Marca il 19 giugno 2002 aveva titolato in prima pagina «La Corea ha eliminato l’Italia con un gol di oro… per la Spagna» e sotto un gigantesco «A Huevo», ovvero “A fagiolo”. Accanto la spiegazione: «Se giochiamo a calcio, non dobbiamo temere né i tifosi, né l’arbitro», una stoccata alle polemiche che giocatori azzurri e giornalisti italiani stanno tirando su contro l’operato dell’arbitro Byron Moreno.
La domenica successiva l’altro quotidiano sportivo spagnolo, AS, fa ammenda per sé e probabimente per tutta la Spagna e poco sopra un «¡Robo!» a caratteri cubitali, scrive che l’Italia aveva ragione. Quello che è appena avvenuto nella sfida tra la Roja e la Corea del Sud va, infatti, ben al di là del tollerabile, persino per chi il 23 giugno si è affacciato al quarto di finale del Mondiale nippo-coreano da semplice telespettatore.
La Spagna si presenta ai nastri di partenza senza Raul, infortunato. Il gioco degli iberici ne risente, a detta del giornalista di ABC che parla di Raul-dipendenza. I coreani, dal canto loro, sembrano stanchi e hanno tutt’un altro ritmo rispetto a quello forsennato messo in mostra contro la Nazionale italiana. Anche per questo fanno tanti falli -specie su Joaquin- senza tuttavia che l’arbitro egiziano Gamal Ghandour estragga il cartellino giallo.
Si naviga, insomma, in attesa dell’episodio che a inizio ripresa sembra immancabilmente arrivare. Punizione per la Spagna dalla tre quarti, l’ex romanista Helguera salta in mezzo a due avversari ed è proprio uno di questi, Kim Tae-Young a colpire la palla e mandarla nella sua porta. Ghandour, però, fischia il più classico dei falli di confusione: il replay, infatti, non evidenzia irregolarità commesse né da Helguera, né da Baraja, il più vicino a Kim. Gli spagnoli sono sorpresi dalla decisione arbitrale e non protestano troppo: in fondo hanno capito che un golletto si può fare. Una maggior determinazione, però, la mettono in campo solo a partire dai supplementari alla ricerca di quella “rete di oro” che farebbe finire la partita all’istante.
E al primo minuto della prima frazione della próroga, «Joaquin arriva fino alla linea di fondo, centra e Morientes segna di testa, ma il guardalinee segnala, senza motivo, che il pallone è uscito», dice La Vanguardia.[1] Il guardalinee in questione è Michel Ragoonadh, proveniente da Trinidad e Tobago. Il suo collega, l’ugandese Ali Tomusange, non gli è comunque da meno e al minuto 110 blocca Luis Enrique lanciato da solo verso la rete: i due «collaboratori, o come diavolo si chiamano- scrive ABC- alzavano la bandierina ogni volta che la Spagna si avvicinava all’area coreana». In mezzo a tutto questo, al 99′, Morientes colpisce anche un palo, lasciando tutti col dubbio: la terna avrebbe trovato anche in questo caso qualcosa di irregolare da fischiare? Si va così ai rigori e i sudcoreani, che non aspettavano altro e che molto in settimana si erano allenati a riguardo, sono infallibili. Il quarto penalty spagnolo è invece sbagliato da Joaquin e così lo score finale dice Corea del Sud 5, Spagna 3.
La Vanguardia, in fondo, dopo aver visto l’ottavo tra padroni di casa e Italia, aveva presentito che qualcosa sarebbe andato storto e, così, tramite i suoi articoli comunica più un senso di sconforto che altro. Anche il titolo di apertura, «Derrota por tradición», lascia intendere che solo il mezzo in questo caso è stato diverso -un arbitraggio in mala fede-, ma che all’eliminazione ai quarti di una grande competizione gli spagnoli sono abituati.[2]
Ben diverso il sentimento di quelli di ABC che, invece, avevano lodato la Corea di Hiddink dopo la sua vittoria con l’Italia, minimizzando sulle decisione arbitrali sfavorevoli agli azzurri. Adesso si sentono di aver preso una grossa cantonata e sparano a zero, a partire dal titolo che introduce le pagine sportive: «Amicizie sospette», posizionato sotto una bella foto in cui Ghandour e Hiddink quasi si abbracciano. Seguono pagina con tutti gli errori arbitrali commessi fino a quel momento nel Mondiale (e stavolta in Corea del Sud-Italia sono segnalate ben tre situazioni in cui Byron Moreno e compari sembrano aver favorito i padroni di casa) e un’editoriale al veleno dell’ex centrocampista madrilista Ricardo Gallego dal titolo «Son cobardes y vividores», che ci sentiamo di tradurre con «Sono codardi e paraculi» e fa riferimento a quella gente che non mette la faccia, s’ingrassa dietro le quinte e «manda in guerra poveri infelici che compiono ordini senza fiatare». Che il presidente della FIFA Blatter sia tra costoro sembra chiaro, Gallego comunque assicura: «ne conosco così tanti che non entrano in un ascensore».
Non è la sconfortante e apocalittica “morte” del calcio di cui parlava la scritta dell’anonimo fiorentino da cui questa storia è partita, nondimeno l’immagine dei vertici FIFA che non riescono a uscire da un ascensore perché troppo panciuti può essere una degna conclusione.
federico
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[1] Non possiamo parlare tecnicamente di gol annullato perché Ghandur fischia la rimessa dal fondo nel momento in cui Morientes colpisce di testa. Il portiere Lee Woon non accenna, quindi, il tuffo, ma è molto probabile che comunque non sarebbe riuscito a intercettare il pallone
[2] Tra il 1934 e il 2002 la Nazionale spagnola è stata eliminata ai quarti di finale in quattro edizioni dei Mondiali e in cinque edizioni degli Europei