Quando si parla di record, separare o, meglio, dare alla vecchia Coppa dei Campioni e alla Champions League un diverso peso non è sbagliato, specie se si usa come cesura la stagione 1997/98, quella in cui le seconde dei principali campionati europei cominciarono a partecipare a una competizione riservata fino a quel momento solo ai club campioni nazionali in carica o, al più, ai detentori della coppa stessa.

Nel maggio 2018, ad esempio, la finale di Kiev tra Real Madrid e Liverpool ha consacrato Zinedine Zidane quale primo allenatore in grado di vincere tre Champions League consecutive, tra l’altro, in soli due anni e mezzo di panchina: un primato solo eguagliabile, ma agevolato dal fatto che le merengues avevano acquisito il diritto a partecipare all’edizione del 2015/16, poi vinta a Milano sconfiggendo l’Atletico Madrid ai rigori, grazie al secondo posto in Liga l’anno precedente. Del resto, il Real Madrid partecipa ininterrottamente alla Champions League dal 1997 pur avendo vinto, nell’arco di tale periodo, solo sette volte il campionato spagnolo e anche nel 1999/2000 e nel 2013/14 si è laureto campione d’Europa per club pur non essendo, in quella stagione, campione di Spagna in carica. In particolare, a Lisbona il 24 maggio 2014 sulla panca dei blancos c’era Carlo Ancelotti, tre successi da allenatore nella coppa dalle grandi orecchie, ma mai vittorioso quando si è trovato alla guida di una squadra detentrice del trofeo o reduce da un successo nel campionato nazionale.
E se nel 2012/13 il Real Madrid, con Mourinho in panchina, era comunque arrivato secondo, il Milan guidato proprio da Carletto nelle due stagioni antecedenti le vittorie in Champions League del 2002/03 e del 2006/07 aveva trovato qualificazioni molto più sofferte, rispettivamente, in campo e… in procura: quarto nella Serie A 2001/02, dopo aver messo da parte solo un punto più del Chievo e ben 16 in meno della Juventus, che, tra l’altro, avrebbe sconfitto in finale a Manchester al termine di un lungo percorso iniziato in agosto con una sfida contro lo Slovan Liberec decisa solo dal maggior numero di gol in trasferta; terzo nella classifica finale della A 2005/06 e, quindi, ammesso anche in questo caso al terzo turno preliminare, ma solo a seguito della riduzione in appello della penalizzazione comminatagli all’interno dell’inchiesta per lo scandlo Calciopoli (da 44 a 30 punti; il Milan si era piazzato inizialmente secondo a 3 punti dalla Juventus poi retrocessa d’ufficio in B).

Date queste premesse, un tecnico in grado di vincere almeno tre volte la Coppa dei Campioni con il vecchio format andrebbe forse messo un gradino sopra gli Ancelotti e i Zidane, ma, visto che la statistica non è responsabile delle interpretazioni dei dati che essa fornisce, ci limiteremo solo a vedere se tale evento si è mai verificato. Partiamo con una parziale delusione: il Real Madrid delle cinque coppe consecutive tra il 1956 e il 1960 e della sexta vinta nel 1966 vide succedersi José Villalonga, Luis Carniglia e Miguel Muñoz al timone, per un totale di due successi ciascuno. Anche il Bayern Monaco, re d’Europa per tre volte dal 1974 al 1976, passò da Udo Lattek a Dettmar Cramer, e persino il dominio dell’Ajax del calcio totale fu il risultato dell’opera di due “santoni”, Rinus Michels e Ştefan Kovács.
Detto che, invece, a Bela Guttmann il Benfica non concesse la possibilità di rivincere la coppa per il terzo anno di seguito, da cui la celeberrima maledizione dei 100 anni senza successi europei che ancora grava sui lusitani; detto che gente come Arrigo Sacchi o Brian Clough si è fermata a due; l’unico in grado di vincere tre volte il davvero poco noto Bob Paisley, un manager all’inglese che non ha rivoluzionato tatticamente il gioco del calcio, ma che, beneficiando del lavoro svolto a Liverpool da Bill Shankly (tra l’altro, più famoso e più carismatico di lui), ha preferito concentrarsi sulla squadra e rinforzare quelle componenti emotive e caratteriali che sono fondamentali nei momenti che contano.

federico