Una Coppa sospesa tra due continenti. 1° puntata: La Coppa Intercontinentale Europeo-Sudamericana. Anni Sessanta, prima parte
Son passati quattro anni dall’inizio del dominio in Coppa Campioni d’Europa del Real Madrid di Gento, Puskas, Di Stefano, Del Sol e dell’arcigno terzino Santamaria, quando la Conmebol fa il grande passo e inventa la Copa Campeones de América, che nel 1965 assumerà l’affascinante denominazione Copa Libertadores de América. Ben più breve il salto che porta alla sfida tra la più forte squadra di club europea e la più forte squadra di club sudamericana. Così, alla fine dello stesso 1960, Peñarol di Montevideo e ovviamente Real Madrid si contendono la prima Coppa Europeo-Sudamericana, per gli amici Coppa Intercontinentale. Le merengues del presidente Santiago Bernabéu non si lasciano sfuggire l’occasione e dopo il pareggio a reti inviolate in Uruguay travolgono gli aurinegros a Madrid: nei primi nove minuti vanno in gol con Puskas, Di Stefano e di nuovo con Puskas, poi segnano Herrera e Gento a cavallo delle due riprese e solo all’80’ l’ecuadoregno Alberto Spencer sigla il gol della bandiera per il 5-1 finale.
Seguono due vittorie sudamericane e due sconfitte del Benfica. La prima ad opera del Peñarol arriva allo spareggio, la seconda per mano del Santos di Pelé è più netta (3-2 a São Paulo e 5-2 a Lisbona) e diventa la prima di una lunga serie di sconfitte consecutive in finali internazionali subite dai portoghesi.
Poi nel 1963 per la prima volta un’italiana potrebbe ufficiosamente fregiarsi del titolo di squadra più forte al mondo: è il Milan di Altafini, Rivera, Trapattoni e Cesare Maldini. Due “piccoli” ostacoli sulla strada: il Santos di Pelé e Gilmar, campione in carica, e il fatto di dover giocare il ritorno e l’eventuale bella in continente avverso.[1]
Dopo il 4-2 dell’andata a San Siro e i primi 45′ al Maracanã la coppa sembra incredibilmente cosa fatta, visto che i rossoneri sono avanti di due gol, segnati da Altafini e Mora, e Pelé non è in campo. Poi l’uragano Brozzi, dal nome dell’arbitro argentino dell’incontro, si abbatte sullo stadio di Rio: i brasiliani cominciano impunemente a picchiare duro, ogni reazione milanista origina interventi arbitrali e in mezzo al diluvio Pepe con una doppietta, Almir e Lima mandano le squadre allo spareggio. Due giorni dopo, stesso stadio, stesso arbitro. Stavolta al Santos basta un gol, di Dalmo, alla mezzora, su un rigore suggellato dall’espulsione per proteste di Cesare Maldini.
Il Milan torna a casa malconcio e senza coppa, ma questa disavventura è nulla in confronto a quanto deve subire sei anni dopo a Mar del Plata, una serata in cui la conquista della prima Intercontinentale passa decisamente in secondo piano. È il 22 ottobre 1969, il Milan all’andata ha vinto 3-0 con doppietta di Sormani e gol del traditore Combin, argentino di passaporto francese. L’Estudiantes è nota per la sua rudezza e per la classe de La Bruja Juan Ramón Verón (padre del futuro giocatore di Sampdoria, Parma, Lazio e Inter), un mix che l’anno prima ha mandato fuori fase il Manchester United (1-0 a Mar del Plata, 1-1 a Old Trafford) e ha permesso di alzare la coppa.
Però, i platensi contro il Milan hanno un’unica speranza: buttarla ancor di più sull’intimidazione e sul piano fisico, visto che il regolamento è cambiato e la differenza reti vale. E quella sera riescono a dare il peggio.
I giocatori argentini entrano in campo ciascuno con un pallone e per riscaldarsi prendono a pallonate i milanisti schierati a centrocampo, mentre il pubblico per non sentirsi da meno fa piovere del caffè sui rossoneri, secondo quanto racconta il milanista Lodetti. Quando l’arbitro cileno Massaro fischia l’inizio gli argentini possono dedicarsi anche agli stinchi dei loro avversari. Il Milan passa con Rivera, uno dei più tartassati. L’Estudiantes segna due gol alla fine del primo tempo, poi anche l’arbitro decide di farla finita e caccia Aguirre Suarez che ha falciato e costretto a uscire Combin, già preso a pugni dal portiere Poletti. Il Milan cambi non ne può fare più, visto che anche Prati e Malatrasi sono fuori azzoppati, e rimane in dieci. Al fischio finale non arriva neanche Manera, i milanisti sono increduli di essere vincitori ma anche la fuga non è semplice. Serve il presidente del Milan Carraro per riottenere il povero Combin, piantonato negli spogliatoi dalla Polizia che prova a trattenerlo chissà con quali accuse.
Insomma, un vero trionfo dello sport come e forse peggio di Cile-Italia del 1962. Per trionfi meno cruenti e più piacevoli i rossoneri dovranno, invece, attendere la fine degli anni ottanta, Arrigo Sacchi e la Toyota Cup.
federico
Puntata successiva: La Coppa Intercontinentale. Anni Sessanta, seconda parte
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[1] Il regolamento iniziale prevede che alternativamente la partita di andata venga giocata in Europa o in Sud America. Al termine dei 180′, in caso di parità di punti conquistati (a questo livello non vale, dunque, la differenza reti), si procede a uno spareggio (data e sede da concordare tra le partecipanti) nel quale sono previsti i tempi supplementari. In caso di parità al 120′ conta la differenza reti globale nell’arco dei 300′ giocati, in caso di ulteriore parità si procede al sorteggio.
Dal 1968 in poi lo spareggio viene effettuato solo in caso di parità di gol nell’arco dei primi 180′.