Una Coppa sospesa tra due continenti. 10° puntata: Le coppe tra Asia e Africa
Prima che la Toyota desse il via libera al munifico progetto della FIFA Club World Cup, si disputava un’altra coppa intercontinentale, il cui nome non poteva ambire a iniziali scritte con la maiuscola come quella alzata da Real Madrid, Peñarol o Milan. A meno che non se ne specificasse anche l’ambito geografico tramite un aggettivo. Era la Coppa Intercontinentale Afro-Asiatica.
La manifestazione, che metteva di fronte le vincenti della Coppa dei Campioni d’Asia e della Coppa dei Campioni d’Africa (dal 1997 divenuta CAF Champions League), ha avuto, a dire il vero, una vita piuttosto breve. Nel 2000, quattordici anni dopo la sua istituzione, alla vigilia dell’incontro, valido per l’edizione 1999[1], tra gli ivoriani dell’ASEC Mimosas di Abidjan e i giapponesi del Jubilo Iwata, la sua fine è segnata dalla rottura dei rapporti tra la AFC, la Confederazione asiatica, e la CAF, la Confederazione africana. Di mezzo la politica sportiva: i rappresentanti asiatici erano, infatti, rei di aver dirottato sulla Germania (e non sul Sud Africa) i loro voti al momento di stabilire la sede dei Mondiali 2006.
Nelle undici competizioni portate a termine (sono, infatti, saltate le edizioni 1990 e 1991) le squadre provenienti dall’Asia hanno vinto solo in tre casi. Due le vittorie sud coreane, Daewoo Royals nell’edizione 1986 e Cheonan Ilhwa Chunma in quella di dieci anni dopo, e una thailandese, nel settembre 1994, grazie alla Thai Farmers Bank Football Club.
La compagine, il cui nome richiama direttamente la società proprietaria (la Kasikornbank) e non una semplice sponsorizzazione, merita qualche riga in più, se non altro perché nella sua parabola sportiva sono ritratti prima il boom e poi la crisi dell’intera economia thailandese. Il periodo buono va dall’anno di fondazione, il 1987, al 1997. Il livello del calcio asiatico per club è così basso che bastano un po’ di investimenti, una squadra amalgamata e nessuna grande stella straniera con adipe per arrivare ai vertici. L’apporto degli sconosciuti Vimon Niamvoranut, Sing Totavee, Natipong Sritong-In, Phanuwat Yinphan e Sasom Pobprasert basta per vincere due Coppe Campioni d’Asia (1994 e 1995) e primeggiare nel settembre 1994 sullo Zamalek (2-1 sconfitta in Egitto, vittoria 1-0 a Bangkok). La crisi è repentina quanto l’ascesa: quella economica colpisce la Thailandia nel 1998, quella sportiva determina lo smantellamento della squadra nel 2000.
Sono, invece, otto le vittorie delle squadre africane, anzi maghrebine: tre per l’Egitto, due per Tunisia e Marocco, una per l’Algeria.[2] Nell’albo d’oro compare ovviamente l‘Al-Ahly del Cairo, la squadra africana che ha vinto il maggior numero di trofei internazionali. La vittoria nell’Intercontinentale Afro-Asiatica del “Club Nazionale” -questa la traduzione di Al-Ahly- è datata 1988 (doppia vittoria sui giapponesi dello Yomiuri). Sono, però, gli eterni rivali dello Zamalek a contare più vittorie, due su tre partecipazioni.
Della sconfitta contro i thailandesi abbiamo già detto, le due vittorie risalgono, invece, alle edizioni 1987 e 1997, in cui lo Zamalek batte rispettivamente Furukawa e Pohan Steelers. La squadra delle acciaierie sud coreane perde anche l’anno successivo contro il Raja Casablanca, unica a riuscire in questa impresa non invidiabile. L’altra vittoria marocchina è del Wydad Casablanca (1993), le vittorie tunisine di Club Africain (1992) ed Espérance di Tunisi (1995). Infine, la vittoria algerina è dell’ES Sétif (1989).
Ma quando si parla di Maghreb e di coppe tra due continenti, non si possono dimenticare le manifestazioni della UAFA (Union of Arab Football Associations), confederazione che racchiude i paesi di lingua araba di Asia e Africa e che è riconosciuta dalla FIFA sin dal 1974.
Dal 1982 al 2001 è stata, infatti, assegnata la Coppa dei Campioni Araba, trasformatasi poi in Torneo del Principe Faysal bin Fahad (2002 e 2003) e Champions League Araba (dal 2003/04 al 2008/09), dopo l’assorbimento della Coppa delle Coppe Araba (assegnata dal 1989 al 2001). Tutte manifestazioni che constavano, quindi, di più turni eliminatori e non di una semplice finale.
Considerando le 26 edizioni disputate fino al 2009, c’è perfetta parità nel computo delle vittorie tra club nord africani e club mediorientali.[3] La federazione che conta più successi (otto) è quella dell’Arabia Saudita, mentre l’Al-Rasheed di Baghdad è l’unica compagine ad aver alzato tre volte il trofeo, tra l’altro consecutivamente dal 1985 al 1987. A proposito, non è omonimia, la squadra era proprietà di uno dei figli di Saddam, Uday, e si chiamava proprio come l’hotel che è stato spesso bombardato durante le varie tempeste del deserto. Si chiamava, perché nel 1991 ha subito una rifondazione e ha assunto il nome di Al-Karkh (un quartiere di Baghdad) su pressione dello stesso Saddam, secondo quanto raccontato nel libro di simon Freeman, Baghdad FC: Iraq’s Football Story.[4]
A quota due vittorie nella massima competizione per club siglata UAFA troviamo le arabe Al-Shabab, Al-Hilal e Al-Hettifaq e le due tunisine Espérance e CS Sfaxienne. Un successo, invece, per undici compagini, tra cui l’Al-Sadd, la più titolata squadra qatariota, vincitrice anche di una Coppa dei Campioni d’Asia nel 1989, una AFC Champions League nel 2011, nonché terza alla FIFA Club World Cup lo stesso anno. Chiaro, indice, di quanto il movimento calcistico legato al sultanato arabo meriti il Mondiale 2022.
Chiudiamo ricordando l’unica finale decisa al golden gol, quella vinta nel 1997 dal Club Africain di Tunisi contro il solito al-Ahly. Il 2-1 finale, segnato dall’attaccante Limam, regala gioia al commentatore e ci fa finire un po’ più in allegria.
federico
fonti http://www.marcadorint.com/futbol-asiatico/thai-farmers-bank-campeon-asia-tailandia-crisis-banco/
Puntata precedente: La Coppa Interamericana; Puntata successiva: La Copa Rio
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[1] L’anno di riferimento ufficiale coincide con l’anno della disputa degli incontri solo nelle edizioni dal 1994 al 1997. Negli altri casi l’anno di riferimento ufficiale è l’anno precedente a quello della disputa degli incontri
[2] Anche due sconfitte per le squadre maghrebine. In undici edizioni solo una volta (1996) a rappresentare il continente africano c’è stata una squadra proveniente da una diversa zona dell’Africa. In quella edizione gli Orlando Pirates pareggiano 0-0 a Johannesburg e poi perdono 5-0 a Seul contro il Cheonan Ilhwa Chunma
[3] Teniamo fuori dal computo la UAFA Club Cup 2012/13, unico tentativo (successivo al 2009) di riportare in auge la coppa
[4] L’ex nazionale iracheno Haydar racconta: “Gli iracheni giocavano a insultare l’Al-Rasheed. Non potendo dire a Uday quello che pensavano di lui, se la prendevano con la sua squadra. A Saddam la cosa non piaceva e disse a Uday di scioglierla” cfr. qui,, pag. 148
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