Pian piano diventerà Serie A. 26° puntata

Il ragionamento proposto dalla Gazzetta dello Sport era semplice: visto che la chiamata alla mobilitazione generale non era solamente attesa, ma «desiderata e voluta, poiché per essa […] abbiamo tentato di educare e di rendere più gagliarda la nostra gioventù», visto che l’«atmosfera grave e terribile della guerra» avrebbe gravato su tutti per un po’ di tempo, sarebbe stato bello vivere un’ultima domenica di sport e godersi «le ultimissime partite» del Campionato Italiano di football.
La FIGC l’aveva, invece, pensata diversamente e in una riunione svolta in tutta fretta nella notte tra sabato 22 e domenica 23 maggio aveva decretato la sospensione e il rinvio a data da destinarsi della giornata conclusiva del girone finale del campionato di Prima Categoria dell’Italia Settentrionale. Motivo addotto, proprio quella mobilitazione generale ordinata da S.M. il Re, che non avrebbe di sicuro inciso nel derby milanese Milan-Internazionale, ma avrebbe potuto ostacolare la trasferta del Torino a Genova.

In casa Genoa l’improvvisa decisione aveva prodotto sconcerto. I rossoblù, «dopo ben otto mesi di sacrificio», attendevano fiduciosi il match che poteva permettere loro di aggiudicarsi definitivamente il titolo e si lamentavano del «draconiano provvedimento» preso dalla FIGC, facendo notare come «la mobilitazione [fosse] già da tempo iniziata». Il Torino non rilasciò dichiarazioni ufficiali, ma c’è da credere che anche i granata avessero voglia di giocare e che fossero d’accordo con i colleghi genoani, tranne su chi poi avrebbe vinto il campionato. Del resto, la classifica recitava Genoa 7, Torino 5, ma all’andata un mese prima era finita 6-1 per i piemontesi.
In effetti, come avrebbe ricordato molti anni dopo Vittorio Pozzo su Il Calcio illustrato, chiamate sotto le armi e trasferimenti andavano avanti da un po’ e, per i club rimasti in lizza in campionato, ogni domenica era un susseguirsi di «ansie, lunghe attese, timore per il permesso, per il tardato arrivo del tale artigliere, alpino o bersagliere». Insomma, contarsi prima di un incontro e provare ad arrivare a undici era diventata una consuetudine, perché allora non attingervi un’ultima volta?
Persino, il Guerin Sportivo, schieratosi apertamente a favore della decisione presa dal direttivo della federazione, osservava che «l’ordine diramato sabato sera non aveva – in linea puramente sportiva – in nulla aggravato la situazione».
Senza contare che il 23 maggio a Milano, Varese, Vercelli, Olona, Pavia si erano comunque giocate partite valide per i campionati di Promozione o di Terza Categoria, tornei invero gestiti dai comitati regionali della FIGC, e che, sempre a Pavia, la sezione regionale del Reale Rowing Club Italiano aveva di fatto scavalcato quanto richiesto dal direttivo nazionale e fatto lo stesso svolgere le regate programmate.

Insomma, anche se stiamo parlando di avvenimenti che riguardano il 1915, periodo in cui il football era ancora questione per pochi, anche se di mezzo c’è una entrata in guerra dell’Italia (e non la partecipazione a surrogati bellici come missioni di pace o operazioni speciali in territorio altrui), gli ingredienti per una querelle c’erano tutti. Ecco, magari, i club coinvolti non potevano sospettare che, a cento e più anni di distanza, l’assegnazione del titolo di Campione italiano di football 1914/15 sarebbe stato ancora oggetto di discussioni.
Che la classifica Genoa 7, Torino e Internazionale 5, Milan 3 fosse da considerare definitiva e che quel campionato non sarebbe mai più finito la Gazzetta lo aveva capito già il 24 maggio 1915. La FIGC riprese le sue attività quasi quattro anni dopo quel giorno in cui il Piave «mormorò calmo e placido al passaggio dei primi fanti». Le contendenti al titolo avevano visto i loro soci, i loro giocatori andare al fronte e, a volte, non tornare, vedi Fossati, Caimi e Bavastro dell’Internazionale o Luigi Ferraris del Genoa. Far giocare nel 1919 i match rinviati quattro anni prima era fuori discussione. E, allora, andava dato il titolo al Genoa o era più giusto lasciarlo vacante?
Il 9 maggio la Stampa pubblicò un trafiletto che rispondeva alla questione:

Con una recente deliberazione della Federazione Italiana di Giuoco del Calcio venne classificato primo nelle gare di Campionato 1915 il Genoa Cricket […] Contro questa deliberazione avrebbero reclamato il Torino F.C. e l’Internazionale di Milano, allora in competizione con la Società genovese

Granata e nerazzurri erano, dunque, rimasti scontenti. Del resto, se in quell’ormai lontano 23 maggio 1915 il Torino avesse battuto il Genoa e l’Internazionale il Milan, le squadre in testa a girone ultimato sarebbero state tre.[1] Come fare a negarlo? Ad ogni modo, sarà perché la Grande Guerra era stata una parentesi troppo dolorosa, sarà perché si voleva più pensare alla ripresa che al passato (il campionato sarebbe ripartito nell’autunno del 1919), i giornali diedero spazio quasi nullo alla delibera della FIGC e a eventuali successivi reclami.

Per quanto arbitraria, la decisione della federazione aveva comunque una logica: l’alternativa era lasciare il titolo vacante. Questo, però, avrebbe privato di significato tutti gli sforzi che club e giocatori avevano fatto da ottobre 1914 a maggio 1915 per portare avanti tra mobilitazioni, permessi e licenze un campionato che doveva essere pensato in altro modo e non come se in Europa non si stesse già combattendo. Insomma, una alternativa poco patriottica che avrebbe scontentato ancor più squadre.
Il problema è che la federazione avrebbe dovuto meglio specificare quale titolo veniva riconosciuto ai rossoblù genoani e a che titolo. Perché la vincente del torneo dell’Italia Settentrionale, per essere dichiarata Campione Nazionale doveva comunque affrontare la vincente del raggruppamento centro-meridionale. Certo, nel 1913 e nel 1914 era sempre finita malissimo per la Lazio, ma i biancoazzurri avevano eliminato per il terzo anno consecutivo la concorrenza delle altre squadre romane e di quelle toscane e, quindi, formalmente, potevano ancora ambire al successo finale. Così come Internazionale Napoli e Naples che erano scese in campo persino il 23 maggio 1915, solo che, tra posizioni irregolari di giocatori e necessità di spareggi ulteriori, la guerra era arrivata prima che si fosse compreso a quale delle due compagini partenopee spettava il diritto di incrociare la Lazio per la finale del titolo del Centro-Sud[2].

A distanza di quasi cento anni, la questione della Lazio e la conseguente richiesta del riconoscimento del titolo nazionale di Prima Categoria 1915 ex aequo con il Genoa è stata posta con vigore anche in sede federale. Secondo l’avvocato che perorava la causa biancoazzurra era centrale quanto affermato nell’annuario FIGC del 1928, ovvero che al Genoa era stato conferito il titolo dell’Italia Settentrionale e non quello Nazionale. Ora, siccome la Lazio era già Campione dell’Italia Centrale al momento della sospensione bellica, per la società romana si sarebbe potuto applicare lo stesso criterio che aveva convinto la FIGC a decretare il Genoa Campione settentrionale a quattro anni di distanza: la Lazio era, tra le squadre centro-meridionali, la “più vicina” al titolo.
Dopo un po’ di strombazzamenti vari, dopo notizie sull’istituzione di una commissione federale, composta anche da storici, che doveva deliberare anche su altri scudetti contesi, il tutto è passato in secondo piano e attendiamo di sapere come finirà.

Nell’immagine in evidenza: una formazione della Lazio 1914/15, da wikipedia.

Puntata precedente: 1914/15, IL CAMPIONATO DI GUERRA

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[1] Chissà se dietro la decisione FIGC di sospendere il girone finale a una giornata dal termine non ci fosse anche il timore che quella giornata non sarebbe stata l’ultima e si sarebbe dovuto ricorrere agli spareggi
[2] Iter travagliato quello della finale a due del torneo dell’Italia Meridionale. Si consideri solo che il 23 maggio 1915 il Naples vinse 4-1 contro l’Internazionale, ma la settimana prima aveva perso 3-0, e comunque il match, secondo alcune fonti, non venne omologato