Viaggio in tre puntate nell’atmosfera del derby d’Italia. 1° puntata: primavera 1961
Di una partita che va in scena ogni anno da più un secolo potrebbe essere difficile parlare. La rivalità tra Inter e Juventus è, però, molto legata a singoli eventi che si riflettono continuamente nel modo in cui le due squadre e i loro tifosi si presentano: agli juventini piace spesso ostentare i favoritismi ricevuti, reali o presunti che siano, mentre agli interisti piace atteggiarsi a vittime. Non resta altro che seguire la scia di queste Juventus-Inter della discordia.
L’antipasto si ha il 13 dicembre 1959. La Juventus è avanti 1-0 dal 28′ del primo tempo grazie a un gol di John Charles. Al 41′ scoppia una discussione a metà campo e l’arbitro Concetto Lo Bello, accerchiato, si agita e stordisce involontariamente l’interista Invernizzi con un pugno. Il giocatore intontito salta gli ultimi minuti del primo tempo, rientra nella ripresa e poi al 90′ sviene platealmente. La Juventus vince 1-0, l’Inter chiede di ripetere la partita perché ritiene l’infortunio di Invernizzi causa dell’esuberanza oratoria e atletica dell’arbitro. Il risultato viene ovviamente omologato e qualcuno in casa nerazzurra mugugna. Ma questo è nulla rispetto a quanto accade la stagione successiva.
16 aprile 1961, le due squadre si affrontano nuovamente a Torino, la Juventus ha +3 sul Milan e +4 sull’Inter. Stadio pienissimo, la gente rimasta fuori forza i cancelli e una folla incredibile si riversa a bordo campo. Cosa usuale per quei tempi, ma stavolta i giocatori in campo si sentono accerchiati. Su pressione dei nerazzurri l’arbitro Gambarotta sospende la partita al 31′ . Il giudice sportivo dà lo 0-2 a tavolino, ma alla vigilia dell’ultima giornata, in programma il 4 giugno, la CAF [1] accoglie il ricorso juventino e impone la ripetizione della partita in data 10 giugno. La Juventus non è ritenuta dal giudice diretta responsabile dell’invasione perché non aveva venduto più biglietti del consentito. Il presidente della FIGC e della Juventus Umberto Agnelli è ritenuto da molti diretto responsabile del cambiamento di opinione dei giudici. L’Inter, che nel frattempo aveva raggiunto i bianconeri in vetta, si ritrova a -2 dagli storici avversari, ma ancora in corsa per lo scudetto. L’Italia sogna un quasi-spareggio catartico, ma non sarà accontentata.
I nerazzurri arrabbiati con la Juventus fanno visita al Catania per l’ultima giornata. Gli etnei hanno, però, il dente avvelenato con l’Inter per la partita d’andata. Più del 5-0 subito sul campo, hanno lasciato il segno le parole dall’allenatore dell’Inter Herrera che ha definito il Catania una squadra di postelegrafonici.
Così in campo al Cibali quel 4 giugno c’è solo il Catania: vittoria per 2-0 con gol di Castellazzi e Calvanese. Alla Juventus basta un 1-1 col Bari: +3 e scudetto. Il recupero Juventus-Inter non serve più. La partita comunque s’ha da fare e papà Angelo Moratti, schifato (vi ricorda qualcuno?), manda in campo l’Inter baby. Risultato 9-1 per la Juventus con sei gol di Omar Sivori. Per i nerazzurri segna un giovane promettente, tal Sandro Mazzola. La “sana” rivalità è ormai scoppiata e altre Juventus-Inter della discordia arriveranno in futuro.
In chiusura due riflessioni a margine. La prima è che non conviene mai insultare dopo l’ultima d’andata i propri avversari… potrebbero sempre rifarsi nell’ultima di ritorno.[2] La seconda è che il finale di stagione del 1961 ricorda quello del 1910, in cui furono però i nerazzurri i beneficiati.
Internazionale e Pro Vercelli chiudono, infatti, appaiate il girone finale. Serve uno spareggio. Le due contendenti non riescono a trovare una data che vada bene per tutti. Dopo lunga diatriba la Federazione fissa, allora, come data una di quelle caldeggiate dall’Inter, il 24 aprile. La Pro chiede che venga spostata perché in quel giorno alcuni suoi giocatori sono impegnati in tornei giovanili militari. I nerazzurri non accettano e così i vercellesi mandano in campo i ragazzini. L’Inter vince 10-3 e festeggia il suo primo scudetto. Chi la fa l’aspetti dice un vecchio adagio.
federico
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[1] La giustizia sportiva ha tre gradi di giudizio: in prima istanza decide il giudice sportivo, poi la CAF, Commissione di Appello Federale, e, in ultima istanza, la Commissione Disciplinare. Cfr. Una vittoria col botto per altri esempi di risultati cambiati (anche più volte) dai tre gradi di giudizio del tribunale sportivo
[2] Ne sanno qualcosa la Fidelis Andria e Masolini che nell’ultima giornata di Serie B 1995/96 invano chiese ai suoi futuri compagni del Genoa di lasciar pareggiare l’Andria per evitare la retrocessione in c1. Troppo fresco il ricordo del 4-0 patito all’andata dai rossoblù in terra pugliese