Storia della coppa più bella: 2° puntata

15 maggio 1963. A Rotterdam i detentori dell’Atletico Madrid affrontano gli inglesi del Tottenham Hotspur per la finale della Coppa delle Coppe. La manifestazione, alla seconda edizione sotto egida UEFA, ha visto ai nastri di partenza ben 25 squadre, tra cui il Napoli, all’esordio nelle cosiddette coppe europee.[1]
Spurs e colchoneros, esentati dal turno preliminare, hanno incontrato difficoltà solo in uno dei tre turni. Per gli spagnoli l’impresa è arrivata in semifinale. Sconfitto 2-1 in trasferta a Norimberga all’andata, l’Atletico Madrid -che per avere più tifosi allo stadio ha chiesto in prestito il Bernabeu al Real- ha rimesso a posto il tutto vincendo 2-0 il match di ritorno. In gol Chuzo e Mendonça, quest’ultimo autore di una rete anche contro la Fiorentina nella finale dell’edizione precedente.
Gli inglesi, invece, hanno trovato l’avversario più ostico all’altezza dei quarti di finale: lo Slovan Bratislava, che annoverava tra le sue file anche due degli undici scesi in campo nella finale mondiale contro il Brasile pochi mesi prima, il portiere Schrojf e il terzino Popluhár. Il 2-0 subito in trasferta, su un campo infame, è stato però abbondantemente ribaltato a White Hart Lane con un 6-0 firmato McKay, Smith, Jones, White e Jimmy Greaves, autore di una doppietta. E giusto per fermare chi pensa sia solo una questione di terreno di gioco, aggiungiamo che anche quello degli spurs nelle immagini d’epoca sembra alquanto malmesso.

Qui, però, è necessaria una parentesi, perché non si può citare il nome di uno dei più prolifici cannonieri della storia del campionato inglese senza ricordare il suo breve, ma intenso passaggio al Milan.[2] Dieci partite in A a inizio stagione 1961/62 e nove reti -cinque su azione, quattro dal dischetto-, poi la rottura definitiva con Nereo Rocco: con lui non regge la storia del calciatore britannico che non si adatta al gioco italiano e che servirà, ad esempio, per spiegare il fallimento di Ian Rush una trentina di anni dopo. Non a caso, Jimmy non è il solito attaccante inglese forte fisicamente e imbattibile di testa; è più uno che in area di rigore sa sempre qual è il posto migliore per ricevere la palla e scoccare tiri difficilmente parabili.
Il fatto è che Greaves è uno tanto forte, quanto convinto di aver più bisogno di night club e libertà che di allenamenti e ritiri. Nei pochi mesi passati a Milano le sue “balle” diventano proverbiali: c’è sempre un parente arrivato dall’Inghilterra, un guasto all’auto o una mancanza di posto sull’aereo pronta a spiegare i suoi ritardi e le sue assenze. Quando torna a giocare in patria, alla prima intervista sentenzia: «Sono stato prigioniero al Milan».[3]

Comunque, a un anno e mezzo di distanza, i protagonisti di quella storia sono tutti contenti.[4] Greaves, poi, ha ben ragione d’esserlo, visto che a Rotterdam, nella finale contro l’Atletico Madrid, è davvero l’uomo in più: nel primo quarto d’ora impegna due volte il portiere avversario Madinabeytia, coglie un palo di testa su corner e poi traduce in rete con un bel destro in corsa un campanile proveniente dalla sinistra. I londinesi continuano ad attaccare e trovano il raddoppio prima della fine del tempo con John White, con il classico rigore in movimento: palla ricevuta all’altezza del dischetto e scaraventata con potenza sotto la traversa. Purtroppo per il centrocampista allora ventiseienne vita e carriera si concluderanno di lì a un anno: rimarrà folgorato da un fulmine su un campo da golf nel corso di un improvviso temporale estivo.
A inizio ripresa l’Atletico Madrid ce la mette tutta per rientrare in corsa e dopo il rigore di Collar, che al 47′ dà il 2-1, sfiora in almeno tre occasioni il pareggio. Poi su un attacco di alleggerimento, un cross sbagliato di Dyson dalla sinistra sorprende Madinabeytia e finisce in rete. Il match è ormai segnato. Un altro pregevole tocco di Greaves nell’aria piccola e un gran tiro di Dyson, questa volta voluto, fissano il risultato finale sul 5-1.
Per le squadre inglesi è la prima vittoria in una coppa europea. Nei ventidue anni che separano la bella serata di Rotterdam dalla tragica notte dell’Heysel molte altre ne seguiranno, a rimarcare una prevalenza degli inventori del football almeno nel calcio europeo riservato alle squadre di club.

federico

Fonti:
Calcio2000, Il grande romanzo dello scudetto, giugno 2003

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[1] Gli azzurri, dopo aver superato i nord irlandesi del Bangor City nel turno preliminare e gli ungheresi dello Ujpesti Dozsa negli ottavi, perdono nei quarti contro l’OFK Belgrado. Curiosità, sia la sfida degli ottavi che quella dei quarti hanno avuto bisogno di uno spareggio
[2] Le statistiche relative al campionato dicono 124 gol in 151 match in maglia Chelsea tra il 1957 e il 1961; 220 gol in 321 partite con il Tottenham tra 1961 e 1970. Sono invece 44 in 57 apparizioni le reti con la Nazionale
[3] Calcio2000 del giugno 2003 riporta, a riguardo, un bellissimo estratto da un articolo di Giorgio Bocca apparso su Il Giorno il 30/9/1961
[4] Una plusvalenza di ventimile sterline circa fece ben presto dimenticare al Milan l’affare Greaves (pagato 80’000 al Chelsea, venduto a 99’999 al Tottenham). Inoltre, i rossoneri proprio nel maggio 1963 conquisteranno la loro prima Coppa dei Campioni