10 marzo 2017. Verrà ricordata per il contestato rigore dato alla Juventus all’ultimo secondo del recupero per mani di De Sciglio e non certo per il gol segnato da Bacca partendo da posizione leggermente irregolare, cosa che né guardalinee, né i bianconeri avevano rilevato.

La legge del più forte. Se VAR e fuorigioco con un po’ di buonsenso e di pratica possono diventare in futuro buoni amici, c’è una cosa che ci lascia più perplessi. Il direttore di gara, cui spetta sempre l’ultima decisione, può chiamare in causa il VAR in caso di rigori o espulsioni. Prendiamo quanto accaduto nella già citata Cile-Germania. Al 20′ del secondo tempo Timo Werner viene toccato da Jara e va a terra. L’arbitro serbo Mažić, che da inizio ripresa aveva dato segni di perdita di controllo di un match divenuto nel frattempo più duro e nervoso, chiama in causa il suo assistente elettronico e, poi, nonostante il replay evidenzi come Jara abbia rifilato una gomitata in faccia a Werner, decide di punire il difensore solo con il giallo.
La tensione in campo aumenta e nei minuti finali, quando Vidal cade in area di rigore dopo un contrasto di spalla apparso nettamente regolare, l’arbitro si ferma. Ammonisce Vargas che chiede l’intervento del VAR e poi va a bordo campo, a quanto pare controlla le immagini, e comunque non cambia decisione.

La domanda che ci facciamo è questa: se al posto di Vidal ci fosse stato un Neymar in verde-oro o un Cristiano Ronaldo in maglia dei blancos, sarebbe finita allo stesso modo? Quanto un arbitro mediocre o uno bravo ma in confusione è in grado di sopportare la tensione al quadrato che genera in questi casi la possibilità di rivedere il tutto?
La voce del più forte rischia di avere tramite il VAR un palcoscenico in più per essere ascoltata e non un resoconto oggettivo in grado di metterla a tacere.

In sostanza, crediamo che allo stato attuale delle cose, con o senza VAR, l’arbitro giapponese Nishimura concederebbe lo stesso a Fred lo scandaloso penalty che nel match inaugurale del Mondiale brasiliano permise ai verdeoro di portarsi sul 2-1 contro la Croazia. Per questo, forse, bisogna aspettare ancora un po’ e non bruciare questo VAR appena dopo il suo varo.

federico

Avvertenze: il gioco di parole scelto per il titolo potrebbe risultare chiaro solo a chi -come l’autore- ricorda per imperscrutabili motivi che il Var è un dipartimento francese, precisamente della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra