Una Coppa sospesa tra due continenti. 3° puntata: La Coppa Intercontinentale Europeo-Sudamericana. 1970-1988

Chi pareggiando va avanti, prima o poi si ferma. Il PSV Eindhoven si è portato a casa la Coppa dei Campioni 1987/88 impattando le ultime cinque partite. 1-1 a Bordeaux, 0-0 in casa nei quarti e poi, in semifinale, 1-1 al Bernabéu e 0-0 contro il Real Madrid tra le mura amiche. Nell’atto conclusivo 120 terribili minuti contro il Benfica e decisione al sesto rigore: errore di Antonio Veloso e coppa alla squadra nata come dopolavoro per i dipendenti della Philips.

Un conto aperto con la sorte che si chiude al momento della Coppa Intercontinentale.
La partita secca contro il Nacional Montevideo è, però, emozionante. Uruguayani in vantaggio subito grazie a un’uscita a vuoto di Van Breukelen su corner e al successivo colpo di testa di Ostolaza. Alla mezzora della ripresa arriva il pareggio fotocopia: l’ex milanista Gerets effettua una rimessa in gioco, che è a tutti gli effetti un corner, il portiere Seré esce a vuoto e Faria de Souza Romário, l’uomo da mille gol, mette dentro di testa. Si va ai supplementari, Castro si divora una grande occasione per il Nacional, poi al 110′ l’arbitro Palacios fischia per gli olandesi un rigore più che dubbio. Ronald Koeman non sbaglia, ma gli uruguayani sono furiosi perché nel primo tempo un rigore “grande come uno stadio” (così lo definisce il telecronista) non era stato loro concesso. Al 119′ ci pensa Ostolaza, di nuovo di testa su corner, a pareggiare: stavolta sono gli olandesi a protestare perché il corner non doveva essere concesso e perché la palla è stata respinta da un difensore forse prima che varchi interamente la linea di porta. Si va ai rigori e ne servono ben dieci per parte prima di sancire la vittoria del Nacional: il tiro di Van Aerle è respinto, quello dell’altro difensore Gómez no.

È l’11 dicembre 1988, sono passati diciotto anni da quando il Feyenoord, prima squadra olandese a vincere la Coppa dei Campioni, ha battuto 1-0 l’Estudiantes nella partita di ritorno, a Rotterdam, e si è aggiudicata la Coppa intercontinentale. Ma in questo intervallo di tempo la sfida europeo-sudamericana ha subito un grande mutamento che va ben oltre il raddoppio delle coppe in palio. Senza i giapponesi e senza i soldi Toyota, infatti, difficilmente i club  campioni di Europa e della Libertadores avrebbero trovato… le motivazioni sufficienti ad affrontarsi.
Tra il 1971 e il 1979 in sole due occasioni la squadra campione d’Europa gioca la Coppa (e la vince, Ajax 1972 e Bayern Monaco 1976), in altre due occasioni la sfida non viene proprio disputata e per ben cinque volte è il club vicecampione d’Europa a cimentarsi contro la squadra campione del Sud America. Capita così che nel 1973 la Juventus, battuta in finale a Belgrado dall’Ajax, perda anche la Coppa Intercontinentale in una partita secca giocata a Roma contro l’Independiente (0-1 gol di Bochini). Non va meglio al Panathinaikos nel 1971, al Borussia Mönchengladbach nel 1977 e al Malmö nel 1979, sconfitte rispettivamente da Nacional Montevideo, Boca Juniors e Olimpia Asunción. L’unica a riuscire nell’impresa di laurearsi idealmente campione del mondo, pur non essendo campione d’Europa, è l’Atlético Madrid. L’edizione è quella del 1974, ma le due partite contro l’Independiente si disputano in extremis tra marzo e maggio del 1975.

X con la Coppa Intercontinentale e Victorino con la Toyota Cup

Il Nacional Montevideo vince la Coppa Intercontinentale e Victorino la prima Toyota Cup

Poi il 28 novembre 1980, in una stanza dell’Hotel Excelsior di Roma, c’è un’anteprima di quello che sarà il calcio del duemila. Alla presenza di dirigenti della UEFA, della CONMEBOL, del Nacional Montevideo campione della Libertadores e del Nottingham Forest campione d’Europa, viene apposta una storica firma, che sposta a Tokyo in gara unica la disputa della sfida che assegna idealmente il titolo di campione del mondo per club. Gli yen salvano la Coppa Intercontinentale e le affiancano la Toyota Cup, raddoppiando le coppe in palio. Viene anche aggiunta una vettura della casa delle tre ellissi come premio per il migliore in campo.[1]
L’11 febbraio 1981 grazie a un bel gol di Victorino il Nacional vince la prima coppa della nuova generazione tra le trombette assordanti del pubblico che diverranno sottofondo audio abituale. Da allora l’appuntamento non viene più saltato, persino dalle squadre inglesi. E tra Victorino, che sarà poi comparsa a Cagliari (1982/83, 10 partite 0 gol e retrocessione in B), e la già raccontata finale tra PSV Eindhoven e Nacional Montevideo, c’è un vero dominio del Sud America.
Il Flamengo di Zico travolge 3-0 il Liverpool nell’edizione 1981; il Peñarol ottiene la terza vittoria nella competizione regolando 2-0 l’Aston Villa l’anno dopo; il Gremio nel 1983 batte 2-1 ai supplementari l’Amburgo di Happel grazie a una doppietta del futuro romanista Renato Portaluppi; l’Independiente porta a sette le vittorie consecutive ottenute dalla vincitrice della Libertadores sconfiggendo 1-0 il Liverpool; infine, nel 1986, il River Plate batte 1-0 la Steaua Bucarest in una finale brutta e arbitrata a senso unico.

In questo periodo sono solo due le squadre europee che riescono a fare il colpo grosso. La seconda è il Porto, che ha ragione del Peñarol nel 1987 per 2-1 ai supplementari grazie a un pallonetto di Rabah Madjer, un lampo di classe del tacco di Allah in una partita giocata sotto una tormenta di neve. La prima europea in assoluto a vincere la coppa al tempo della Toyota è, invece, la Juventus di Platini in una partita contro l’Argentinos Junior che riserva emozioni, grandi gol e ovviamente controverse decisioni arbitrali.

federico

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[1] La cosa curiosa è che i dirigenti delle due Confederazioni e dei due club sono a Roma per un incontro voluto dalla FIFA, che sin dal 1960 osteggia la Coppa Intercontinentale e non le ha concesso il beneplacito dell’ufficialità. Molti dei problemi incontrati negli anni Settanta sono frutto anche di quest’ostilità