manifesto brasile 1950

È il 1950, il mondo è ancora sconvolto dalla Seconda Guerra Mondiale e la FIFA si trova a dover organizzare un mondiale. Il Brasile si presenta come unico candidato, in quanto sola nazione in grado di ospitare un evento simile che non è stata disastrata dal conflitto. Lì il calcio ha già fatto breccia nel cuore di milioni di persone, ma se la nazionale è riuscita a imporsi tre volte a livello continentale, ha sempre deluso agli appuntamenti col mondiale: eliminata al primo turno nel 1930 e nel 1934, sembra doversi riscattare nel 1938 ma impatta contro la propria alterigia e contro gli azzurri di Pozzo. L’allenatore Pimenta decide, infatti, di risparmiare per la semifinale in programma a Marsiglia il capocannoniere Leonidase il fantasista Tim. La federazione, dal canto suo, ha già comprato i biglietti sull’unico volo che consentirebbe di arrivare a Parigi in tempo per la finale. Morale, gli azzurri vincono 2-1, i brasiliani si rifiutano di dar i biglietti aerei agli italiani, che prendono il treno e vincono la Coppa Rimet.

Il Brasile

Il Brasile

Tutti i brasiliani sono convinti, però, che in casa la seleção si riscatterà. Le cose vanno, invece, diversamente e ancora una volta di mezzo c’è l’alterigia. Il Brasile ha superato agilmente il primo turno, in cui sono state eliminate l’Italia, campionessa in carica, e l’Inghilterra, strafavorita e alla prima partecipazione a un campionato del mondo. Sembra tutto scritto, ma nel secondo girone all’italiana[1] l’ultima e decisiva partita i padroni di casa devono giocarla contro l’Uruguay, unico in grado di contender loro la vittoria finale. L’Uruguay ha, infatti, 3 punti, il Brasile 4.

E’ il 16 luglio, al Maracanà ci sono quasi duecentomila persone. Gli striscioni recitano slogan come “omaggio ai campioni del mondo” o simili, a dimostrazione del fatto che i brasiliani pensano di avere già in tasca il titolo. L’inizio della partita sembra rispecchiare il pronostico, i padroni di casa attaccano ripetutamente e hanno in mano il pallino del gioco. Il primo tempo si chiude a reti inviolate, ma all’inizio della seconda frazione di gioco la seleção va subito in rete con Friaça. L’Uruguay, guidato dal capitano Varela, non si scompone, si riorganizza e riesce anche a ottenere il pareggio al 66’ con Schiaffino su assist di Ghiggia. Questo risultato premierebbe comunque il Brasile, ma il gol subìto influisce nel morale della squadra di casa, che addirittura subisce in contropiede l’1-2 al 79’. Il diagonale velenoso che batte Barbosa è di Ghiggia, l’assist di Schiaffino. In un Maracanà silenzioso ai limiti del surreale, i brasiliani tentano disperatamente di segnare un altro gol, ma invano. La celeste diventa così campione del mondo per la seconda volta, mentre il nome del ventitreenne Alcides Ghiggia entra di diritto nella storia del calcio.[2]

Al fischio finale si registrano sugli spalti dieci infarti e due suicidi, in Brasile vengono proclamati tre giorni di lutto nazionale,e in generale in tutto il paese si contano 34 suicidi e 56 arresti cardiaci. Anche il difensore brasiliano Danilo prova a togliersi la vita.
La federazione brasiliana decide, allora, di adottare l’attuale combinazione maglia gialla-pantaloncini e calzettoni blu in sostituzione della divisa divisa totalmente bianca con rifiniture blu usata fino a quel momento. La seleção non potrà cancellare quello che è appena accaduto, potrà solo provare a scacciare i fantasmi del Maracanazo, il nome coniato da un giornalista argentino con cui la tragedia sportiva brasiliana passerà alla storia.

daniele

———————————————————————————————
[1] La formula di questo mondiale rappresenta un caso unico nella storia. Al primo turno: due gironi da quattro squadre, uno da tre e uno da due. Le prime classificate di questi gironi ne vanno a formare un altro, e il titolo veniva assegnato a chi conseguiva più punti, senza disputare la finalissima
[2] La storia parla di Alcides Ghiggia come di una veloce ala, tecnicamente molto dotata e un po’ testa calda come ogni sudamericano che si rispetti. La statistica ricorda che ha vinto due campionati uruguayani col Peñarol, un Campionato del Mondo nel 1950 con la maglia dell’Uruguay, una Coppa delle Fiere nel 1961 con la Roma e uno scudetto col Milan l’anno dopo e che da oriundo ha vestito la maglia azzurra. La sorte lo ha, invece, premiato, riservandogli il posto di ultimo testimone tra i 22 che quel giorno hanno calcato il terreno di gioco del Maracanà