E adesso come si fa a non passare per boomer… se al solo nominare la lotteria dei rigori ci vengono ancora in mente, nell’ordine, l’aggettivo “cinica”, la canzone che Elio e le Storie tese dedicarono all’epilogo del Mondiale statunitense, Franco Baresi che piange e Roberto Baggio che butta la palla chissà dove… e poi ancora il gol di Caniggia, Zenga che non para e Goycoechea che lo fa… o la Bandabardò che “manifesta” «contro ogni occasione persa / i calci di rigore sulla traversa» (leggi Gigi Di Biagio, Francia 1998).
Non è questione di nostalgia: ciò che accade quando si è più giovani lo si ricorda più distintamente e lo si conserva così tanto tempo in memoria che poi diventa una parte di sé. Se poi pensiamo a quante vittorie internazionali le squadre di club portavano a casa negli anni Novanta del secolo scorso e a come, di contro, la Nazionale si fermasse sempre a undici metri dall’obiettivo, ecco il perché di tanta tristezza in fondo al cuore ogni volta le parole Italia e tiri di rigore vengono accostate.
Rovesciando, però, il discorso, possiamo supporre che, in futuro, chi ha adesso tra i dodici e i venti anni proverà sempre un sottile piacere a vedere una Nazionale italiana giocarsi il passaggio del turno o la vittoria in una manifestazione dal dischetto. Una sorta di fiducia di default legata a quella volta che, nel giro di pochi giorni a Wembley, gli azzurri di Mancini fecero fuori Spagna e Inghilterra e alzarono la coppa. Boomer versus Generazione Z a parte, cerchiamo di dare una veste storico-statistica alla percezione che l’Italia tanto scarsa ai rigori non lo è più. Anzi…
A tutto Euro 2020, il computo totale dice sei vittorie e sette sconfitte nei match della Nazionale decisi tramite la “lotteria dei rigori”. Se ci concentriamo su Europei e Mondiali e non consideriamo le finaline[1] si arriva a cinque pari, con l’inevitabile considerazione che tra il 2000 e il 2021 lo score è ben più lusinghiero: solo due sconfitte (Spagna, Euro 2008, e Germania, Euro 2016), entrambe all’altezza dei quarti, e percorso netto in semifinali e finali.
Il primo storico successo è arrivato nel match in cui probabilmente l’Italia meritava meno di passare il turno per quanto mostrato in campo, soprattutto nei primi novanta minuti. Parliamo della semifinale di Euro 2000 giocata a Rotterdam contro l’Olanda, quella dell’espulsione di Zambrotta a metà primo tempo, del palo di Bergkamp e dei due rigori non realizzati da Frankie De Boer e Kluivert nel corso dei tempi regolamentari, delle parate di Toldo e, ovviamente, del cucchiaio di Totti. Gli orange erano, però, i padroni di casa ed erano i favoriti dal pronostico e questo alla fine pesò.
Il fatto è che chi arriva ai tiri dal dischetto con la mente più lucida e meno da perdere ha in genere la meglio. La vittoria nella finale mondiale del 2006 con la Francia ci dice questo: i bleus erano indicati come i favoriti, si sentivano più forti, ma non riuscirono a conservare il vantaggio iniziale e, con il passare del tempo, rimasero sempre più impelagati nel gioco azzurro che badava più a conservare che a costruire. Tanto che il loro capitano perse la testa.
L’atto conclusivo di Euro 2020 ha visto un andamento simile. Con l’aggravante per gli inglesi che la loro squadra, nonostante la maggiore caratura internazionale, ha speculato sul vantaggio, ha rinunciato a fare la partita dopo la prima mezzora e ha consentito all’Italia di imporre alla lunga il proprio gioco. Da cui il pareggio, sia pure fortunoso.
Ben più complesso il successo ottenuto sempre ai danni dell’Inghilterra a Euro 2012. In quel caso erano gli azzurri i favoriti alla vigilia – come contro l’Argentina a Italia ’90 -, giocarono complessivamente meglio degli avversari, colsero un palo con Diamanti a pochi minuti dal termine dei supplementari e si trovarono sotto dopo due tiri dal dischetto per l’errore di Montolivo. Poi ci fu il cucchiaio di Pirlo, vera sliding door per quella sfida.
Delle cinque vittorie ne manca una, quella in semifinale contro la Spagna a Euro 2020. Un incontro che non è facile da incasellare secondo lo schema usato in precedenza, perché l’Italia era considerata la favorita, ma Luis Enrique ne ha imbrigliato il gioco; perché la Spagna avrebbe meritato, ma ad andare in vantaggio è stata la squadra di Mancini; perché gli azzurri sembravano ormai in finale, ma poi Morata ha pareggiato. Non molto chiaro, quindi, quale delle due squadre avesse meno da perdere ai rigori. Molto più chiaro, però, quale delle due squadre vi si è approcciata con più lucidità o addirittura spavalderia: basta vedere come Chiellini ha bullizzato Jordi Alba (non uno qualunque) al momento del lancio della monetina per decidere a chi spettava il primo rigore e la freddezza con cui Jorginho ha realizzato l’ultimo penalty, quello decisivo.
Dal “Capitano della compagnia” che piange perché ha sbagliato e dal Pagliuca che, sempre nella canzone di Elio, si butta a casaccio sperando che «la vada fora», sembra davvero passato tanto tempo. Meglio così, vorrà dire che quando a loro volta quelli della Generazione Z diverranno boomer, potranno sempre ricordare di quando Bernardeschi segnò un penalty perfetto contro la Spagna e di Donnarumma, che parò i rigori di Sancho e Saka e fece sbagliare Rashford. Gli errori di Locatelli, Belotti, persino quello in finale di Jorginho scivoleranno via, a far compagnia alle inutili realizzazioni di Albertini ed Evani a Pasadena.
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[1] Vengono così escluse la finalina persa contro la Cecoslovacchia a Euro 1980, la semifinale persa contro la Spagna nella Confederations Cup del 2013 e la finalina vinta contro l’Uruguay nella stessa manifestazione