“Codesto Torino, denso di nomi altisonanti e ridondante di legittime aspirazioni, minaccia di diventare studio per enigmisti. Al momento attuale […] dovrebbe contare quattro punti in classifica…” e, invece, ne conta zero. Ad averne quattro è, invece, il Livorno che proprio al Filadelfia ha colto la sua seconda vittoria in altrettante partite. Una “squadra modesta, ma bene preparata, quella toscana”, che non appare tra le solide candidate al successo finale”. Insomma, una di quelle squadre di cui il Torino dovrebbe fare un sol boccone.

Degano segna il gol vincente al Filadelfia

Degano segna il gol vincente al Filadelfia

Il campionato di Serie A è appena alla seconda giornata e La Stampa sembra voler aprire un processo in cui imputata è la squadra granata che non ingrana nonostante il presidente Ferruccio Novo l’abbia decisamente rinforzata grazie agli innesti di Valentino Mazzola, Ezio Loik e Grezar, i primi due prelevati dal Venezia, il terzo dalla Triestina.
E fa specie, nello scorrere l’articolo, leggere come il giornalista parli del “nuovo dramma granata [che] ha avuto inizio al 6′ e si è concluso al 18′ della ripresa”, i minuti in cui i labronici Zidanich e Degano segnano ribaltando l’iniziale vantaggio per la squadra di casa siglato da Loik. Fa specie perché il Torino-Livorno, di cui si parla, è datato 11 ottobre 1942 e, con tutto il rispetto per i drammi calcistici, l’Italia ancora fascista è in quel momento alle prese con un dramma molto più grande. Ma si sa, il calcio è stato sempre per gli italiani qualcosa di più di uno stupido gioco e, a conti fatti, il duello tra Livorno e Torino andato in scena in quella stagione 1942/43 è sportivamente tutto da raccontare.

La squadra amaranto e quella granata sono antitetiche. La prima usa il Metodo, la seconda il Sistema. La prima è stata costruita pescando in Serie B i Soldani, i Miniati e i Raccis, la seconda è frutto di un piano pluriennale e, prima di Loik, Mazzola e Grezar, sono arrivati Gabetto, Ferraris II e Rigamonti. La prima scappa grazie a sei vittorie iniziali consecutive, la seconda comincia a carburare solo dopo un po’. Fatto sta che a sette giornate dalla fine il Livorno è in testa con quattro punti di vantaggio su Torino e Ambrosiana, appena sconfitta 4-2 dagli amaranto grazie a una tripletta di Stua allo Stadio Edda Ciano Mussolini (l’odierno Picchi secondo la toponomanstica fascista).

Dalla settimana successiva il Torino non sbaglia più un colpo, l’Ambrosiana si scioglie e il Livorno incappa in un mezzo passo falso (0-0 in casa con la Triestina alla 24°) e due passi falsi interi (una tripletta dell’albanese Lushta dà il 3-0 alla Juventus alla 25°, il bomber Amadei sigla l’1-0 per la Roma alla 27°). Così alla vigilia dell’ultima partita Torino chiama 42 punti e Livorno uno in meno. I granata sono in trasferta sul campo del Bari, invischiato con Venezia, Triestina e Vicenza nella lotta per non retrocedere. I labronici ospitano il Milan, anzi il Milano (in ossequio all’autarchia), che al campionato non ha nulla da chiedere.

È la domenica di Pasqua ed è il 25 aprile, ma quest’ultima data non ha ancora significato. Il Milano è il primo a segnare, al minuto numero 11 con Morselli. Questa rete serve solo a svegliare i livornesi che pareggiano con Traversa al 14′ e si portano in vantaggio al 42′ con Capaccioli, per l’occasione schierato all’ala invece che centromediano. Da Bari non arrivano notizie, Raccis mette al sicuro il risultato per i labronici al 57′ e la soluzione tramite spareggio sembra sempre più vicina. Poi al minuto 87

I granata si rovesciano all’attacco con un’azione che dalla destra si sposta alla sinistra. È come un’ondata impetuosa a cui prende parte tutta la squadra. La palla giunge a Mazzola che, in corsa, la smista verso il centro dell’area di rigore. Qui Gabetto, che sta per ricevere il passaggio, vede con la coda dell’occhio Grezar che meglio piazzato di lui [ed] eseguisce una finta, senza fermarsi nemmeno lui. […] Interviene alla disperata il mediano Menutti e, di testa, fa per passarla al proprio portiere

… e la mette, invece, in angolo. Per raccontare sulle colonne de La Stampa il gol che decide la stagione Vittorio Pozzo ci mette un’eternità, ma semplicemente non vuole tralasciare il minimo dettaglio, la minima emozione provata. Sul corner di Ossola, infatti, si susseguono i tocchi di testa dei torinisti Ellena, Loik, Gallea e di un barese non identificato, tocca poi Menutti e finalmente il sinistro di Valentino Mazzola manda la palla nel sacco.
Il piccolo Livorno vede così svanire all’ultimo ogni speranza di scudetto. Il Torino ritrova i fasti della fine degli anni Venti. Ma la guerra incombe. Nella stagione successiva si disputerà solo il campionato di Alta Italia, che registrerà l’incredibile vittoria dei “pompieri” di Spezia. Poi la stagione 1945/46 vedrà ai nastri di partenza un Livorno ancor più piccolo e un Torino ancor più grande. Anzi il Grande Torino.

federico