Personaggi in cerca d’autore. 15° puntata: Jan Jongbloed
Il portiere non deve stare solo in porta, ma all’occorrenza deve muoversi e fungere da libero aggiunto. Sono passati più così tanti anni da quando, prima Sacchi e poi Zeman, hanno rivoluzionato il modo di intendere il ruolo dell’estremo difensore qui in Italia, che quasi non ci si fa più caso. Eppure c’è stato un momento fatidico nella storia del calcio mondiale, in cui un allenatore con a disposizione una squadra fortissima ha preferito affidarsi a un semiprofessionista che gestiva una tabaccheria piuttosto che ad altri suoi colleghi portieri proprio perché il suddetto tabaccaio aveva un bel tocco di palla e non amava rimanere confinato tra i pali, dove -a dire la verità- non era un fenomeno. La squadra in questione era l’Olanda del calcio totale, il tecnico Rinus Michels, il portiere Jan Jongbloed. Cui la sorte assegnò con lungimiranza la maglia numero otto.
Jongbloed nasce nel 1940 e si lega sin dal 1959 al Door Wilskracht Sterk (DWS), club di Amsterdam che recita un ruolo importante nella Eredivisie in un periodo in cui il calcio olandese non è a tutti gli effetti professionistico e non ha ancora conosciuto la ribalta internazionale. Il DWS, con Jan in porta, vince il campionato olandese nel 1964, arriva secondo l’anno dopo e assaggia anche la Coppa Campioni, fermandosi ai quarti di finale. Per Jan arriva un fugace esordio nella nazionale olandese, cinque minuti finali e un gol preso il 26 settembre 1962 in un’amichevole persa 4-1 a Copenaghen contro la Danimarca, e tanta tranquillità da calciatore della domenica. La sua passione primaria è, infatti, la pesca, poi viene il calcio e la famosa tabaccheria non è un passatempo, ma un’attività necessaria per integrare il suo stipendio da portiere.
Intanto il calcio in Olanda sta cambiando e i successi internazionali di Ajax e Feyenoord richiedono alle squadre maggiori sforzi anche economici. Il DWS, così, nel 1972 si fonde con altre due piccole società e dà vita al F.C. Amsterdam, ma questo per Jongbloed significa solo un cambio di casacca ufficiale: a 33 anni la sua carriera sembra non potergli offrire sorprese. Poi accade che, verso la fine del 1973, il portiere titolare degli orange e del PSV Eindhoven, Jan van Beveren, accusi problemi all’inguine in un match contro l’Ajax e che, invece di uscire, rimanga in campo. Morale, a marzo van Beveren non ha ancora recuperato in pieno e non se la sente di giocare tutti i novanta minuti dell’amichevole contro l’Argentina, come chiesto da Rinus Michels. Il selezionatore, prestato alla nazionale olandese dal Barcellona, non esita a far fuori l’estremo del difensore del PSV dall’amichevole e quindi dalla lista mondiale, spalleggiato in questo dall’altro blaugrana Cruijff. La cosa veramente inattesa è che a Michels viene in testa di schierare proprio Jan Jongbloed, e non Schrijvers del Twente o Treijtel del Feyenoord in occasione dell’amichevole contro l’Argentina. Il santone del calcio totale rimane soddisfatto del portiere tabaccaio e decide di affidargli la maglia da titolare per l’intera fase finale della Coppa del Mondo. A proposito di maglie, tolto Re Johann che ha di diritto la numero 14, le altre vengono assegnate in ordine alfabetico e a Jongbloed tocca la numero otto, ideale per un portiere che non ama i guanti e non si tuffa volentieri.
A vederlo giocare nella kermesse mondiale non dà la sicurezza di un Sepp Maier e non lo si giudica in grado di fare miracoli alla Zoff, ma il suo modo “moderno” di interpretare il ruolo basta e avanza a Michels. L’Olanda guidata da Cruijff sbaraglia tutti, prima di arrendersi ai rocciosi tedeschi padroni di casa in finale. Jongbloed in tutta la manifestazione prende solo tre gol: un’autorete di Krol contro la Bulgaria, il rigore di Breitner che sigla l’1-1 in finale e il gol di Gert Müller che, però, vale un Mondiale.[1]
Il successo non dà alla testa a Jongbloed, anzi lo convincerà a dedicare più tempo al pallone e meno a tutto il resto a partire dal 1977, anno del passaggio al Roda Kerkrade e del suo primo contratto da professionista. L’obiettivo primario diventa quello di conservare la titolarità in nazionale, cosa non facile. Knobel, ad esempio, lo porta alla fase finale degli Europei del 1976, dove indossa il numero 18 e non l’otto, ma in porta ci va Schrijvers, L’Olanda, data per favorita, perde ai supplementari in semifinale contro la Cecoslovacchia e si deve accontentare del terzo posto.
Al Mondiale argentino, invece, c’è Ernst Happel come allenatore. Cruijff è rimasto a casa per misteriosi motivi e la vecchia Olanda di Neeskens, Resenbrink e Krol sembra al canto del cigno. Jan parte titolare, ma dopo gli incontri della prima fase gli viene preferito Schrijvers. Nessuna colpa particolare nei quattro gol subiti, è che tutta la squadra non gira come dovrebbe e Happel opta per qualche cambio. Poi al 18′ della partita con l’Italia, che vale come una semifinale, Brandts anticipa Bettega, si fa autogol e rovina su Schrijvers che è costretto a uscire. Jongbloed ritrova il campo e salva subito su Rossi in offside, una parata che fa comunque morale. Nella ripresa, grazie ai tiri da fuori di Brandts e Haan, gli orange vincono in rimonta e ottengono il pass per la seconda finale mondiale consecutiva. Il portiere col numero otto è ancora lì, a difendere la parta olandese quattro anni dopo e anche il risultato sarà lo stesso. Chissà se con più o meno rimpianti. Perché il palo colto da Resenbrink al 90′ sul risultato di 1-1 è ancora lì a tremare, ma siamo convinti che l’arbitro Gonella si sarebbe inventato un modo per far tornare in partita gli argentini. Troppo grande era l’ingerenza della dittatura di Videla nell’organizzazione e nelle dinamiche di quel Mondiale.
Per Jongbloed, a 37 anni, è tempo di dare l’addio alla nazionale, ma non di abbandonare l’attività agonistica. Anzi, difendendo la porta del Roda Kerkrade e del Go Ahead Eagles arriva a collezionare più di 700 partite in Eredivisie e si ferma solo perché un infarto quasi se lo porta via nel settembre del 1985.
federico
fonti: Calcio 2000. n° 36; wikipedia;
per approfondimenti sulla carriera di Jongbloed e sulle dinamiche del calcio olandese anni 70, segnaliamo un articolo in spagnolo: El portero numero otto dal sito theflagrants.com
Puntata precedente: Raymond Kopa; Puntata successiva: Gordon Banks
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[1] Si può discutere a lungo su dove sarebbe arrivata l’Olanda con van Beveren e non con Jongbloed in porta. Il fatto è che la grande rivalità soprattutto tra Ajax e PSV ha spesso inficiato sul nascere le grandi potenzialità olandesi (basti pensare al brutto Italia ’90 degli olandesi campioni d’Europa). Quindi, puntare su un blocco unico e integrare solo persone ben accette è stato spesso necessario. Quello che maggiormente dispiace è che la carriera e la vita di van Beveren saranno irrimediabilmente minate da quel ‘rifiuto’ del 1974. Van Beveren è mortoA nel 2011 negli USA, dove si era calcisticamente trasferito a partire dal 1980.